Il Papa e “i fratelli cacciati”

Nel Califfato bruciano le chiese, l'esodo cristiano da Mosul è compiuto

Matteo Matzuzzi

“Non ci sono più cristiani”. Béchara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, chiede: “Che dice l’islam moderato? “Nasara”, il marchio d’infamia.

Dopo Mosul, Qaraqosh. Dopo il vessillo nero dell’Isis issato sull’arcivescovado caldeo di Mosul, l’esercito del califfo al Baghdadi ha occupato l’antico monastero di Mar Behnam, sfrattando i tre monaci siro-cattolici custodi del sito e le poche famiglie che entro quelle mura avevano trovato rifugio. “I miliziani hanno anche chiesto di lasciare le chiavi”, ha detto all’agenzia Fides l’arcivescovo siro-cattolico di Mosul, Yohanna Petros Moshe. Edificio che ora diventa di proprietà dello Stato islamico, così come il monastero di San Giorgio, la casa delle suore del Sacro Cuore, il monastero dei domenicani e quello dei siro-cattolici, da pochi giorni requisiti dal Califfato, ha confermato alla Radio Vaticana mons. Saad Syroub, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad.

 

Delle trentacinque chiese che costellano Mosul, undici sono state date alle fiamme. Nelle altre, gli altari sono stati apparecchiati con i drappi neri inneggianti alle milizie jihadiste, le statue delle madonne e dei santi abbattute. La tomba del profeta Giona ridotta in macerie a colpi di mazza. Sabato, poi, era stato dato alle fiamme l’episcopio siro-cattolico di Mosul, nelle ore in cui il patriarca Ignace Joseph III Younan si trovava a Roma per colloqui in Vaticano. “La situazione è disastrosa, non ci sono più cristiani. C’era una decina di famiglie che sono dovute fuggire, ma hanno rubato loro tutto. Li hanno lasciati alla frontiera della città, li hanno insultati, li hanno lasciati così, in pieno deserto”. Senza documenti e – in parecchi casi – senza neppure le scarpe, dopo che sulla facciata delle loro case era stato impresso il marchio nasara, “cristiano”. A quanti rimangono, nell’attesa di essere convertiti (l’alternativa è l’esilio o la punizione secondo i dettami della sharia), viene imposta la jyzia, la vecchia tassa del califfato che perfino il marcescente Impero ottomano aveva abolito alla fine del XIX secolo: quattrocentocinquanta dollari mensili da versare nelle casse dello Stato islamico, meglio se in oro.

 

Non è più tempo di “dichiarazioni vaghe”
“Occorre uscire dalle dichiarazioni vaghe; è venuto il tempo di inserire questi gruppi nella lista delle organizzazioni terroristiche condannate dagli organismi internazionali”, aggiunge un sacerdote stretto collaboratore di mons. Moshe. Ad esempio, s’è domandato il cardinale Béchara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, “che dice l’islam moderato? Non si sono ancora levate voci di denuncia” da quel mondo sempre più accreditato in occidente come canale privilegiato di un dialogo che poi, alla prova del nove, stenta a dare i suoi frutti. Domenica, durante l’Angelus pronunciato in piazza San Pietro, il Papa aveva dedicato diversi minuti al dramma dei cristiani di Mosul, invitati dal patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael Sako I, a “scappare” – dopo che per settimane lo stesso presule avesse posto l’attenzione principalmente sulla necessità di evitare la spartizione dell’Iraq tra sciiti, sunniti e curdi, con i cristiani a fare da cuscinetto nei prevedibili scontri interconfessionali. Francesco, abbandonando per qualche istante il testo dattiloscritto, ha ricordato “i nostri fratelli che sono perseguitati, cacciati via, che devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente con loro”.

 

“A queste famiglie e a queste persone – aveva aggiunto il Pontefice – voglio esprimere la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in colui che ha vinto il male”. E se il segretario generale delle Nazioni Unite parla dello svuotamento cristiano della piana di Ninive come d’un “crimine contro l’umanità”, il vescovo  ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, definisce quanto accade a Mosul “una macchia indelebile nella storia dell’umanità. Fino a oggi non abbiamo visto nessun leader politico o religioso. Mi chiedo dove sia l’Europa, dove siano gli Stati Uniti”, ha detto il presule all’agenzia Sir. “I diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall’odio”. Noi cristiani, ha detto il patriarca Sako, “amiamo i musulmani e li consideriamo fratelli, ma essi devono fare lo stesso. E’ una vergogna e un crimine cacciare persone innocenti dalle proprie case e confiscare le loro proprietà perché diversi, perché cristiani. Il mondo intero deve ribellarsi contro queste azioni abominevoli”.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.