Giustizia bling bling
Hanno tagliato la testa a un re e messo in carcere un imperatore. Hanno inventato lo stato moderno e les affaires: li si può capire dunque che siano particolarmente sensibili quando stato e affari si incrociano.
Hanno tagliato la testa a un re e messo in carcere un imperatore. Hanno inventato lo stato moderno e les affaires: li si può capire dunque che siano particolarmente sensibili quando stato e affari si incrociano. De Gaulle che aveva una concezione alta della politica e sprezzante degli affari mise in Costituzione lo scudo a protezione della figura centrale, nevralgica del presidente: non perseguibile, non processabile, nemmeno convocabile. Al più, se proprio ci tiene, può dire al giudice di andare a trovarlo all’Eliseo, offrirgli un tè e farci quattro chiacchiere. Per tutto il tempo del mandato, il presidente è messo in condizione di governare pienamente, non subisce interferenze da nessun altro potere e risponde solo di alto tradimento. Una volta finito il mandato però, torna fra i comuni mortali. Da presidente Jacques Chirac è stato al centro di varie inchieste per finanziamento illecito e assunzioni fittizie quando era sindaco di Parigi: non rispose nemmeno alle convocazioni dei magistrati, mentre per gli stessi reati veniva condannato, anche alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, il suo braccio destro nonché ex primo ministro Alain Juppé. Ma appena terminato il mandato presidenziale, la procedura riprese e Chirac venne condannato. Scatta allora una sorta di fair play repubblicano: non si infierisce, nessuno agita torve manette, si ammette che essere stato al centro del prestigio e dell’eccezionalità della Francia sia comunque servizio reso alla collettività anche quando si è stati mediocri e magari impopolari.
Nicolas Sarkozy è il primo ex presidente verso cui non è stata usata alcuna cortesia se non quella di andarea prenderlo a casa per portarlo in stato di fermo negli uffici giudiziari di Nanterre. C’è, in questo comportamento volutamente provocatorio e un po’ villanzone, l’affermazione di indipendenza del giudice istruttore contro il procuratore obbligato ad attenersi alle linee guida della Cancelleria. E c’è probabilmente la rivalsa di larga parte dell’opinione pubblica, giornalisti in testa, contro una personalità debordante, che ha costruito reti di potere che difende in modo aggressivo. E per giunta è ancora giovane e potrebbe correre di nuovo per l’Eliseo.
Per quanto criticati come leader e avversati come presidenti, nessuno dei cinque predecessori di Sarkozy è stato trattato così. E dire che furono tutt’altro che santi. De Gaulle usò con un cinismo, che oggi il buonismo dominante definirebbe rivoltante, tutti i poteri a sua disposizione per fare e disfare regimi compiacenti in Africa: servizi segreti ufficiali e ufficiosi, ricatti, forza corruttrice dei soldi e del petrolio. Venne meno alla parola data non solo ai francesi d’Algeria ma anche al capo dell’opposizione marocchina rifugiato a Parigi che fu impacchettato e consegnato al boia del re Hassan in nome dell’interesse superiore della Francia: i magistrati indagarono ma l’inchiesta si fermò alle porte dell’Eliseo.
Con Georges Pompidou, emerse un nuova razza di gollisti, les copains e les coquins, amici e furbacchioni che si infilavano tra le pieghe della politica per fare gruppo, cordata, clan e pacchi di soldi nell’edilizia. Contro il presidente non venne fuori nulla, i suoi nemici nel partito provarono a sfruttare il coinvolgimento della moglie in una festa osée in cui morì la guardia del corpo di Alain Delon. Pompidou si ammalò, si dimise da presidente e morì poco tempo dopo. Mitterrand commise abusi di potere a raffica, mise il figlio a dirigere la politica africana e gendarmi a lui fedeli a protezione della sua doppia vita e a spiare e intercettare presunti avversari, in pratica il tout Paris. A inquinare gli ultimi anni del suo potere venne pure uno scandalaccio fra soldi e petrolio. Se ne andò subito, prima che qualche magistrato gli potesse chiedere conto: i francesi comunque perdonarono e lo consegnarono alla storia come un grande presidente. Giscard dimenticò di protocollare i diamanti avuti in regalo da un satrapo africano, almeno così disse: probabilmente se li era presi, per vanità più che per cupidigia. Una campagna di stampa, martellante e acida, lo obbligò a non ricandidarsi. Era stato il vero modernizzatore del paese: sarà, insieme a Sarkozy, il solo presidente che non è riuscito a farsi rieleggere. Giscard almeno fu a suo modo perdonato, ha continuato a fare politica e a essere voce non ininfluente in Europa. Sarkozy, no, molti francesi ce l’hanno ancora sullo stomaco, non solo i giudici. Può consolarsi però. Colui che lo sconfisse due anni fa sembra andare dritto sparato verso un destino ben peggiore. Dove non ci saranno nemmeno i magistrati ma solo l’oblio.
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