Sembra Wimbledon, ma è solo Renzi che prova uno smash

Mario Sechi

Per una Errani (Sara) che vince c’è un Errani (Vasco) che perde. Il presidente della Regione Emilia Romagna, condannato in Appello, si dimette (martedì 8 luglio, ore 13 e 57).

Wimbledon. Vinci e Errani alzano la coppa al centrale, Renzi esulta e retwitta (sabato 5 luglio) il trofeo. Dritto e rovescio. Per una Errani (Sara) che vince c’è un Errani (Vasco) che perde. Il presidente della Regione Emilia Romagna, condannato in Appello, si dimette (martedì 8 luglio, ore 13 e 57). Il Pd è un mutante: garantista con Errani, manettaro con l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. E’ una settimana di assoluzioni e dissoluzioni, riforme e controriforme, dialoghi aperti e chiusi, Grilli per la testa, appunti e disappunti e, signora mia, lo spread è tornato a quota 176 e vi prego ditemi che il Portogallo non salta e in sala trading non si suda.  

 

Wimbledon. Domenica 6 luglio nel singolo maschile Federer e Djokovic fanno la storia sull’erba di Londra, mentre sulla terra battuta di Roma il Movimento 5 stelle viene invitato da Renzi a scrivere qualcosa di più articolato di un vaffanculo: sì o no alle riforme? Non è poi così complicato, ma tra i pentastellati si apre lo psicodramma: “Siamo sorpresi, stiamo valutando” (Agi, ore 20 e 53). Tutti a nanna. La mattina di lunedì 7 luglio Luigi Di Maio annuncia: “Alle 15 ci vediamo con il Pd”. Alle 10 e rotti il blog di Grillo conferma l’evento: “Diretta streaming”. Stop! Fiammeggiano gli occhi di Alessandra Moretti: “Per quanto ne so io l’incontro non ci sarà”. Testo scritto, please. Mezzogiorno di fuoco, Di Maio dice che “la richiesta è ridicola”. Mentre Giorgio Napolitano parla della Grande guerra come un profeta (“la pace non è solo assenza di guerra”, ore 12 e 15 da Sveta Gora, in Slovenia) tra i grillini s’apre la guerricciola del vaffa-anch’io-no-tu-no. Di Maio: “Ho parlato con Guerini, ma d’ora in poi parlo solo con Renzi”. E Grillo che fa? Eccolo, postprandiale, rutto libero: “Pd vigliacco e non democratico!”. Alle 16 e 40 Renzi twitta: “Non è uno scherzo, sono le regole! Chiediamo un documento scritto per sapere se nel M5s prevale chi vuole costruire o solo chi urla”. Alle 20 e 35 Napolitano esce dalla trincea del 1914 e torna nel presente: “Auspico riforme senza ulteriori rinvii”. Dodici minuti dopo sul blog di Grillo compare la risposta scritta a Renzi: ecco i nostri sì. Tra il clown (Grillo) e il cloud (Casaleggio) vince la linea del secondo.  

 

[**Video_box_2**]Wimbledon. E certi ricordi sotto rete. Renzi che prova lo smash. Martedì 8 luglio Di Maio fa una seduta spiritica su Twitter: “Ora il Pd batta un colpo”. S’ode un rumore cingolato. E’ il capo della divisione panzer renziana, Maria Elena Boschi: “Non siamo preoccupati per i numeri, nessuna settimana di riflessione, tre mesi sono bastati”. Zac! Giornata decisionista. Si capisce alle 13 in punto, quando Renzi a Venezia entra in modalità Doge: “Porto a casa le riforme, piaccia o meno ai signor no”. Intanto la commissione Affari costituzionali del Senato va come una gondola, ogni tanto si ferma, sembra sul punto di rovesciarsi, ma alla fine va. Mercoledì 9 luglio entra sabbia negli ingranaggi delle riforme. La presidente della Commissione, Anna Finocchiaro, chiede di fare in fretta e affrontare subito in Aula il testo. Grasso convoca i capigruppo. Renato Schifani alza il ditino: “Non strozzare il dibattito…”. Grasso alle 12 e 10 annuncia trionfante: “Domani alle 16 il disegno di legge sarà in Aula!”. Alle 13 e 03 Pier Luigi Bersani molla per un attimo la pompa di benzina ed entra in officina: “Serve un’aggiustata”. Alle 18 e 35 la Finocchiaro è ottimista: “Conto di finire tutto in serata perché domani tutti i senatori siano in grado di disporre dei documenti per i lavori d’Aula”. Alle 19 Maria Elena Boschi quasi ha i lucciconi: “E’ un momento di responsabilità per tutti”.

 

Wimbledon. E’ una partita politica da fondo campo. Il Borg delle riforme è Roberto Calderoli. Alle 12 e 40 di giovedì 10 luglio dichiara: “L’elezione dei senatori è una roba che neanche in Russia…”. Alle 18 e 30 sentenzia: “Ora sul Senato c’è un testo democratico”. E’ venerdì, il giudice di sedia apre il suo taccuino, il torneo riprende lunedì. Punto. Set. Partita. Come a Wimbledon.
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