Una filiale del Banco de Espirito Santo a Lisbona (Foto Lapresse)

In vista degli stress test

L'esame Espirito Santo. Come si salva una banca tutelando il contribuente

Ugo Bertone

La prima banca portoghese soccorsa col metodo che piace a Draghi e all’Ue. Good e bad bank, gli oneri ai privati.

Milano. Gli scrutini per le banche europee sottoposte allo stress test arriveranno solo a ottobre. Ma le nuove regole hanno già superato quello che, nella storia finanziaria, sarà d’ora in poi noto come “l’esame dello Spirito Santo”, dal nome della banca portoghese soccorsa nel fine settimana con un metodo di salvataggio che tutela i contribuenti e fa ricadere i costi su azionisti e obbligazionisti. Esame superato a pieni voti, esulta l’analista tedesco di Berenberg, Holger Schmieding: “Questa operazione dimostra che la crisi di sistema dell’Eurozona è ormai superata. Ci possono essere episodi, ma la terapia è pronta”. Entusiasmo insolito per un banchiere, che tradisce il sollievo di Berlino per la tenuta della finanza di uno dei paesi a rischio della periferia europea. Ma largamente condiviso dai mercati che ieri mattina hanno preso atto delle novità nel salvataggio – atteso e urgente – del primo gruppo bancario portoghese quotato in Borsa, trascinato sull’orlo del baratro da prestiti avventati alla holding di famiglia.

 

La Banca centrale portoghese ha acquistato, attraverso una piccola banca statale, gli asset “buoni” di Espirito Santo per 4,9 miliardi di euro, finanziati dal Fondo rischio banche portoghesi creato con i soldi della Troika (Banca centrale europea, Unione europea e Fondo monetario) che dispone ancora di 6,4 miliardi non spesi nel momento dell’emergenza. E’ nato così il Novo Banco che, assicura il governatore Carlos Costa, sarà ceduto il più in fretta possibile, purché l’operazione avvenga a costo zero per i contribuenti. Il vecchio Espirito Santo, coinvolto con le traversie della holding di famiglia costate la bellezza di 3,5 miliardi di perdite negli ultimi sei mesi, resterà invece nelle mani degli azionisti e dei possessori di bond junior (cioè quei titoli subordinati che rendono di più ma hanno meno garanzie).

 

Magari del tutto incolpevoli delle malefatte dei manager ma comunque da punire perché “incapaci di vigilare”. Una vera rivoluzione perché, se era scontato il salvataggio di una banca “troppo grande per poter fallire” per le dimensioni del Portogallo, altrettanto non si può dire per la scelta di adottare, in piena sintonia con l’Unione europea, e dei princìpi finora più enunciati che applicati: i salvataggi bancari servono a difendere, nell’ordine, l’interesse dei bilanci pubblici e dei contribuenti e quello dei depositanti; il costo delle operazioni, invece, deve ricadere sulle spalle di azionisti, manager e portatori di obbligazioni junior, quelle più speculative. E così l’onere di far fronte alle tante partite tossiche accumulate a vantaggio della famiglia in Lussemburgo o in Svizzera piuttosto che a partecipazioni in Angola stracariche di debiti e di business problematici toccherà ai vecchi e ai nuovi soci, quelli che a giugno si erano fatti ingolosire da un aumento di capitale a forte sconto. Il Crédit Agricole, il colosso di Francia che possiede il 14,6 per cento della banca e che, oltre a vedere sfumare l’investimento, deve sopportare l’accusa di “non aver saputo vigilare sugli amministratori”.

 

Ma l’Italia non ha ancora un Fondo rischi

 

Piace ai mercati la ricetta di Lisbona. Risalgono in Borsa le quotazioni delle banche, già sotto pressione per il rischio di una crisi sistemica. I titoli di Espirito Santo sono stati sospesi dalle contrattazioni, ma dall’andamento dei fondi si capisce l’aria che tira: le obbligazioni senior, quelle tradizionali, risalgono del 9 per cento abbondante, quelle junior, speculative, perdono il 45 per cento circa. Non tutti, per la verità, applaudono: in questo modo, sostengono i critici, si rischia di ingessare il mercato con il risultato di aumentare il costo delle obbligazioni e, di riflesso, della provvista del sistema. Ma le decisioni di Lisbona rispondono alle raccomandazioni della Bce che una settimana fa ha fatto sapere che non s’accetteranno deroghe ai princìpi dell’asset quality review. Né per l’austriaca Erste Bank, in grave difficoltà per le nuove leggi che hanno appesantito il costo dei mutui, né per Bnp Paribas, in rosso dopo la maximulta inflitta dal Tesoro americano per gli affari con i cosiddetti stati canaglia. Niente eccezioni o deroghe per non creare rischiosi precedenti. Per questo il dossier Espirito Santo suona come una benedizione per Mario Draghi che sta innovando la Bce sia all’interno (sono allo studio le formule più semplici per divulgare al pubblico i resoconti delle riunioni del board) sia all’esterno: il sistema portoghese, “allenato” dalla Troika ha dimostrato di saper reagire con la necessaria rapidità e decisione. Anche perché dotato delle munizioni finanziarie necessarie per facilitare la scissione tra bad bank e il resto. Un fondo di garanzia che, dalle nostre parti, ancora non c’è. E che, pur facendo gli scongiuri, sarebbe saggio approntare.