Barack Obama (foto LaPresse)

Il mondo è difficile, dice Obama, leader senza strategia

Paola Peduzzi

Le alternative disastrose fra razzi, separatisti e califfati. Date un’occhiata ad Aleppo. La Casa Bianca ha una capacità straordinaria: riesce sempre a trovarsi in situazioni in cui ogni alternativa alla strategia in corso diventa tutt’a un tratto problematica.

L’Amministrazione Obama ha una capacità straordinaria: riesce sempre a trovarsi in situazioni in cui ogni alternativa alla strategia in corso diventa tutt’a un tratto disastrosa. Accade in queste ore con la Russia, dopo l’abbattimento dell’aereo di linea malese: se viene accertata la responsabilità di Mosca nella fornitura di armi ai filorussi, che cosa farà Barack Obama? Al dipartimento di stato americano sostengono ormai da tempo che è necessario “togliersi i guanti” con Mosca (e anche più in generale), ma soltanto qualche sera fa il presidente ribadiva che il mondo è ben più complesso e difficile da gestire di quel che i commentatori possano immaginare. E’ vero, certo, ma se la percezione di quella difficoltà diventa paralizzante, allora il commander in chief ha un problema. Da ormai due anni Obama non fa che utilizzare cautela e piccoli passi come strategia per affrontare il mondo: la guerra non è mai una soluzione, la guerra fa parte di un costrutto mentale-strategico che risale agli anni bushiani, oggi viene prima di tutto la pace, a qualunque costo. L’inazione sta determinando conseguenze irreparabili ma è ancora possibile cambiare passo? Cioè, può un presidente che ha sempre escluso a priori ogni azione militare modificare ora la sua inclinazione?

 

Ci sono alcune aggravanti. A cominciare dalle armi. In pochi giorni abbiamo scoperto che Hamas lancia razzi con una gittata ben più lunga di quanto immaginassimo. Da dove arrivano? Quanto pesa l’Iran nel finanziamento di Hamas e quanto invece si sta stabilizzando anche nella Striscia lo Stato islamico di Abu Bakr al Baghdadi? Le fonti di intelligence dicono che entrambe le piste sono plausibili. Abbiamo scoperto che anche i filorussi, nell’est dell’Ucraina, sono dotati di armi sufficienti da farli esultare per “aver abbattuto un aereo”: siamo portati a credere che sia stato un errore e che nessuno avesse intenzione (né interesse) di fare una strage di civili. Ma che cosa ci facevano lì gruppi di separatisti di varia natura equipaggiati quasi come un esercito regolare?

 

La strategia è instabile, ma anche gli aspetti militari sono poco rassicuranti. C’è un posto nel mondo in cui l’Amministrazione Obama dà il peggio di sé: la Siria. Tutto quel che di peggio poteva accadere, tra linee rosse violate e gaffe fatte passare come strategia è accaduto in Siria. Ora c’è la battaglia di Aleppo: il regime di Bashar el Assad da settimane si prepara alla riconquista della città del nord che fin dall’inizio della crisi rappresenta e accoglie la resistenza dei ribelli siriani. Ora anche lo Stato islamico ha deciso di andare allo scontro finale in Siria per dichiarare la superiorità del califfato su tutti gli altri attori della regione, e ha scelto Aleppo come il campo di battaglia privilegiato. Per lo Stato islamico i nemici sono Assad e i ribelli, cioè tutti quelli che si oppongono alla sua avanzata. Tra i due è più facile che a soccombere siano i ribelli, che infatti stanno già chiedendo aiuto alla comunità internazionale: sono male equipaggiati, male addestrati, affamati, e dovrebbero scontrarsi contro Assad e al Baghdadi. Possono vincere? Difficile, ma anche in questo caso le responsabilità sono dell’Amministrazione americana che sul rifornimento di armi ai ribelli s’è spaccata, riunita, rispaccata, riunita e infine ha consegnato poco o niente. Assad intanto ha festeggiato per l’inaugurazione del terzo mandato, le sue foto sorridenti hanno fatto il giro del mondo. I suoi sostenitori, i russi e gli iraniani, ora sono impegnati su altri fronti, non hanno esitato a mandare le loro congratulazioni.

 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi