Luigi Di Maio al trucco prima della trasmissione Otto e mezzo (Foto La Presse)

L'Alfano di Grillo

Marianna Rizzini

Chi è Luigi Di Maio, il ragazzotto a 5 stelle che oggi porterà di fronte al Pd la negazione del grillismo. I pentastellati e la trasformazione impossibile del caos del Movimento.

Roma. Non il grande capo Beppe Grillo, ma il suo plenipotenziario Luigi Di Maio, giovane vicepresidente della Camera, guiderà oggi alle 14 e 30 l’incontro del M5s con il Pd, insieme ai capigruppo a Cinque Stelle e al deputato esperto di riforme Danilo Toninelli. Essere plenipotenziario, addirittura erede in pectore – e chi non vorrebbe, nelle terre malferme della politica? Ma Di Maio, quando gli hanno detto che Grillo proprio a lui guardava, come uomo papabile per il movimento di domani, aveva detto “figurati”, pur apparendo visibilmente inorgoglito in tv, ed era rimasto sospeso tra rispettabilità oltreconfine – questo è un grillino che non crede ai microchip e alle sirene, pensano gli avversari – e aderenza da ventriloquo al verbo sceso dal blog, ché Di Maio è uno che non s’accompagna ai dissidenti. Ma incarnazione del capo deve farsi, oggi, Di Maio, il ragazzo campano che dell’“erede politico” possiede una delle caratteristiche principali: essere la negazione del prototipo. Non è detto infatti che l’erede designato debba acconciarsi a imitare l’originale, il dominus che l’ha lanciato nell’arena. Anzi. Si guardi Angelino Alfano, l’annunciato “delfino” di Silvio Berlusconi che del Cav. aveva poco o nulla: non lo stile di vita, non i nemici, non il vestiario, non l’accento meneghino (sostituito da quello agrigentino), non la caratura istrionica, non l’imprevedibilità: quanto il Cav. era pirotecnico tanto Angelino era pacato, nel suo eloquio da universitario fuori sede o da appuntato che ti fa il verbale. Da delfino divenne primus inter pares indigesto ai pares, Alfano, colui che doveva essere il volto “istituzionale” del Pdl ai tempi del gran subbuglio e delle piazze NoB.. Poi si fece Bruto all’acqua di rose, con scissione e creazione del Nuovo Centrodestra, sì, ma soffertissima, nonostante il posto ministeriale nelle larghe intese di Enrico Letta, prima, e di Matteo Renzi, poi. Eppure si sprecavano, all’inizio, le frasi da sibilla: ecco il bravo ragazzo, il volto pulito del centrodestra, l’anti-B. (talmente “anti” che non ha sostituito B). Tutte parole ora spese per il Di Maio incoronato “voce che contratta” da Beppe Grillo.

 


“Uh che faccia perbene”, “uh che saggio”, “uh che moderato”, dicono infatti gli ammiratori extra 5 Stelle del pur intransigente grillino Di Maio, studente non ancora laureato in Giurisprudenza ma ex liceale combattivo e non di sinistra nella Pomigliano D’Arco rossa (la sua scuola era pericolante, la cronaca parlava di edifici crollati e ragazzi feriti, motivo per cui, raccontò l’Espresso mesi fa, la lotta che Di Maio capeggiava andò a buon fine). E ieri scriveva i suoi pensieri su Facebook, il vicepresidente della Camera che, dicono le leggende, a calcetto tende a non passare mai la palla e in Aula sembra essere perfettamente in ruolo quando espelle qualcuno, pur essendo nella vita un tranquillo esperto di Web che al Web dice di voler tornare. E’ quello che tra i Cinque Stelle va con più naturalezza ai talk-show, Di Maio, ma poi nei talk-show neanche sembra un Cinque Stelle, tanto il suo atteggiamento è lontano sia dalla vis polemica terzomondista e caciarona del deputato Alessandro Di Battista sia dall’arrabbiatura di scena dell’attore Grillo, uno che la battuta non se la fa scappare, costi quel che costi, perché resta prima di tutto uomo di spettacolo. E si lanciava contro l’immunità per i parlamentari, ieri, Di Maio, il deputato che sta sempre attento a non superare i limiti della buona educazione, come comanda la sua faccia da primo ragazzo che piace alle mamme (ma non è un fidanzato d’Italia, Di Maio: non ho molto tempo per le ragazze, ha detto un giorno, e tanto “mi lasciano” per colpa della politica). Si de-grillizza ogni giorno di più, l’ex studente che a casa non era mai d’accordo con il padre dell’Msi (poi di An). Si de-movimentizza, ma resta comunque in linea con i meno compassati colleghi Riccardo Nuti, Paola Taverna e Roberta Lombardi, i cosiddetti “super-ortodossi” del M5s: così facendo tesse la veste di “grillino del futuro”, Di Maio, distante nei modi dal grande capo pazzerello quanto basta per sembrare l’incarnazione della nuova presentabilità di Palazzo (ma con la fissazione degli stipendi da dimezzare e dei privilegi da cancellare: non datemi l’auto blu, per carità, diceva appena eletto). Solo che la degrillizzazione lo rende simile ai tanto vituperati (dal M5s) esponenti degli altri partiti (“però, questo Di Maio”, dice chi, nel Pd, lo vorrebbe come nuovo e per ora impossibile “compagno”). “Visto l’abuso che si fa dell’immunità, meglio abolirla del tutto”, è il ritornello rilanciato ieri in rete dal giovane plenipotenziario mentre il blog del leader definiva “porcata” la bozza di riforma del Senato (ma tanto oggi si parla di legge elettorale). Con il Pd saremo armati “di buona volontà”, aveva detto Di Maio, ben sapendo, forse, che neppure Grillo, stavolta, farà la parte del cattivo: dopo il flop delle Europee, capìta l’antifona, Grillo preferisce riprendere la via di Genova, lasciando sul campo di Renzi i suoi pupilli: quando le cose si mettono così così, il delfino dissimile può subentrare.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.