Israele pensa all'escalation militare contro Hamas
I funerali dei tre ragazzi e il messaggio al gruppo palestinese: “Troveremo i colpevoli vivi o morti”.
Roma. C’è stata un’accesa discussione durante il Consiglio dei ministri israeliano durato tre ore nella notte di lunedì su come reagire all’uccisione dei tre ragazzi rapiti da due membri di Hamas. La destra dell’esecutivo chiede un’operazione militare massiccia per punire Hamas e danneggiare in profondità le capacità del gruppo e anche l’allargamento degli insediamenti; altri – incluso il primo ministro Benjamin Netanyahu – non vogliono correre e preferiscono per ora una risposta più calibrata. Durante la riunione il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, ha fatto la domanda che in questi giorni è sospesa su tutto il paese: “Vogliamo davvero una guerra con Gaza adesso?”. Il ministro dell’Economia, Naftali Bennet, uno dei più duri, ha risposto che la guerra con Gaza è ormai inevitabile. “E’ meglio se siamo noi quelli che cominciano”. Bennet ha presentato una lista delle otto azioni che Israele potrebbe intraprendere contro Hamas che include un attacco militare, il congelamento dei fondi di Hamas in Cisgiordania, un aumento delle costruzioni israeliane in Cisgiordania e l’istituzione della pena di morte per terroristi processati da una corte militare. Secondo i giornali israeliani, la riunione ha prodotto un documento di dieci proposte che però non saranno necessariamente adottate e quindi è stato inconcludente. Ieri sera c’è stata una seconda riunione straordinaria dell’esecutivo, dopo la celebrazione nel pomeriggio dei funerali dei ragazzi. “Avete insegnato al mondo una lezione: che cos’è il pianto di una madre”, ha detto durante la cerimonia funebre Netanyahu, che davanti a decine di migliaia di israeliani ha parlato di giornata di dolore nazionale. “Anche l’abbraccio più forte della nazione non può eliminare il dolore, l’angoscia che rimarrà nei vostri cuori molto dopo la fine del lutto ufficiale”. Lunedì il primo ministro ha indicato in Hamas il colpevole e ha annunciato: “La pagherà”. Ieri ha aggiunto: “Troveremo chi ha rapito e assassinato i tre ragazzi e chi li ha aiutati. Vivi o morti”. I due assassini sono fuggiti – secondo le informazioni più aggiornate – nella Striscia di Gaza.
Ieri è stato reso pubblico l’audio di due minuti della telefonata fatta il 12 giugno da uno dei tre alla polizia, pochi minuti dopo il rapimento. I sequestratori gridano di stare giù, in israeliano con pesante accento arabo, e un ragazzo tenta di dare l’allarme sottovoce nell’apparecchio: “Siamo stati rapiti”. La radio dentro la macchina passa un’intervista con il deputato Shelly Yachimovich. Poi ci sono rumori confusi, forse colpi di pistola, i due uomini di Hamas hanno scoperto che c’era una chiamata alla polizia in corso e hanno ucciso i ragazzi per poi scappare verso la Striscia. La maggior parte della telefonata registrata è senza voci.
A trovare i corpi dei tre ragazzi è stato un gruppo di volontari che si è fatto dare alcune informazioni di partenza dai militari e però ha deciso di adottare un modello di ricerca poco ortodosso, cercando di immedesimarsi nei rapitori (diverso da quello dei militari, che hanno setacciato la zona ma in file ordinate). Il gruppo, formato da una ventina di civili, ha trovato i resti in meno di due giorni
A Gaza la leadership di Hamas è entrata in modalità “guerra”, è sparita e non si fa più vedere né contattare dai giornalisti, per paura di essere rintracciata dagli israeliani. Aveva già cominciato a farlo durante i 18 giorni di ricerche dei ragazzi, ma adesso teme l’escalation. Il gruppo ha evacuato le sue installazioni militari conosciute – colpite lunedì notte da 34 raid aerei israeliani. Gli osservatori sono concordi nel ritenere che entrambe le parti, Hamas e gli israeliani, sapevano che i bombardamenti non avrebbero fatto vittime. Il gruppo palestinese ha risposto con lanci di razzi, sedici lunedì, almeno altri cinque ieri durante i funerali.
Secondo il sito al Monitor, i ranghi di Hamas sono entrati in contatto con capitali arabe ed europee per creare un fronte diplomatico che faccia pressione internazionale e chieda a Israele di trattenersi da un’operazione militare in grande stile (tra i contattati ci sono sicuramente la Russia, il Qatar, il Kuwait, la Malesia). Lo stesso sta facendo l’Autorità nazionale palestinese. Israele, mentre pensa alla possibilità di una escalation, preme sull’Autorità palestinese perché rompa l’alleanza di governo stretta di recente con Hamas. Per raggiungere questo obiettivo, anche Gerusalemme sta ricorrendo a intermediari internazionali (tra loro: l’Unione europea).
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