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Il Cavaliere tiene

Salvatore Merlo

Sulle riforme “siamo i più leali”. I sospettucci sui cedimenti del premier e il pungolo su Padoan

Le riforme con Renzi si fanno, non ci sono ripensamenti, nessun dubbio, il patto del Nazareno sembra scritto con inchiostro indelebile, e gli uomini di Arcore ne parlano con la gravità solitamente riservata alle bandiere elettorali, a tutto ciò che compone la magmatica identità del centrodestra berlusconiano: le tasse, l’immigrazione, la giustizia… “Noi siamo leali”, dice Paolo Romani, il capogruppo di Forza Italia. “Forse siamo ‘i più’ leali”. E quando Romani aggiunge questa frase allude a tutto un complesso di cose, di subordinate, d’intese tacite, d’aspettative ma anche di diffidenze, che da poco meno di un anno collegano Arcore e Palazzo Chigi, Cesano Boscone e via del Nazareno: il Cavaliere non ha ingolfato d’emendamenti la riforma del Senato, non ha marciato sul Quirinale, ha contenuto gli strepiti dei Minzolini e delle Bonfrisco, ha avvolto di delicate sordine il tumulto di Raffaele Fitto, e dunque, come dicono i suoi più fedeli collaboratori, “con garbo pretende che ci sia anche un po’ di reciprocità”. Così, raccontano, Berlusconi ha accolto con preoccupato fastidio i segnali che Renzi ha inviato negli ultimi giorni ai partiti minori, a Nichi Vendola e ad Angelino Alfano, alla Lega e all’Udc, sulla riforma elettorale, materia di scambio con la riforma del Senato, temono ad Arcore, oggetto d’un mercato che dal punto di vista di Renzi si potrebbe semplificare così: votate per il Senato e io introduco le preferenze, e abbasso pure la soglia di sbarramento dell’Italicum per i partiti che non si coalizzano.

 

Insomma al Cavaliere talvolta capita d’osservare il premier ragazzino e di riconoscergli un’indole persino più anguillesca e ribalda della sua. E la cosa, comprensibilmente, lo preoccupa. Dunque – questo il comando di Arcore – finché Renzi ammiccherà furbamente ai dissidenti del Pd, e agli agitati di Sel, Forza Italia terrà le dita infilate tra le costole del ministro dell’Economia Padoan. Dice Anna Maria Bernini: “La riforma costituzionale va approvata, ed è grazie al nostro impegno se sta andando avanti. Ma Renzi non la usi per nascondere il fallimento delle politiche economiche del suo governo. Il Job’s Act dov’è finito?”.

 


Ed ecco Renato Brunetta che, prolifico produttore di slide, tabelle e dossier, potrebbe da solo animare l’opposizione per mesi. “Ci stiamo giustamente occupando di riforme costituzionali”, dice. “Va bene. Ma in autunno sarà la carne viva del paese a essere colpita da provvedimenti destinati, inevitabilmente, a lasciare il segno. I conti pubblici dello stato come sono messi? Non se ne parla. Urge una valutazione congiunta delle necessarie misure da prendere, senza aspettare la fine dell’estate, quando tutto diverrà più difficile e l’affanno prenderà, come sta avvenendo in Senato, inevitabilmente il sopravvento sulla necessaria lucidità. Con conseguenze ancora più devastanti”. La manovra. La terribile manovra correttiva.

 

Il Cavaliere, con i suoi ambasciatori al Nazareno, ha già detto “sì” a modifiche all’Italicum. Sono inevitabili. Ne ha accennato anche il presidente della Repubblica nel discorso del Ventaglio e riguardano, soprattutto, la soglia di sbarramento del secondo turno. Berlusconi ha già detto che va bene, e ha pure manifestato, con studiata ambiguità, disponibilità per le preferenze. Ma non si debbono toccare le soglie di sbarramento – 12 per cento per le coalizioni, 4 per i partiti coalizzati, 8 per quelli che corrono da soli. Ed è quest’ultima soglia che Alfano, Calderoli e Vendola vorrebbero abbassare. “Siamo leali, ma non siamo scemi”, spiegano al Foglio gli uomini di FI. E insomma la schermaglia è tutta qui.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.