Vincerà l'Argentina, perché Messi ha smesso di fare il bravo bambino
Vincerà l’Argentina. Perché Lionel Messi è cresciuto. Non in altezza. Ma in sostanza. Gli abiti che aveva gli vanno sempre più stretti. Non ci sta più a fare la vittima di difensori frustrati e incarogniti.
Vincerà l’Argentina. Perché Lionel Messi è cresciuto. Non in altezza. Ma in sostanza. Gli abiti che aveva gli vanno sempre più stretti. Non ci sta più a fare la vittima di difensori frustrati e incarogniti, benché protetto da una Federazione internazionale che ha bisogno dei suoi piedi per il business e del suo sguardo da fesso per quella triviale rassegna che è il premio Fair play. E’ probabilmente il calciatore meno ammonito della storia, ora ha deciso di scalciare, mira alle caviglie e anche da dietro: ha capito insomma che il talento è niente senza una buona dose di animalità. Forse perché è guarito dalla leggera sindrome autistica, oggi vede anche gli altri essere umani non solo l’erba e la palla, ha capito che il male è vicino, e allora mena, meglio ancora se per primo. Quattro falli di cui un paio da ammonizione in una sola partita non si erano mai visti nella sua carriera: oggi Messi ha gli attributi che servono per essere il capo di una banda armata di cattiveria.
Vincerà l’Argentina perché è anche in forma fisica smagliante. Le gambe, più leggere che negli ultimi tempi in Catalogna, mulinano alla consueta velocità, ovvero al di fuori della portata umana. Il tiro è preciso, forte, la palla gira che è una meraviglia, lambisce pali e traverse, disegna traiettorie assassine. Anche Robben è uno che agita vorticosamente gli arti inferiori, ma ha bisogno di tempo per mettersi in posizione e di spazio per tirare. Messi no, sposta difensori a grappoli e gli basta un pertugio minimo per infilarla dentro, il più delle volte ci si chiede come ha fatto, dove è passata la palla: da solo ha risolto la pratica iraniana, assicurato la vittoria contro la Nigeria, sfornato in extremis l’assist che agli ottavi ha affondato la Svizzera. La frenesia individuale di Robben stinge nel superomismo, si vede il bambino cresciuto a bistecche e integratori che non perdona i vinti quando sono già a terra, come la stanca, avvilita Spagna. La frenesia di Messi invece è del bambino sottosviluppato, ipoalimentato che vuole crescere, è ribellione contro il destino, per questo è risolutrice, definitiva. Salvifica.
L’Argentina vincerà pur avendo perso un eccelso faticatore come Angel Di María perché dispone ancora di una batteria offensiva senza uguali, di un regista arretrato come Mascherano, tornato ai livelli del miglior Barcellona. E difensori rocciosi. E’ vero che fin qui non ha incantato, i fini intenditori rimpiangono l’Argentina del 1978, dicono che questa va a strappi, non gioca fluido: si dà il caso però che siano i soli ad aver vinto sempre, ad andare avanti senza mai passare per i calci di rigore. L’Olanda invece i rigori li ha addirittura pianificati: è accortezza manageriale ma anche il segno di una convinzione non assoluta nella propria forza.
L’Argentina vincerà nonostante il suo allenatore, Sabella, più improbabile di Maradona. Porta completi blu da funzionario statale, cravatte che nemmeno Gianfranco Fini, dicono che stia molto a sentire lo spogliatoio e Messi fra tutti, è un vero democristiano della terra alla fine del mondo.
Vincerà l’Argentina, perché questo è scritto. E non capisco proprio come si possa tifare per gli ugonotti con la scusa banale che sono europei: in verità sia loro che i tedeschi sono ben più lontani da noi di quanto lo siano argentini e brasiliani. E per di più ci vogliono tenere a pane e sardine per una buona trentina di anni. Ma che vadano a farsi fottere.
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