Se l'alternativa al calcio intelligente è il culo di Bonolis, siamo fottuti
Ho passato una giornata intera a fare le cose più tristi che avevo a disposizione per togliermi il sorriso che mi si era stampato in faccia dopo l’eliminazione della Spagna. La sconfitta dell'Inghilterra contro l'Uruguay è stata d'aiuto.
Ho passato una giornata intera a fare le cose più tristi che avevo a disposizione per togliermi il sorriso che mi si era stampato in faccia dopo l’eliminazione della Spagna. C’ero quasi riuscito rileggendo vecchi editoriali di Severgnini. Ma un po’ il sorriso mi è rimasto lo stesso, e lo ammetto volentieri, a beneficio dei moralisti del tipo “il vero sportivo non gode delle disgrazie altrui e non si lamenta dell’arbitro”, roba da salotto del calcio corretto. Prima di piombare nella più cupa tristezza per la sconfitta dell'Inghilterra contro l'Uruguay (non avevo nemmeno la forza di alzare il brandy, non voglio più vedere Hodgson né Gerrard in campo) la goduria era persino aumentata dal fatto che la sconfitta della Spagna è anche una solenne martellata alla palla del calcio intelligente che gira tanto vorticosamente di questi tempi. Il calcio intelligente non esiste. Esiste l’intelligenza del calciatore, del mister, finanche del tifoso. Il resto sono palle. Quando leggete un articolo che alla terza riga comincia a spiegarvi che l’Olanda ha vinto perché l’86 per cento dei passaggi di Sneijder è andato a buon fine tra il 20’ e il 34’ del secondo tempo, smettetela subito. Cambiate pagina, giornale, stanza, e sperate che l’autore dell’articolo cambi spacciatore. Riempire i pezzi di statistiche su quante volte un terzino ha superato la metà campo, su quanti contrasti ha vinto un difensore, su quanti movimenti senza palla ha fatto l’attaccante è come cercare di spiegare una bevuta al pub come scambio di fluidi tra un corpo solido e uno liquido a base di luppolo: fa passare la sete.
Ecco perché quando sento parlare di calcio intelligente metto mano alla bottiglia di brandy. Brindo dunque alla Spagna eliminata, consapevole che noi inglesi stiamo per fare la stessa fine, ma almeno senza i numeri che cercano di spiegare l’opposto di quello che si vede in campo. Capisco che raccontare una storia, trasmettere lo sguardo di un giocatore sconfitto o il cuore gonfio di uno che ha vinto, spiegare un pareggio senza disquisizioni tecnico-tattiche più sterili e inutili di una polemica di Gad Lerner, senza ammorbarci l’anima con il numero di passaggi sbagliati effettuati, sia esercizio faticoso. Il calcio si diverte a smentirvi da anni (ricordate Chelsea-Barcellona? E Chelsea-Bayern?), eppure voi continuate imperterriti a studiare quanti gol può fare una squadra se il proprio centravanti quel giorno si è svegliato spettinato e ha fatto colazione con i Corn Flakes. Palle.
E a proposito di calcio intelligente, ho visto con ribrezzo la scena dell’altra sera sulla Rai, quando Marco Mazzocchi ha chiesto a Eugenio De Paoli, direttore della sede Rai in Brasile, di toccare il culo a un bollitissimo Paolo Bonolis per portare fortuna agli Azzurri. Ho ammirato De Paoli, che si è rifiutato di fare una tale mignottata mentre Mazzocchi ammiccava da uno schermo alle spalle di Jacopo Volpi, che non sapeva se ridere o vomitare. Applicate le statistiche a sta roba, piuttosto.
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