Cesare Prandelli (Foto La Presse)

Così oggi Prandelli proverà a cambiare l'umore degli italiani

Pierluigi Pardo

Prandelli l'anticonformista guida oggi gli Azzurri contro il Costa Rica. Ecco come il ct della Nazionale, con il suo stile pacato e mai polemico, ha riportato entusiasmo.

E dunque, eccoci qua. Siamo venuti a Recife, nord-est del Brasile. Con un’ora di ritardo del volo Fifa, con l’umidità addosso che divora le camicie, con i cartelli “attenti agli squali” piazzati al centro esatto della spiaggia, davanti a questo presepe di grattacieli simmetrici e selvaggi (e l’Atlantico, immenso, di fronte).

 

La formazione è quasi fatta. C’è il recupero di Buffon fra i pali, il probabile forfait di Barzagli, con Chiellini e Bonucci perciò coppia centrale. Abate ripescato andrà a destra, Darmian verrà spostato a sinistra. Davanti Balotelli è la stella cometa, Marchisio e Candreva gli incursori. Nel mezzo Pirlo e Thiago Motta, preferito stavolta a Verratti, i due playmaker. De Rossi è l’uomo che fa il lavoro sporco, Cassano e Insigne le prime alternative.

 

Quello contro la Costa Rica è il test di maturità, al di là della scaramanzia che vede la nostra Nazionale sempre tra le prima quattro dei Mondiali se vince le prime due gare, è un’occasione per Cesare Prandelli per confermare le critiche positive e rafforzare la sua improvvisa luna di miele con gli italiani dopo tempi complessi e l’incerta gestione degli ultimi mesi (non vincevamo una gara ufficiale dal settembre scorso).

 

La partita contro l’Inghilterra è stata un big bang, una sorpresa molto simile all’exploit renziano delle europee. Del resto i due si assomigliano. Il Prandellismo, si è detto e scritto, assomiglia al Renzismo per il fair play che i detrattori giudicano di maniera, ancor più che per lo spirito rottamatore. Ma anche da questo punto di vista Cesare, che fino a poco tempo fa veniva bollato come fin troppo prudente e attento agli umori della piazza e all’opinione della stampa, negli ultimi mesi ha fatto evidenti passi avanti.

 

In questo momento sembra l’esatto contrario del Lippi del 2010 che forse peccò di gratitudine nei confronti della squadra, talentuosa ma ormai logora, che aveva meravigliosamente trionfato quattro anni prima, errore commesso anche da Del Bosque in questo bagno doloroso di Brasil 2014.

 

La scelta di rottamare Pepito Rossi, l’eroe fragile e sfortunato che aveva contribuito alla qualificazione e fatto di tutto per riacciuffare una maglia azzurra è stata invece piuttosto impopolare e molto pragmatica. Così come l’uso abbondante dei debuttanti nella prima sfida contro l’Inghilterra. Sirigu per forza maggiore, Darmian, Verratti e Paletta per scelta tecnica, sfidando l’accusa di ingratitudine verso chi in Brasile l’aveva portato. E ancora nel clamoroso ritorno di Cassano, dopo un anno [**Video_box_2**]e mezzo di oblio (e nella successiva scelta di tenerlo in panchina) c’è un doppio dribbling che risponde solo alla logica del qui e ora. il bene della Patria, e basta.

 

Cesare e Matteo, del resto, si conoscono bene dai tempi di Firenze. Il Premier non ha mai nascosto amicizia e ammirazione, “un bravo allenatore e una persona straordinaria”, ha detto dopo la vittoria di Manaus. Sentimento completamente ricambiato dal Ct, renziano della prima ora, quando schierarsi dalla sua parte e mostrare di non capire certe colorite metafore bersaniane era un atto di coraggio abbastanza avanguardistico che ti collocava certamente in una minoranza, nel tavolo dei bambini alle cene di Natale.

 

Ma c’è di più. Prandelli ha oltrepassato spesso il ruolo del semplice allenatore, concedendosi dribbling spiazzanti verso il conformismo del mondo del calcio.

 

La visita ad Auschwitz durante l’Europeo 2012 e quella a Scampia nell’autunno scorso, con conseguente polemica per il tweet di Balotelli che rivendicava il diritto di sentirsi solo giocatore, autoescludendosi dal ruolo di testimonial anti criminalità organizzata.

 

Ancora, la partita in Calabria sui campi sottratti alla ’ndrangheta e anche, in ambito più strettamente calcistico, il codice etico (sul quale si è talvolta incartato), rivelano l’ambizione di essere educatore oltre che allenatore. Lo stile morbido, quasi mai polemico. Sul prato verde, pure. Contro gli inglesi Prandelli ha rimesso al centro l’idea di squadra “alta” che aveva contraddistinto i suoi esordi azzurri. L’identità di gioco precisa, quasi da club, la scelta del possesso palla come chiave per arrivare al successo. La condizione fisica, brillante, un certo stile di calcio e vita, etico ed estetico. Tutte belle cose che passano però inevitabilmente attraverso il risultato, la distanza spesso sottilissima tra trionfo e fallimento. In Polonia e Ucraina due anni fa arrivò a un passo dalla gloria, adesso ha davanti a sé una strada ancor più stretta e ripida, ma comunque possibile.

 

Siamo all’inizio, d’accordo, ma l’obiettivo, fin da oggi contro la Costa Rica, è chiarissimo: cambiare nel prossimo mese l’umore degli italiani. E senza nemmeno dover tirar fuori ottanta euro.