Oggi “I mille giorni”
Oltre lo spin. Nomi e bozze. Cosa può ottenere (e non) il governo Renzi in Europa
La coalizione con Merkel, il testo di Van Rompuy, le mosse possibili e i punti di un documento inedito. Il discorso e altro
C’è una domanda maliziosa che si aggira da qualche giorno tra i corridoi della Commissione europea, i saloni del Parlamento europeo e i banchi di Montecitorio. Una domanda che riguarda Matteo Renzi e ciò che il suo governo può ottenere nei negoziati con la signora Merkel e che, alla luce di tre notizie importanti arrivate ieri pomeriggio, ha indubbiamente una sua centralità. Insomma: oltre allo spin, quando il presidente del Consiglio parla di flessibilità in Europa che cosa intende davvero? E, realisticamente, che cosa potrà ottenere? Noccioline o qualcosa di più? Le notizie di ieri ci dicono che il documento su crescita e lavoro redatto dal presidente del Consiglio dell’Ue, Herman Van Rompuy, il documento su Europa e riforme firmato da Renzi e dal sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, e la dichiarazione distensiva del portavoce di Angela Merkel sulla possibilità di prorogare i termini nell’applicazione del patto di flessibilità vanno tutti in una precisa direzione: un’Europa (e in particolare una Merkel) meno ostaggio della parola austerity e più orientata a concedere “qualcosa” ai governi che mostreranno numeri in ordine e un programma di riforme competitivo.
Ed è proprio su quel “qualcosa” che si gioca la partita a scacchi di Renzi con Merkel. Finora, raccontano da Bruxelles, la tattica utilizzata dal presidente del Consiglio con la cancelliera non è diversa da quella adottata in Italia con Berlusconi: far credere che sia possibile far saltare uno schema mettendosi d’accordo con qualcun altro, spaventare per alcuni giorni il proprio interlocutore e infine cambiare idea di fronte alla firma di un patto conveniente. In Italia l’interlocutore fittizio utilizzato in questi giorni da Renzi per accelerare il processo delle riforme si chiama Grillo. In Europa l’interlocutore fittizio utilizzato da Renzi per affrontare Merkel si chiama David Cameron. E il patto tra Renzi e Merkel ha trovato una sua dimensione una volta che la cancelliera ha capito che l’Italia non avrebbe fatto giochini con i conservatori inglesi sul nome del presidente della Commissione europea. Renzi, come è noto, ha accettato che quel ruolo sia ricoperto da Jean-Claude Juncker (che Cameron non voleva) e in cambio ha ottenuto che il testo Van Rompuy (che sarà approvato dal Consiglio europeo di questa settimana) contenga un impegno della Commissione a favorire la crescita. Accanto al documento Van Rompuy c’è però un testo meno noto cui sta lavorando il governo e che dovrebbe essere il cuore della proposta italiana non solo per il semestre (che conta quello che conta) ma per la prossima legislatura europea. Al testo ha lavorato in questi giorni quello che dovrebbe essere il prossimo capo della Commissione economica del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri, europarlamentare del Pd, corrente giovani turchi, rito dalemian-bassaniniano, e nel documento ci sono sei punti chiave (gli altri italiani che avranno un peso in Europa dovrebbero essere Federica Mogherini come commissario per la Politica estera; Gianni Pittella come capo della delegazione italiana; David Sassoli come vicepresidente del Parlamento).
[**Video_box_2**]Il primo punto riguarda il deficit: l’intenzione dell’Italia è andare oltre l’1,8 per cento previsto per il 2015 e oltre lo 0,7 per cento previsto per il 2016 e avvicinarsi quanto più possibile al tre per cento (ogni punto di pil guadagnato equivale a circa 15 miliardi da spendere in più). Il secondo riguarda i margini di flessibilità previsti dal Fiscal compact e l’idea è promuovere lo scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit. Il terzo riguarda una forma di project bond realizzando un piano da 194 miliardi l’anno fino al 2020 per gli investimenti in infrastrutture. Il quarto è creare un bilancio dell’Eurozona alimentato dal gettito prodotto dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Il quinto (da realizzare con l’aiuto della Banca europea degli investimenti) è un fondo europeo di garanzia per il credito delle banche alle piccole e medie imprese. Il sesto è l’eliminazione del cofinanziamento dei fondi strutturali europei dal meccanismo del Patto di stabilità. Oggi alcuni di questi temi saranno al centro del discorso sui prossimi “mille giorni” di governo che Renzi farà in Parlamento. Giovedì comincia il Consiglio europeo. Renzi sa che anche i suoi predecessori hanno ricevuto all’inizio del loro mandato grandi promesse sulla flessibilità (promesse che hanno portato solo a una generica “lip service”, una insostenibile “retorica vuota”, come ripete da mesi il ministro Pier Carlo Padoan). Oggi però l’Italia in Europa ha una posizione di forza riconosciuta a Berlino. Il 40,8 per cento del Pd pesa. E anche se sarà difficile che il governo Renzi arrivi alla fine dei prossimi mille giorni, a Bruxelles il sospetto è che in Europa stia per nascere davvero il governo Angela Renzi.
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