Israele ripiomba nell'incubo del sequestro. Ecco cosa c'è dietro
Il Mossad aveva previsto il rapimento dei tre studenti. Hamas vuole fermare la legge sulla liberazione di detenuti.
Roma. Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, Benny Gantz, annuncia un’operazione estesa per trovare la cellula e i mandanti del rapimento di tre ragazzi scomparsi da giovedì sera, Gilad Shaer, Naftali Frenkel ed Eyal Yifrach. Nella più imponente operazione militare israeliana condotta nei Territori da molti anni, Tsahal ha arrestato ottanta operativi e dirigenti di Hamas, accusata dal premier Benjamin Netanyahu di aver orchestrato il rapimento. Da quando sono scomparsi i tre studenti, Hamas aveva ordinato il silenzio radio. Il movimento islamico, da pochi giorni parte del governo di unità palestinese di Abu Mazen, respinge le accuse, ma intanto da Gaza lancia due missili sul sud d’Israele, dove è stato dislocato il sistema antimissili Iron Dome. A rivendicare il rapimento ci sono però anche lo Stato islamico di Iraq e Siria e le Brigate dei martiri di al Aqsa, i paramilitari del gruppo governativo al Fatah, ma intelligence e analisti israeliani concordano sulle responsabilità del movimento che governa Gaza dal 2007.
Israele ha arrestato Aziz Duwaik, speaker del Parlamento palestinese, e il capo di Hamas in Cisgiordania, lo sceicco Hassan Yousef, che è stato fra i fondatori del movimento islamista. In pratica tutta la dirigenza di Hamas nei Territori è adesso in [**Video_box_2**]carcere. Gerusalemme sta usando le detenzioni amministrative per intimidire Hamas e costringerla a rilasciare i tre studenti. Non deve ripetersi il caso Gilad Shalit, quando Hamas ottenne mille terroristi per la sua liberazione.
Intanto i riservisti dell’esercito israeliano, i “miluim”, sono stati richiamati in servizio e la città di Hebron, la più grande dei Territori, è già circondata dall’esercito israeliano e sotto il coprifuoco. Gerusalemme sta collaborando con il generale egiziano Abdel Fattah al Sisi, per impedire che i tre ragazzi israeliani vengano fatti entrare in territorio di Gaza o peggio nel Sinai, e lì usati come merce di scambio per il rilascio di altri terroristi palestinesi. Israele sta valutando la deportazione di dirigenti islamisti a Gaza e il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, annuncia la possibile ripresa dei “targeted killings” contro i capi del terrore. Yaalon ha anche rivelato che i servizi segreti israeliani hanno sventato “una dozzina” di tentativi di rapimento soltanto nel 2014. Altri membri del governo israeliano chiedono di arrestare di nuovo i terroristi liberati.
Dieci giorni fa, in una riunione di gabinetto sulla sicurezza, il capo del Mossad Tamir Pardo aveva previsto il tentativo di sequestro dei tre studenti israeliani. “Cosa fareste se in una settimana tre ragazze di quattordici anni fossero rapite da uno degli insediamenti?”, ha chiesto Pardo ai ministri presenti. “Volete dire che c’è una legge, e noi non rilasciamo i terroristi?”. Al centro dello scontro la legge, osteggiata dal Mossad e voluta dalla destra di Naftali Bennett, che renderebbe impraticabile la futura liberazione dei terroristi.
“Devono morire in carcere, non a casa”
Il governo israeliano si è appena pronunciato a favore di un emendamento che legherà le mani del presidente israeliano nella sua funzione di impartire la grazia a detenuti condannati per atti di terrorismo. Secondo la bozza, che verrà presentata alla Knesset per il voto finale all’inizio dell’estate, i giudici potranno condannare i detenuti a ergastoli esclusi da ogni possibile amnistia presidenziale, privando così il governo di uno strumento che in passato è servito per gli scambi di prigionieri e per gli accordi con la controparte palestinese. “E’ giunto il momento di cambiare l’orientamento generale”, ha detto Netanyahu al governo, che aveva infatti bloccato la quarta ondata di scarcerazioni nell’ambito dei colloqui con Ramallah. Secondo statistiche israeliane, dal 1982 Israele ha rimesso in libertà 17 mila terroristi in cambio di diciassette soldati israeliani. Lo scambio è stato strategico in numerosi colloqui con i palestinesi. Ma l’opinione pubblica è diventata sempre più ostile.
Secondo i due autori dell’emendamento – Ayelet Shaked (Focolare ebraico) e Yariv Levin (Likud) – non potranno beneficiare della grazia presidenziale “quanti si siano macchiati dell’uccisione di bambini o di famiglie”. Analisti israeliani ipotizzano che il rapimento dei tre studenti potrebbe essere una risposta alla legge anti terrorismo. Gli islamisti di Hamas, infatti, puntano su questi scambi dal 1985, quando Israele liberò 1.150 uomini per tre soldati, fra cui i responsabili del massacro di ventisette cittadini all’aeroporto Ben Gurion. Ottocento di quei terroristi tornano nei Territori formando la dirigenza della prima Intifada. “Lo stato di Israele – ha dichiarato Naftali Bennett, ministro dell’Economia – ha aperto una nuova pagina nella sua guerra al terrorismo e nel suo obbligo morale alle famiglie delle vittime. Gli assassini dovrebbero morire in prigione, non essere celebrati a casa”.
I tre studenti rapiti studiano alla scuola del famoso talmudista Adin Steinsaltz nella yeshiva di Kfar Etzion, il più strategico insediamento del Gush Etzion verso Gerusalemme, a trenta chilometri dalla capitale per una strada dove è meglio viaggiare con l’auto blindata e vi sono stati centinaia di agguati mortali. Decine di migliaia di ebrei si sono radunati intanto da giorni al Muro del pianto a Gerusalemme per pregare per la liberazione dei tre studenti. Sullo stile delle ragazze nigeriane rapite da Boko Haram è stata lanciata anche la campagna mediatica “Bring Back Our Boys”. E mentre la moglie del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Amina Abbas, veniva curata nell’ospedale israeliano Assuta di Tel Aviv, la pagina Facebook di Fatah inneggiava al rapimento dei tre studenti israeliani. Tre topolini con la stella di David pescati da un palestinese. Studenti all’Università palestinese Birzeit distribuivano invece dolci ai passanti.
Ogni ora che passa rende sempre più difficile ritrovare i tre studenti, o per dirla con il ministro della Difesa Yaalon, “che siano ancora in vita”. Le prime ore furono fatali per far scomparire Shalit in un buco sotto terra a Gaza.
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