L'ombra di Yara
Il segreto di Ester Arzuffi è rimasto un segreto per quarantacinque anni, l’ha guardata crescere i figli, invecchiare, e infine, dal 2011, tormentarsi in silenzio dopo la riesumazione del corpo del suo antico amante, il padre dell’assassino.
Il segreto di Ester Arzuffi è rimasto un segreto per quarantacinque anni, l’ha guardata crescere i figli, invecchiare, e infine, dal 2011, tormentarsi in silenzio dopo la riesumazione del corpo del suo antico amante, il padre dell’assassino. Il padre di suo figlio, quindi. Probabilmente quando sono nati i gemelli, quarantaquattro anni fa, nel 1970, Ester ha pensato di essere salva, e forse si è davvero convinta che fossero di suo marito Giovanni, come ripete adesso, da dietro la porta di casa, invasa dalla curiosità, dall’ostilità, dal trionfo perché l’assassino ha finalmente una faccia, e una madre (e nessun riserbo è stato mantenuto, nessun dettaglio risparmiato, nessuna presunzione di innocenza è stata applicata). Ester avrà pregato, per quarantaquattro anni, perché il padre dei gemelli fosse proprio l’uomo che le dorme accanto, ha contato i giorni, cercato somiglianze, le orecchie, il carattere, le mani, ha esultato ogni volta che qualcuno diceva: “E’ tutto suo padre”, e c’è sempre qualcuno che lo dice sbirciando un bambino dentro una carrozzina.
[**Video_box_2**]Giovanni, il marito, li ha riconosciuti, li ha cresciuti pensandoli suoi, e sono davvero figli suoi, adulti con una famiglia e adesso una nuova, terribile, centuplicata verità. L’assassino di una tredicenne innocente, un padre mai conosciuto, un matrimonio che chiudeva come una cassaforte una bugia grande, scoperchiata da un po’ di saliva, da quelle migliaia di provette per il test del Dna che quarantaquattro anni fa erano quasi fantascienza, un’ipotesi remota, al massimo il lampo di un dubbio nei pensieri. Chissà se negli anni se lo è chiesto, il marito di Ester Arzuffi, chissà se lo sapeva già, o lo sentiva, che i gemelli erano di un altro uomo, Giuseppe Guerinoni, conosciuto su un autobus, amato in fretta, di nascosto, senza speranze ma con una decisione, dopo, forse maliziosa o forse minacciosa. La figlia, che adesso guarda terrorizzata dalla finestra la folla di giornalisti, si chiama Laura, come la legittima moglie di Giuseppe, colpita ormai dal 2011 dalla certezza scientifica e pubblica che suo marito avesse avuto un bambino con un’altra donna (ne hanno cercate centinaia, allora ragazze e adesso signore, a tutte hanno chiesto di sottoporsi al test e di ripensare al passato), e il figlio (il presunto assassino di Yara Gambirasio, il muratore con tre figli e l’amore per i cagnolini abbandonati) si chiama Giuseppe di secondo nome, come il vero padre. Come l’uomo che la scienza ha deciso, con un irrilevante margine di dubbio, essere il padre naturale, contro ogni razionale tentativo di giurare il contrario. Tutti i segreti di quella famiglia, segreti sepolti sotto i decenni, hanno smesso di essere segreti all’improvviso, nello stesso istante in cui il resto del mondo li ha scoperti: venerdì scorso, meno di una settimana fa, Ester Arzuffi ha visto cadere l’ultimo petalo del suo segreto, quando le hanno chiesto di sottoporsi, come le altre ex ragazze, al test del Dna, nella grande caccia al codice giusto, perché aveva conosciuto Giuseppe Guerinoni negli anni Settanta, perché era salita su quell’autobus, perché forse qualcuno si ricordava di averli visti ridere insieme, nella scorsa vita, e magari un giorno litigare, e lei piangere, e poi trasferirsi in un altro paese lì vicino, con il marito, poco prima della nascita dei gemelli. Ester, che ora dice, attonita: “Se è stato lui deve pagare” e che accudisce il marito malato, ha letto sui giornali e visto alla televisione, dappertutto, ogni giorno, dell’omicidio con sevizie indicibili di una ragazzina della zona, e l’ha visto a poco a poco avvicinarsi a lei, sfiorare il suo segreto, riportarla indietro nel tempo, di nuovo a contare i giorni e a pensare: non è possibile. Non è possibile che sia suo figlio, e che sia il mio, e che abbia fatto questo.
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