Matteo e Angela
Miracoli del Belgio, giochi senza frontiere del governo, nomine, in vino veritas di D’Alema.
Strano posto, il Belgio. Piccolo, in apparenza insignificante, ma sempre crocevia della storia europea. Fu qui, a Waterloo, che il più grande stratega di tutti i tempi, il generale Napoleone Bonaparte, conobbe la sconfitta e il declino. Era il 18 giugno 1815. Passano i secoli, i generali non sono più quelli di una volta – al posto di Napoleone e Wellington ci sono Renzi e Merkel – ma il Belgio continua ad essere epicentro del fatto e disfatto d’Europa. E’ sempre giugno, il calendario segna venerdì 27, l’anno è il 2014 e l’ora è quella del mattino: un vertice tra Matteo e Angela mette a posto una faccenda e apre un mezzo pasticcio. Jean Claude Juncker sarà di nuovo presidente della Commissione Ue, il Ppe incassa, Renzi e Hollande avranno (forse) meno austerità, ma oltre la Manica, ladies and gentlemen, c’è un problema: David Cameron non voleva Juncker, ha perso la partita e gli inglesi nel 2017 hanno un referendum che chiede “volete restare o uscire dall’Europa?”. Gin, tè, whisky e pancetta sono assicurati lo stesso e questo per gli inglesi è sufficiente.
Settimana di Giochi senza frontiere. Comincia sabato 21 giugno con Renzi che va all’Eliseo e trova la tavola delle nomine già apparecchiata da Hollande e Schultz: andare incontro alla Germania, dire sì a un bis di Juncker e provare ad ammorbidire i vincoli sul bilancio. Meglio i soldi che una poltrona. Il premier italiano abbozza e si va tutti a recitare la parte del grande scontro che in realtà è la richiesta lo sconto. In patria nel frattempo c’è un caso che è un casotto e si chiama immunità. E’ prevista anche per il nuovo Senato, ma è figlia di nessuno. Tutti negano. Caspita, capita? Nessuno ha visto, sentito, approvato. Renzi non difende il provvedimento. Nel Pd volano gli stracci. L’unico che ha il gusto della provocazione – e fa una mossa politica per stanare i tartufones - è Roberto Calderoli che alle 19 e 08 lancia la palla infuocata: “Come relatore mi sento di fare una proposta e di verificare l'eventuale condivisione: togliamo l'immunità sia a deputati che a senatori”. Silenzio. Rumore. E’ provocato dal risveglio di Fabrizio Cicchitto che alle 12 e 37 di domenica (22 giugno) detta alle agenzie: “Forse i socialdemocratici europei cominciano a svegliarsi sulla politica economica. Finora erano stati del tutto subalterni con la Merkel”. E’ tutto uno stormir di fronda europea, un cinguettìo che sa di Bruxelles, è l’avvio del semestre italiano in Europa. Lunedì, 23 giugno, alle ore 10 e 32, Renzi riceve la Conferenza dei capigruppo del Parlamento europeo. Alle 11 e 47 Gianni Pittella informa le masse: “Juncker va bene, è scelto dal popolo”. Alle 12 e 22 a Palazzo Chigi entra un comunista serio: è Meng Jianzhu, segretario della Central Politics and Law Commission del Partito Comunista Cinese. Business della Grande Muraglia. Poi è il turno di Erna Solberg, premier della Norvegia.
Fermi tutti, accadono cose grosse, alle 14 e 12 parla Grasso. Il presidente del Senato dice che “serve maggiore flessibilità nel patto di stabilità”. Sempre cose inedite dal pulpito di Palazzo Madama. Basta chiacchiere. Si passa all’azione. Renzi martedì 24 giugno spiega la linea al Parlamento: “Non alziamo la voce, ma l’asticella delle ambizioni. Dall’Ue esca un accordo complessivo sulle nomine. A Montecitorio parte l’Inno alla Gioia di Beethoven quando Raffaele Fitto annuncia: “Rispetto l’impegno con gli elettori, vado in Europa”. Nomi italiani per gli incarichi che contano? Federica Mogherini fa giri di prova per catturare la poltrona della politica estera. Come? E D’Alema? Fa il vino, in papillon, cribbio. E Letta? Lo zio manovra, il nipote spera. Renzi twitterà ancora #enricostaisereno? Brividi. Il Corriere della Sera si spende per lui alla presidenza del Consiglio europeo. Basterà? Servirà al peggio? E se fosse, antani, una supercazzola? La risposta arriva alle 17 e 27 di venerdì: “"Non è mai stato fatto il nome di Letta per la presidenza del consiglio europeo". Firmato Matteo Renzi. Lo zen è per sempre.
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