Milano richiama
Analisi di un processo che non doveva mai cominciare. Ruby 2.0
Milano richiama. S’alza il sipario sul processo d’Appello. Berlusconi assente (è a Cesano Boscone), i suoi legali non sollevano la questione Bruti Liberati. Il nuovo collegio giudicante.
Roma. “Pour un rideau qui tombe, un autre qui se lève”. Per un sipario che cala, ce n’è uno che si solleva. Alla vigilia dell’apertura del processo d’Appello Ruby non è la voce soave di Dalida a tenergli compagnia, ma quella gelida di Niccolò Ghedini che cadenza il ritmo di una strategia processuale volta a ribaltare il verdetto di primo grado. Quello pronunciato dal giudice Giulia Turri in un’aula del tribunale di Milano dove a rappresentare la pubblica accusa quel giorno non c’era Ilda Boccassini ma il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Questione di ferie, si disse allora. Oppure di feeling, insinuano oggi i maligni alla luce dell’acerrimo scontro, il “caso Milano”, intorno al procuratore capo accusato di aver favorito la Boccassini nell’assegnazione del fascicolo bollente in violazione delle norme procedurali. Il Csm sembra orientato ad abbracciare la soluzione quirinalizia, che archiviazione sia. Intanto oggi alle nove si leverà il sipario sull’atto secondo del “pornoprocesso” costato all’ex premier una condanna a sette anni di carcere per concussione e prostituzione minorile, condita dall’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Una pena più grave di quella richiesta dalla pubblica accusa, una concussione per induzione riqualificata dal giudice come concussione per costrizione, sebbene il funzionario della questura abbia sempre negato recisamente di aver subìto alcuna pressione. Ma il pornoprocesso è innanzitutto il processo attorno alla presunta penetrazione tra l’ex premier e la “minore adultizzata” (iudex dixit) Karima El Mahroug. La pornografica ossessione, che alimenta una gigantesca macchinazione poliziesca, intercettazioni a strascico e pedinamenti a gogò, e che attraversa ben 51 udienze, è una soltanto: fu davvero fornicazione tra l’ex premier e la smaliziata marocchina? Il processo al comune senso del pudore, al peccato che si tramuta in reato, si è svolto non nella Kabul talebana ma nella civilissima e occidentale Milano, nella patria dei Verri e dei Beccaria. Qui, non a Riad, una trentina di donne convenute in qualità di testimoni hanno duellato con il Casto Inquisitore, tutto rappreso nel pruriginoso scrutinio di questioni fatali come la varietà di “culotte” indossate dalle esuberanti donzelle, l’orgia di pizzi e merletti, il tripudio di “trenini” e “toccamenti lascivi”, se solo sui fianchi o fin su nell’interno cosce. Che impudicizia, che squallore. In Appello non comparirà invero il “plotone d’esecuzione” del primo grado, le tre giudici combattenti in rosa. Il collegio giudicante sarà presieduto da Enrico Tranfa, che anche da iscritto alla corrente Unicost si è sempre distinto per riserbo e distacco rispetto alla vita associativa. L’udienza odierna sarà dedicata alla relazione del giudice Concetta Locurto, anche lei magistrato dal nome ai più ignoto, il che fa sempre ben sperare.
Nel 2010 Locurto scontentò la procura e assolse il deputato pdl Massimo Berruti accusato di riciclaggio. La terza toga è Alberto Puccinelli, giudice estensore delle motivazioni della sentenza Unipol che ha dichiarato prescritta la condanna a un anno a carico di Berlusconi per la pubblicazione del fassiniano “abbiamo una banca!”. Nelle motivazioni Puccinelli volle aggiungere che da quella pubblicazione alla vigilia di una campagna elettorale l’ex premier poteva aver tratto “un vantaggio nella lotta politica”. Il procuratore generale con il quale la difesa di Berlusconi dovrà confrontarsi, non è la prima volta, porta il nome di Piero De Petris, un mastino della requirente, tecnico sopraffino, dalle sue mani sono passati, tra gli altri, il fascicolo Abu Omar e quello Sme (in questo caso la Cassazione respinse il ricorso di De Petris contro l’assoluzione di Berlusconi in secondo grado).
Il pornoprocesso, che non si sarebbe mai dovuto celebrare, si risolverà in quattro o cinque udienze. Tutto dipenderà da come i giudici vorranno scaglionarle. La linea difensiva punta a dimostrare l’insussistenza del reato di concussione in assenza del concusso; la mancanza di prove che attestino la veridicità del rapporto sessuale e la consapevolezza della minore età da parte del Cav.; l’inutilizzabilità di intercettazioni e tabulati disinvoltamente impiegati in primo grado. E sulle presunte irregolarità circa l’assegnazione del fascicolo alla Boccassini? “La questione non sarà sollevata in alcun modo”, precisano i legali. L’imputato non presenzierà alle udienze, domani in particolare tornerà in quel di Cesano Boscone dove, racconta lui, è riuscito a far mangiare una riluttante vecchietta con il metodo dell’aeroplanino, come si fa con i bimbi. Colpito da una tale dimostrazione di “umiltà e buona volontà”, racconta sempre lui, un anziano che da trent’anni vota comunista gli ha confidato che passerà a Forza Italia. “Demain et dans mille ans je recommencerai”, domani e tra mille anni io ricomincerò. Che lo spettacolo abbia inizio.
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