“Meglio undici Suárez che undici Chiellini”. Parola di Pasquale “O'Animale” Bruno
"Meglio una squadra di undici Suárez che una di undici Chiellini. Le nove giornate e i quattro mesi di squalifica all’attaccante dell’Uruguay sono una vergogna”.
"Meglio una squadra di undici Suárez che una di undici Chiellini. Le nove giornate e i quattro mesi di squalifica all’attaccante dell’Uruguay sono una vergogna”. Con oltre cento cartellini gialli, numerosi rossi e una cinquantina di giornate di squalifica in carriera, Pasquale “O’ Animale” Bruno è considerato uno dei gocatori più duri della storia del calcio italiano. Ex Lecce, Juve, Fiorentina, Hearts ma soprattutto Torino (si sente ancora granata nel cuore), Bruno è ricordato e amato dai tifosi per i modi rudi con cui faceva valere il suo ruolo di difensore nell’area di rigore. Con Maradona, Baggio, Vialli, Casiraghi, Van Basten e molti altri centravanti della sua epoca era solito prendersi a gomitate, pugni e calci per tutti i novanta minuti.
Forse nessuno meglio di lui può sottoscrivere le parole con cui Suárez ha gustificato lo scontro con Chiellini: “Sono cose che succedono in area di rigore”. “Il calcio è fatto di colpi proibiti – dice Bruno al Foglio – Ecco perché sono contro la prova tv: ci sono dai 4 ai 6 arbitri sul campo, è compito loro vedere quello che succede, quello che sfugge ai loro occhi sono problemi di attaccanti e difensori”. Quello che lo ha urtato di più dell’episodio, dice, “è stato l’atteggiamento da fighetta isterica di Chiellini: uno col suo fisico non può fare scene così. Ha simulato varie volte, si è lamentato tutta la partita. Se fossi stato Suárez gli avrei dato un pugno in faccia, altro che morso”.
Fighette isteriche era la definizione che Bruno usava vent’anni fa per gli attaccanti che si rotolavano per terra dopo gli scontri con lui. “Pensavo che Chiellini fosse un difensore duro e leale, di quelli brutti, sporchi e cattivi di un tempo. Ho dovuto ricredermi: in Inghilterra lo chiamerebbero tricky bastard”. Già, ma Suárez? “Sono rimasto colpito da come riesca a morderlo in movimento, non deve essere facile”. Sì, ma mordere un avversario non è un po’ troppo? “Ma no, io capisco tutto: la tensione della partita, la poca concentrazione che gioca brutti scherzi… ci sta”. Come ci sta anche squalificarlo, precisa, “ma non per tutte quelle partite. Il tam tam mediatico, le lacrime di Chiellini e il moralismo dei giudici della Fifa hanno privato il Mondiale di un campione”.
Protagonista di memorabili risse in campo, una volta Bruno prese 8 giornate di squalifica per avere cercato di aggredire l’arbitro che lo aveva appena espulso in un derby contro la Juventus. “In campo le botte si danno e si prendono. Per tenere a bada Maradona ho fatto di tutto, ma anche subìto di tutto. Con Van Basten ci prendevamo a gomitate a palla lontana. Eravamo uomini. Certo, qualcuno faceva la fighetta isterica, ma sempre meglio delle fighette senza dignità di oggi”. Dare gomitate a palla lontana fa parte del gioco? “Ma certo! Un colpo proibito non è contro il fair play”. E allora cosa lo è? “Giocare senza palle come hanno fatto gli Azzurri, quello è un insulto al fair play. Quando ho visto il nuovo colore della cresta di Balotelli mi è venuto un infarto. Dovresti piangere per avere giocato senza carattere, non pensare al colore dei capelli”.
Prima di chiudere la carriera da professionista, Bruno ha giocato un anno in Scozia, dove si è fatto subito amare dai tifosi per la sua grinta e la sua irruenza: “Io sono per il calcio fisico, duro”, ribadisce. Giocatore che ha sempre detto quello che pensava, mai violento fuori dal campo (“si dovrebbe prendere esempio dal rugby: in partita ci si mena, poi a bere insieme”), oggi Bruno è opinionista e agente sportivo. Al suo esordio in serie A con il Torino venne subito espulso per una gomitata a un avversario che gli aveva sputato addosso. Nel derby che gli costò cartellino rosso e squalifica à la Suárez, dovettero tenerlo in cinque per impedirgli di avvicinarsi all’arbitro. “Quando mi ha fatto vedere il cartellino rosso sono rimasto a bocca aperta, come un merluzzo – disse allora – Poi ho capito, mi sono fatto sotto e mi hanno trascinato via. Senza l’intervento di Lentini forse avrei finito la carriera”.
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