Il nuovo conformismo è gay, dice la storica Marie-Jo Bonnet, lesbica
La legge francese “non è che un riconoscimento illusorio dell’omosessualità” perché la politica dell’“indifferenza sessuale” è negazione della differenza da parte di chi giura di volerla valorizzare.
Roma. La presidente delle Famiglie Arcobaleno, Giuseppina La Delfa, lo ha spiegato sull’Unità di ieri: la legge sulle unioni civili per coppie dello stesso sesso, promessa dal premier Renzi, è considerata dalla comunità Lgbt solo il primo passo verso un rapido approdo al matrimonio gay. Ha ragione. E’ fatale, è stato ovunque così, e anche nella Germania presa a modello, di questo si sta discutendo. Intanto, si dà per scontata la “stepchild adoption”, cioè la possibilità, in una coppia omosessuale, di adottare il figlio del partner. L’arrivo dell’eterologa, propiziato dal “diritto al figlio” recentemente inventato dalla Consulta, contribuisce a definire il quadro. E probabilmente ha ragione il senatore del Pd Sergio Lo Giudice, che ha avuto un figlio con utero in affitto in America, a dirsi convinto che il suo compagno, una volta formalizzata l’unione civile, potrà adottare il bambino.
E dire che proprio in questi giorni la Francia fa i conti con un fallimento sostanziale della politica del “nuovi diritti”, che ha prodotto pochissimi matrimoni omosessuali ma moltissimi contenziosi attorno alla nuova genitorialità separata dalla filiazione naturale. L’idea di Hollande di verniciare di progressismo una politica altrimenti grigia e indecisa a tutto, non sta dando i frutti sperati. Al contrario, sta pesando sul già scarso consenso di cui gode l’esecutivo.
[**Video_box_2**]A questo proposito, va segnalata una lunga intervista alla storica Marie-Josèphe (Marie-Jo) Bonnet, pubblicata sull’ultimo numero del mensile guastafeste Causeur, diretto da Elisabeth Lévy. Nata nel 1949, femminista e fondatrice del Fronte omosessuale di azione rivoluzionaria, la Bonnet ha appena pubblicato “Adieu les rebelles!” (Flammarion), nel quale accusa la legge sul “mariage pour tous” di introdurre nuove separazioni, tra gli sposati da una parte e i celibi e i “pacsati” dall’altra, e di istituzionalizzare il nuovo conformismo gay, che nega la controcultura creativa delle origini e si dimostra incapace di prendere atto della realtà: “Il legislatore ha decretato l’uguaglianza tra le coppie – afferma la Bonnet – e non tra le persone”. La legge Taubira “non è che un riconoscimento illusorio dell’omosessualità”, aggiunge, perché la politica dell’“indifferenza sessuale” è negazione della differenza da parte di chi giura di volerla valorizzare. Quella politica dice che due uomini e due donne possono “fare” figli: una bugia. E proprio coloro che sostengono la poca o nulla importanza del fatto biologico nella vita di una famiglia, dice la Bonnet, finiscono per pretendere l’utero in affitto o la fecondazione in vitro, dimostrando che alla biologia sono i primi a credere moltissimo. La “genitorialità pour tous” non è infatti che “una finzione incaricata di occultare, né più né meno, uno dei genitori biologici del bambino”. Eppure “l’origine è fondamentale, è un radicamento nella memoria famigliare, un’eredità fisica, comporta malattie che si trasmettono attraverso le generazioni… Avendo avuto un nonno che non ha mai conosciuto il padre – spiega la storica – so quanto un vuoto nell’albero genealogico possa fare danni”. Un altro bersaglio della Bonnet sono le sostenitrici dell’utero in affitto, pratica che secondo lei rientra in un quadro di “mercificazione globalizzata”: “Ma all’infuori di Elisabeth Badinter, di Caroline Fourest e di Irène Théry (quest’ultima è stata la responsabile del Rapporto preparatorio alla legge sulla famiglia, per ora accantonata, ndr) conosco ben poche femministe favorevoli alla ‘gestazione etica per conto terzi’”, ironizza. La storica parla anche di un “diritto al figlio del tutto abusivo”, introdotto dalle tecniche di fecondazione artificiale: “Dietro al ‘diritto al figlio’ e alla omogenitorialità, avanza l’idea di fare figli senza l’altro sesso. Quale società vogliamo? Da una parte ci si batte per la diversità, e dall’altro si rifiuta l’altro sesso in un atto che è l’essenza stessa della perpetuazione della nostra società”. Tutto questo “non fa accettare la differenza, ma piuttosto la somiglianza”, con il figlio che serve a garantirsi l’accettazione sociale.
Nicoletta Tiliacos
Il Foglio sportivo - in corpore sano