"Il pensatore" di Auguste Rodin

La coscienza

Giuliano Ferrara

Per il geniale e cinico Benedetto Croce “coscienza” è parola rettorica, di cui non si deve abusare. Fino a qualche tempo fa, illuso come sono, pensavo che la guerra all’obiezione di coscienza avesse più o meno il senso che gli davano i suoi promotori.

Per il geniale e cinico Benedetto Croce “coscienza” è parola rettorica, di cui non si deve abusare. Fino a qualche tempo fa, illuso come sono, pensavo che la guerra all’obiezione di coscienza in fatto di aborto o eutanasia o maltrattamento della vita umana, anche embrionale, avesse più o meno il senso che gli davano i suoi promotori. Se intendo rifiutarmi di certificare l’opportunità di un aborto (non terapeutico) o l’autorizzazione a un’eutanasia attiva o altro in fatto di manipolazione della vita, ecco, io sono non già un uomo e un professionista “cosciente” della medicina, non già un fedele del principio di Ippocrate che vieta di prescrivere veleni, no, sono un insopportabile bigotto della coscienza, sono uno che non ha voglia di rispettare deontologicamente le regole del suo mestiere, sono un imbroglione che non vuole perdere tempo ad aiutare le donne o le coppie che intendono liberamente sbarazzarsi di un figlio concepito, sono uno che mette la carriera e magari la protezione vaticana prima del servizio al pubblico, poco meno o poco più di un mascalzone. E poi le medie statistiche: l’obiezione di coscienza è troppo alta, si fa più forte dove l’antropologia si fa più furba (nel sud italiano, per esempio), blocca il funzionamento di leggi sudatissime, conquistate a viva forza con lotte e spiegamento ideale di diritti a partire dagli anni Settanta.

 

[**Video_box_2**]Nel Lazio e altrove in Italia e nel mondo infuria l’ultima battaglia per rovesciare il paradigma rettorico della coscienza, che arrivò al vertice del liberalesimo vittorioso non solo nel bel mondo dell’etica kantiana ma anche e sopra tutto nel mondo spirituale così garbato e promettente istituito dal Concilio Vaticano II: laddove la coscienza libera era un “delirio” per Gregorio XVI, un papa della prima metà dell’Ottocento, a metà del secolo scorso essa diveniva la pietra filosofale della ritrovata unione di fede e libertà. In effetti un quantum di libera coscienza era parte necessaria di un quantum di progresso dell’umanità, su questo non si discute.

 

Ma per quel che riguarda l’educazione o formazione della coscienza nella cultura pubblica, le cose si facevano più complicate e ora siamo al gran finale di questa complicazione. Così, con uso basso del cinismo, si rovescia completamente il paradigma della libertà di coscienza nel suo opposto simmetrico, il politicamente e ideologicamente e deontologicamente corretto. L’obiezione di coscienza va sradicata, va travolta l’ultima frontiera che mette il mondo al riparo, almeno un poco, da una completa sordità morale di fronte a fenomeni di espropriazione della vita del suo senso e del suo  annichilimento nel seno di chi la dà.

 

Giulio Meotti ci ha già raccontato (e tornerà a farlo qui, domani) il giro della morte che sta portando, nell’ambito delle Nazioni Unite, che furono per la verità istituite in nome del diritto alla libertà e alla vita con una solenne dichiarazione oggi dimenticata, alla diffusione dei diritti riproduttivi intesi come completa, irrinunciabile, insindacabile affermazione della libertà di aborto. Una cosa molto diversa dalle leggi di “tutela sociale della maternità” che un tempo in Italia e nel resto d’Europa regolamentavano, contro la piaga dell’aborto clandestino, o almeno così si diceva, l’interruzione volontaria della gravidanza in un contesto complesso di controllo e passione e coinvolgimento comunitario (la Francia ha già cambiato i termini legislativi della faccenda: liberté). Una cosa più simile all’aborto come tutela della privacy personale, che si era precedentemente affermata con la decisione di attivismo giuridico della Corte suprema americana nel caso Roe vs Wade.

 

E si capisce. L’obiezione di coscienza non è ammessa di fronte alla necessità di risanare, di battersi contro morti premature, evitabili. Se la  si preveda nel caso dell’aborto, che è la forma aurea di negazione della vita nel nostro tempo, vuol dire qualcosa, vuol dire che la sordità morale ha un limite, che consentendo e regolando l’aborto si fa quel che si deve, ma sapendo che si potrebbe fare altrimenti e non tutti sono obbligati al servizio utile all’estirpazione di una vita nascente. La guerra all’obiezione, di coscienza o meno (non abusare), è guerra per ridiscutere l’aborto di massa, anche selettivo ed eugenetico, e riclassificarlo nella zona non delle occorrenze tragiche (la balla che ci raccontavamo) bensì in quella delle possibilità tecniche, coincidenti con la libertà della persona. L’aborto, travolta l’obiezione, non esisterà più. Almeno per la patologica coscienza dell’epoca.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.