Veglia per Israele e i cristiani
Si può e si deve reagire. Israele, lo stato degli ebrei, è costretto alla guerra per difendersi, usa l’aviazione, l’artiglieria e il coraggio dei suoi ragazzi per tutelare il suo popolo dai missili. Mercoledì sera, ore 21, davanti al Foglio, a Roma, finisce la pioggia, si accendono le torce.
Si può e si deve reagire. Israele, lo stato degli ebrei, è costretto alla guerra per difendersi, usa l’aviazione, l’artiglieria e il coraggio dei suoi ragazzi per tutelare il suo popolo dai missili. I suoi nemici di Hamas, organizzazione terrorista che ha in mano la Striscia di Gaza e predica l’annientamento dell’entità sionista, usano il loro popolo, e in particolare donne bambini vecchi e ammalati, per tutelare i tunnel e gli impianti missilistici e i depositi di armi negli ospedali e nelle scuole. E’ una differenza morale, civile e politica che spiega molte cose. Non è umano e nemmeno umanitario cedere a questo ricatto infernale. La ricerca di un compromesso politico e militare, le richieste e le realizzazioni di tregue umanitarie, sono benvenute. Nel vasto e fosco orizzonte della politica mondiale, e del ruolo tragico in essa rivestito dalla questione israelo-palestinese, stanno molte emozioni e molte opinioni, anche di segno diverso e opposto: ma non si può accettare che il mondo, nell’ora in cui l’ordine mondiale è devastato dalla riluttanza e dal disimpegno del capo degli Stati Uniti d’America e dall’impotenza dell’Unione europea, si dichiari, come ha scritto nel suo libro Giulio Meotti, Judenmüde, stanco degli ebrei. Né si può accettare di rubricare come una serie di episodi locali la sequenza di stragi di cristiani, l’intolleranza violenta nei confronti della loro libertà di culto, il succedersi di rapimenti, stupri, assassinii di chi porta la croce come vessillo di umanità, di gioia e di pace.
I bambini di Gaza sono angeli del cielo bruciati dalla furia fanatica dell’islam politico, una tendenza che presume per sé sempre nuovi confini di morte e di violenza contro gli apostati e i miscredenti. Gli uccisi di confessione cristiana, le famiglie sradicate e cacciate dalle antiche terre in cui hanno sempre praticato il loro culto, sono testimonianze di un mondo che va a rotoli: nessuno può presumere di salvarsi e di salvarlo da solo. Questo solo vogliamo dire in una notte romana non qualsiasi: ci sono cose che non possono esser accettate, e tra queste la virulenta campagna umanitaria che nasconde malamente impulsi ferocemente antisionisti e antisemiti, e l’altrettanto violenta indifferenza verso il mondo cristiano attaccato. Chi sta “alla radice della fede in Cristo”, come disse papa Ratzinger del sovrano particolarismo ebraico, e chi sta ben fermo in quella fede messianica nella resurrezione, e tutti noi che non ci muoviamo dal rispetto di comportamento e di idee laiche verso le basi del modo di vivere e amare che ha anche una caratura “occidentale”, tutti dobbiamo unirci anche solo simbolicamente, anche solo per una notte, e agitare mille torce per illuminare l’aria appestata dalla cultura di guerra del jihad e dalla spettrale invasione dei tagliagole.
Pochi o molti che saremo, saremo quelli che hanno espresso questo rifiuto, che non vogliono confusione ideologica e maleducazione intellettuale, che intendono trasmettere ai giovani europei armati di kefiah e di cattive idee, e di indifferenza verso i martiri, una cosa nuova e bella.
Il Foglio sportivo - in corpore sano