Le illusioni perdute del matrimonio-ombra, troppa realtà fa male
Non un accordo prematrimoniale, né un addio al celibato (non ci sono donne nude che escono dagli armadi, nè pali per la lap dance), ma una serata in cui, in presenza degli amici più cari, dire un po’ di verità, confessare nevrosi, delusioni, e paura di non riuscire a mantenere le promesse.
Un tappeto di gomma, di quelli da lotta, e sopra, uno di fronte all’altro, gli sposi: non in abito da cerimonia, niente bomboniere, violini, genitori in lacrime. Solo qualche amico, un po’ di birre e la ferma convinzione di dirsi tutto, adesso, perché tra qualche settimana bisognerà tagliare una torta a sette piani e farsi promesse piuttosto impegnative dentro una giornata fuori dalla realtà, con il terrore di inciampare nello strascico e la tentazione di sembrare una principessa Disney. Invece un po’ di giorni prima, stremati dai preparativi per le nozze ma ancora lucidi, e probabilmente non giovanissimi, non troppo innocenti, può essere il momento giusto per celebrare “un matrimonio-ombra”. Non un accordo prematrimoniale, né un addio al celibato (non ci sono donne nude che escono dagli armadi, non ci sono pali per la lap dance, non c’è nessun uomo muscoloso vestito da pacco regalo), ma una serata in cui, in presenza degli amici più cari, dire un po’ di verità, confessare nevrosi, delusioni, e paura di non riuscire a mantenere le promesse.
L’Independent ha raccontato che un matrimonio-ombra è stato inventato e celebrato per la prima volta a San Francisco, nel giardino sul retro della casa in cui i due promessi sposi già vivevano insieme: hanno comprato apposta un tappeto da wrestling, ci sono saliti sopra vestiti come ogni giorno, come ogni sera d’estate trascorsa a casa, e si sono detti le cose che non sono ammesse durante una cerimonia con i cugini di terzo grado, la zia suora e i figli degli amici che fanno da paggetti. Lui le ha detto che sarà difficile esserle fedele, con la voglia che ha di condividere la sua energia sessuale con tutte le donne del mondo, lei gli ha detto che dovrà confrontare l’uomo di fantasia, che esiste solo nella sua mente, con l’uomo che ha di fronte e le sue cadute di stile. Non si sono lasciati, non si sono picchiati come a un vero incontro di wrestling, ma si sono sentiti meglio, e hanno trasformato in un business questa paura che ci prende di non riuscire a corrispondere alle aspettative, l’ansia che ci dà l’idea di vivere in una favola, con il principe azzurro che suda per il nodo della cravatta troppo stretta, e la principessa con i capelli pieni di perle che presto rotoleranno sul pavimento. “La parte migliore del nostro matrimonio-ombra è venuta dopo che ci siamo detti tutte le cose brutte su di noi”, ha raccontato la sposa-ombra, poi sposa-luce, “sentirsi dire: so che sei così, ma ti amo lo stesso, ti voglio sposare lo stesso è più potente di un banale e tradizionale sì”. Non è come nelle favole, e nemmeno come nei film in cui lui le chiede di sposarlo elencando la serie di difetti e pregi, il modo di arricciare il naso, di ordinare al ristorante, il modo di rannicchiarsi sul divano per vedere un film, tutte le cose che lo hanno fatto impazzire e con cui vuole continuare a svegliarsi ogni giorno. Il bagno di realtà è liberatorio, forse, ma anche un po’ avvilente: non avevi detto che ero speciale? E allora perché, adesso, stai in ciabatte su un tappeto di gomma a dirmi quanto mi stanno male i capelli? Sposati quell’altra, è meglio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano