Suarez batte Hart, 2-1 per l'Uruguay (foto LaPresse)

Mai fidarsi della Perfida Italia

Jack O'Malley

Ridursi a tifare Italia per sperare di andare avanti sarebbe stato anche un contrappasso accettabile, ma è durato troppo poco: la sconfitta degli Azzurri elimina gli inglesi, che comunque di loro non sarebbero andati da nessuna parte.

Ieri il Sun l’aveva presa sul ridere, ostentando un ottimismo paradossale. Una grande foto di Kai Rooney (figlio di Wayne) in lacrime sugli spalti dello stadio di San Paolo. “Non piangere Kai – diceva il titolo sulla prima pagina – Se l’Italia batte la Costa Rica… quindi Suárez e compagni perdono contro l’Italia… e tuo papà segna almeno una doppietta alla Costa Rica… siamo dentro!”. Ridursi a tifare Italia per sperare di andare avanti sarebbe stato anche un contrappasso accettabile, ma è durato troppo poco: la sconfitta degli Azzurri elimina gli inglesi, che comunque di loro non sarebbero andati da nessuna parte.
Per dirla banalmente, l’Inghilterra non è squadra da grandi competizioni: quando si tratta di amichevoli o qualificazioni è praticamente imbattibile. Appena si vola lontano da casa per più di due giorni, e in palio c’è una coppa, tremano le gambe, rispuntano i fantasmi di Beckham e degli altri rigoristi, riemergono affanni dimenticati. Non solo, sia chiaro: affidarsi a un allenatore dalla faccia avvinazzata e dalla carriera perdente non poteva essere una buona idea. Due anni fa agli Europei la squadra di Hodgson uscì ai rigori proprio contro l’Italia dopo essere stata presa a schiaffoni per 120 minuti. Questa volta ha perso le prime due partite 2 a 1 e si era ridotta a sperare in un incrocio di risultati e prestazioni che avevano le stesse probabilità di uno sbarco di alieni in Vaticano.

 

La differenza tra il livello del calcio giocato nel campionato inglese e quello abbozzato dalla Nazionale è imbarazzante, e la quantità di stranieri che militano in Premier League dovrebbe essere una prima risposta alla domanda “perché?”. Non sufficiente, però. L’altra risposta è nel modulo scelto da Hodgson, molto sbilanciato in avanti con quattro punte sostenute da un centrocampo esile affidato a un anziano depresso come Gerrard. Il capitano del Liverpool e della Nazionale è caduto sull’erba di Anfield in un pomeriggio di inizio maggio, dando il via all’azione con cui il Chelsea ha segnato, vinto la partita e fatto perdere il campionato ai Reds. Da quel giorno non si è più rialzato. Il suo corpo vaga sui campi da calcio da due mesi e mezzo senza un senso preciso se non quello di agevolare gli avversari. Pochi giorni dopo la sfida con il Chelsea, il Liverpool ha pareggiato 3-3 in rimonta con il Crystal Palace. Alla fine di quella partita l’attaccante dei Reds, Luis Suárez, piangeva come un bambino. Gerrard, che mesi prima lo aveva convinto a restare al Liverpool, è andato ad abbracciarlo, allontanando con una mano la telecamera troppo invadente. Giovedì sera Suárez era di nuovo in lacrime: troppo felice, però. Al novantesimo si è alzato dalla panchina e, dopo essere stato portato in trionfo dai suoi compagni per la doppietta decisiva, è andato ad abbracciare Gerrard a centrocampo. L’inglese era talmente abbattuto da non riuscire a rispondere all’applauso delle migliaia di tifosi inglesi presenti a San Paolo. Tifosi eroici, che da anni seguono ovunque in massa questa squadra derelitta come se si aspettassero sempre qualcosa di grande. Che arriverà. Prima o poi arriverà. Per ora viva il brandy.

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