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Le parole tra noi pesanti

Giuliano Ferrara

Distinguere tra il vocabolario umanitario e le vittime di guerra. Strage, carneficina, massacro, sterminio, ecatombe, olocausto: ovunque muoiano per mano violenta esseri umani è lutto e dolore inestinguibili. C’è però un problema serio di nomenclatura.

Strage, carneficina, massacro, sterminio, ecatombe, olocausto: ovunque muoiano per mano violenta esseri umani, e tra di essi i bambini, è lutto e dolore inestinguibili (si nascondono nel tempo che passa, ma restano per sempre al nostro fianco). C’è però un problema serio di nomenclatura. I nomi non sono neutrali. Possono essere più che imprecisi, tendenziosi, magari senza neanche saperlo. Propagano ideologia, falsa coscienza. A leggere i giornali italiani nel loro registro medio, la notizia di cui si fa commercio legittimo per milioni di lettori; a guardare immagini e ascoltare corrispondenze televisive, news di ogni orientamento, di tutti gli editori, in tutte le lingue: bene, davanti a tutto questo sfoggio di termini umanitari o sacrificali o variamente apocalittici per raccontare le guerre cui Israele è costretta per difendersi, da ultima questa di Gaza, uno pensa che sarebbe più serio e più giusto e più responsabile parlare di “vittime di guerra”.

 

Cento cristiani uccisi in Nigeria: è una strage o carneficina. Famiglie colpite, annientate o scacciate dai vari Califfi del medio oriente: è un olocausto. Il martirio non è primo né secondo in una vicenda tragica umana che non sopporta classifiche. Ma è cosa precisa. A Gaza invece è in atto, dichiarata, una guerra al terrorismo, su un fazzoletto di terra superpopolato, caduto in mano a una banda di predoni terroristi che predicano e cercano di realizzare a colpi di razzi e rapimenti e infrastrutture d’attacco l’annientamento del vicino, un piccolo paese, certo ricco e tecnologicamente prospero e potente regionalmente, ma un piccolo paese condannato all’autodifesa, alle barriere, ai muri, da una inimicizia mortale che minaccia di diventare esistenziale in una situazione prenucleare ben segnalata dalla furia omicida dell’ayatollah Khamenei espressa ieri con parole dolosamente chiare.  

 

Date i nomi veri alle cose. Le vittime di guerra provocano lo sconcerto di sempre, e le loro immagini piangono da sole. Ma non sono stragi le conseguenze della guerra, non nel senso “umanitario” che dà a esse un’informazione profondamente tendenziosa e confusa. Le guerre hanno dei responsabili e delle cause, sono fatte in offesa agli altri popoli e agli altri credo oppure in difesa del proprio diritto di esistere in pace. C’è una differenza, e le parole non possono cancellarla.  

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.