Dieta di stato
Il banchetto delle torte è un cardine della vita sociale degli adolescenti, nonché uno dei primi esperimenti diretti intorno ai meccanismi di domanda e offerta che muovono il paese. Ma la loro vendita a scuola è l’ultima vittima dell’ideologia sugar free di Michelle Obama.
Con la vendita delle torte e altri dolciumi nelle scuole, l’America finanzia cause commendevoli, gli studenti si pagano una gita fuori porta, le cheerleader si comprano le divise nuove per incitare con più stile la squadra di football. Il banchetto delle torte è un cardine della vita sociale degli adolescenti, nonché uno dei primi esperimenti diretti intorno ai meccanismi di domanda e offerta che muovono il paese. La torta stessa è elemento quintessenziale americano.
Naturalmente è anche attività ad alto tasso glicemico e calorico, business dilettantesco basato su ingenti quantità di burro, zucchero, cioccolato, uova, ingredienti che la nonna americana dispensa senza timore ma che dispiacciono al legislatore americano, costantemente alla ricerca dell’elemento socialmente dannoso da emendare, del peccato da sradicare, della “spintarella” da dare verso l’efficienza sociale al cittadino male orientato. E più il peccato è piacevole, più in profondità va sradicato.
Cari ragazzi, vi divertite a vendere le torte? Pensatela così: i prodotti che distribuite sono il primo passo verso l’obesità, sono malattie cardiovascolari in potenza, pieni di temibili lipidi che rovineranno la vita a chi li mangia e probabilmente rovineranno anche i già traballanti bilanci dell’Obamacare, ma questa è un’altra storia. Gli ingredienti con cui vengono preparati quei dolci sono cugini dell’alcol e del tabacco, hanno diritto di cittadinanza soltanto nel sottoinsieme degli elementi intrinsecamente nocivi. Siete ancora sicuri di voler vendere le torte? Volete davvero rendervi complici del prossimo disastro umanitario già alla vostra età? Perché non virare sui frullati di frutta biologica e cracker senza sale? Le mamme ne compreranno a bizzeffe e potrete ugualmente pagarvi la gita di classe.
Dato che di questi tempi tutto ciò che è socialmente utile va promosso a forza di leggi, nel 2010 l’Healthy, Hunger-Free Kids Act ha approvato nuove linee guida per tutti i cibi serviti nelle scuole americane, inclusi quelli dei distributori automatici e pure quelli preparati e venduti in circostanze speciali. Sono stati aboliti i pop corn, le patatine fritte, il latte intero, tutti i grassi trans, il cioccolato è stato drasticamente limitato, così come il sodio, non più di 230 milligrammi per porzione di cibo. Non più del 35 per cento delle calorie di qualsiasi prodotto può provenire dai grassi, il che significa niente ciambelle, niente cookie, niente brownie, niente cupcake. Promosse invece le patate dolci cotte al forno e senza sale, una delizia. La legge, com’è ovvio, è stata spinta con foga da attivista dall’apparato ufficiale della lotta all’obesità infantile, capitanata da Michelle Obama, e all’inizio di luglio sono entrate in vigore le linee guida che impediscono di distribuire nelle scuole cibi che violano le linee guida. Non gridate però alla libertà mutilata, dice la Casa Bianca, perché sono previste eccezioni alla regola che vanno decise stato per stato.
Mandare a spasso le nonne
Si può convenire, ad esempio, che una certa scuola possa concedere dieci vendite di dolciumi proibiti all’anno, una specie di riserva indiana degli zuccheri e dei grassi dove l’ingegneria sociale antiobesità dell’Amministrazione non ha presa. Semel in anno licet insanire, recita il detto, e qui l’impazzimento è concesso ben più di una volta, cosa chiedere di meglio?
Certi stati, però, stanno pensando di seguire la regola alla lettera, e alla riapertura delle scuole gli studenti del Nebraska potrebbero essere costretti a vendere solo prodotti macrobiotici, tisane organic e dolci confezionati che rispettano gli standard dietetici. Alle nonne verrà suggerita una passeggiata salutare o un buon libro, a meno che non accettino di fare torte senza burro e sugar free, che è un po’ come fare il vino senz’alcol.
Il Foglio sportivo - in corpore sano