Noia e rigori, l'Argentina va in finale
Vince la squadra che si è difesa di più, questa volta il poco coraggio non premia l’Olanda di Van Gaal. 0-0 dopo 120', il portiere Romero decisivo sui rigori.
Una noia bestiale. I 120 minuti della seconda semifinale del Mondiale (0-0, pochissimi tiri in porta, nessuno pericoloso) possono essere riassunti così. Olanda e Argentina si studiano talmente a lungo che la partita diventa esercizio di onanismo calcistico. Già detto che gli olandesi non sembrano olandesi, i sudamericani giocano incredibilmente bene, ma solo nella metà campo difensiva. Lo schema della squadra di Sabella è: difendiamoci, mandiamo qualche palla là davanti e Messi qualcosa combinerà. Quando nel secondo tempo Messi batte un calcio di punizione dalla fascia destra spedendo il pallone troppo altro e troppo laterale, il pubblico che ancora non è caduto narcotizzato capisce che non c’è niente da fare. Robben non salta mai l’uomo, Mascherano gli morde chiappe e caviglie in continuazione, prova a spostarsi, accentrandosi e arretrando, ma niente. Van Persie anemico, perde tutti i contrasti, si fa anticipare sempre di testa, fa falli inutili o finisce in fuorigioco. Il campo pare immerso in una nebbia soporifera, probabilmente alzata dalla pioggia che cade sfacciata bagnando pubblico, pallone e scarpette che diventano troppo pesanti per azzeccare anche un solo passaggio.
Gli Arancioni giocano meglio, tengono palla, fermano gli attaccanti argentini, ma non concludono mai. A chiunque entri in campo viene somministrato un sonnifero che ne piega volontà, forza e precisione. Se quella tra Germania e Brasile sarà ricordata come quella con il risultato più clamoroso di sempre in una semifinale, questa probabilmente è sul podio dei match più noiosi dal 1899 a oggi. I supplementari cominciano sulla stessa falsariga, i cori dei tifosi vengono sostituiti dal ronzio dei respiri assonnati. I figuranti in costume non riescono più a trasmettere entusiasmo quando vengono inquadrati. Tra primo e secondo tempo Krul, il portiere di riserva eroe dei quarti di finale con la Costa Rica, si allena a parare rigori. Tutti lo interpretano come un segno. Ma quando al 5’ del primo tempo supplementare Van Gaal esaurisce i cambi mettendo Huntelaar per il fantasma di Van Persie per Krul si chiudono le porte della eventuale gloria. Un presagio? Forse l’Olanda ha deciso di vincerla prima del 120’?
Al 7’ del primo supplementare ecco il primo tiro degno di nota, Robben da lontano, ma vanno più forte le gocce di pioggia. Ci avevano detto che sarebbe stata una partita ravvicinata nel risultato, bloccata e senza molte emozioni. Ma così è troppo. Il pubblico cerca di scaldarsi (nel frattempo si è alzato il vento) all’inizio del secondo tempo supplementare. Vengono immediatamente zittiti dal ritmo lento della partita. Sempre uguale: l’Olanda prova a costruire, l’Argentina distrugge. Messi ha smesso di giocare a metà del primo tempo, arranca e non illumina. Sneijder non azzecca un lancio. C’è troppa paura di sbagliare, e forse il suicidio del Brasile 24 ore prima ha qualche colpa in tutto ciò. A 5’ dalla fine Palacio ha l’occasione di porre fine all’agonia, ma colpisce loffio da un metro con la testa tra le braccia di Cillessen in uscita. Nessuno vuole rischiare. E l’epilogo naturale sono i calci di rigore. L’Olanda sbaglia il primo, Messi non fallisce il suo. Sneijder sbaglia il terzo rigore, il resto è cronaca per il tabellino dell’arbitro. Finisce 4-2. Va in finale la squadra che si è difesa di più, questa volta l'attendismo non premia l’Olanda di Van Gaal. I tedeschi comunque devono aver sorriso davanti al televisore. Gli unici olandesi che piangevano a fine partita erano i bambini in tribuna. Più di tutti il figlio di Robben.
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