Il premier indiano Narendra Modi (al centro), con il re del Bhutan, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck e la regina Jetsun Pema (Foto Ap)

Modi nel Regno del Drago

Giulia Pompili

La cosa che verrà ricordata di più del primo viaggio di stato da primo ministro di Narendra Modi sono gli applausi. Perché qui, ai piedi dell’Himalaya, non si battono le mani come gesto di apprezzamento.

 

La cosa che verrà ricordata di più del primo viaggio di stato da primo ministro di Narendra Modi sono gli applausi. E non perché ci fossero dubbi sul discorso pronunciato dal nuovo premier di Nuova Delhi al Parlamento del Bhutan, ma perché qui, nel piccolo Regno del drago ai piedi dell’Himalaya, non si battono le mani come gesto di apprezzamento. L’applauso in Bhutan è una pratica molto seria, che serve ad allontanare gli spiriti maligni. Secondo quanto riportato dalla stampa, domenica era stato diffuso un avviso tra i giornalisti che avrebbero assistito all’evento a Thimphu: “Si noterà che non ci sarà nessun applauso in Aula durante il discorso del premier alla sessione congiunta del Parlamento bhutanese. Questo per via della credenza religiosa del Bhutan secondo la quale battere le mani si fa solo per allontanare gli spiriti maligni”. E invece ieri, appena Modi ha terminato il suo discorso a braccio in hindi, da un angolo dell’Aula è iniziato un timido applauso, che poi ha contagiato gran parte dell’assemblea. I parlamentari bhutanesi hanno sorriso imbarazzati. Ma come bisogna interpretare l’applauso? Come una manifestazione d’apprezzamento per le parole di Modi o come il desiderio di scacciare gli spiriti negativi portati all’Assemblea dal neoeletto primo ministro indiano? Non è dato saperlo. Fatto sta che per dare il via alla sua attività diplomatica riformatrice Modi, che è arrivato al potere il mese scorso con la promessa di fare del suo paese una potenza economica e militare, ha scelto il Bhutan invece di Pechino, come alcuni osservatori si aspettavano. E non è una scelta casuale, anzi. Come scriveva ieri Reuters, il primo viaggio di stato nella capitale Thimphu è l’ultima di una serie di scelte “non convenzionali” del neopremier indiano, che twitta molto con il premier giapponese Shinzo Abe e ha scambiato lettere amichevoli con il primo ministro pachistano Nawaz Sharif. 

 

[**Video_box_2**]Il Bhutan, piccolo e isolato regno asiatico, protetto dalla catena montuosa himalayana e che indica il suo sviluppo economico con l’indicatore di Felicità interna lorda, è sempre stato un protettorato indiano. A nord il confine con la regione autonoma tibetana raffredda ogni rapporto con la Cina, che invece vorrebbe essere più influente. Per Modi è stato facile essere accolto con il massimo degli onori, promuovendo il nuovo ruolo che immagina per la sua India, quello di ago della bilancia dei nuovi equilibri in Asia meridionale. Nel suo discorso al Parlamento  di Thimphu Modi ha detto che “il rapporto tra India e Bhutan è storico. Il nuovo governo si impegnerà per renderlo ancora più forte”, e poi che “i cuori degli indiani sono sempre aperti alle relazioni amichevoli con i vicini. Un cambiamento di governo non cambierà questo atteggiamento. […] La forza di una democrazia è molto importante per questa regione e la sua gente. Quanto più forte è l'India sarà, meglio è per il Bhutan e gli altri paesi della Saarc (l’associazione sud-asiatica per la cooperazione regionale). Un’India forte e stabile è necessaria per aiutare i nostri vicini con i loro problemi”. Per esempio con l’elettricità. Il Bhutan – con una popolazione di quasi 750 mila persone – negli ultimi vent’anni ha iniziato un particolare e delicato cammino verso la modernizzazione (all’inizio degli anni Duemila sono arrivati internet e cellulari, nel 2008 è la transizione da monarchia assoluta a democrazia parlamentare). Ieri Modi ha inaugurato il cantiere di una centrale da 600 megawatt di potenza idroelettrica che l’India contribuirà a costruire in Bhutan. Il progetto di cooperazione energetica tra i due paesi consiste in tre centrali che saranno pronte entro il 2018.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.