Chi è lo spione egiziano che tiene i contatti tra Israele e Hamas
Il generale Mohamed Farid al Tohamy. E’ a lui che la delegazione palestinese ha consegnato lunedì le proprie condizioni per un cessate il fuoco permanente con Israele.
Milano. Ora che a Gaza le armi hanno lasciato il posto alla diplomazia e Israele annuncia il cessate il fuoco a tempo indeterminato, il palazzo dei generali al Cairo si riempie. In Egitto, ci sono la delegazione palestinese – composta da diverse fazioni politiche – i negoziatori israeliani, ma anche l’inviato internazionale per il medio oriente Tony Blair, il coordinatore delle Nazioni Unite per il processo di pace Robert Serry, e un mediatore americano. I colloqui tra chi ha fatto la guerra sono indiretti perché la leadership di Hamas e quella israeliana non accettano di sedere allo stesso tavolo. Così, sono i mediatori dell’intelligence egiziana a fare avanti e indietro tra le delegazioni, ad ascoltare proposte e rifiuti. L’uomo dietro la trattativa, la persona cui il rais Abdel Fattah al Sisi ha affidato il delicato compito, è il capo dei potenti mukhabarat – i servizi segreti egiziani – il generale Mohamed Farid al Tohamy. E’ a lui che la delegazione palestinese ha consegnato lunedì le proprie condizioni per un cessate il fuoco permanente: l’avvenuto ritiro dei soldati israeliani da Gaza, l’apertura dei valichi di confine, l’annullamento del blocco imposto da Israele sulla Striscia dal 2007, anno in cui Hamas ne conquistò il controllo, e la liberazione di prigionieri. Le trattative rischiano d’essere complicate, visto che difficilmente Israele acconsentirà alla completa apertura delle frontiere e considerata la richiesta del governo di Benjamin Netanyahu: il disarmo di Gaza. Il premier israeliano ieri ha detto che Israele si rammarica per le vittime civili – quasi 1.900 a Gaza, il 75 per cento civili secondo l’Onu – ma ha dato la colpa a Hamas per aver rifiutato diverse tregue. A innervosire la trattativa è arrivata anche la notizia dell’arresto da parte delle autorità israeliane di un uomo considerato il mandante del rapimento e dell’uccisione a giugno di tre adolescenti israeliani. Secondo gli inquirenti, la sua cellula sarebbe legata a Hamas, anche se il gruppo non ha mai rivendicato l’azione.
La tregua di 72 ore scadrà venerdì mattina, ma già si parla della possibilità di un rinnovo del cessate il fuoco, per far continuare i negoziati. Mohamed Tohamy è un ex ufficiale dell’intelligence militare egiziana, conosce bene i dossier israeliano e palestinese e sa che potrebbero servire giorni per trovare un accordo. Si potrebbe dire che il generale è per il presidente Sisi quello che l’enigmatico ex capo dei servizi Omar Suleiman era per Hosni Mubarak. In molti hanno definito Tohamy – 66 anni – il “mentore” del più giovane Sisi, 58. Come il presidente, per un’intera generazione di egiziani è un uomo che con la sua presenza ai vertici del paese cancella le spinte al cambiamento della rivoluzione del 2011. Prima di essere alleato di Sisi, infatti, era fedele collaboratore di Hosni Mubarak, a capo di quell’Autorità per il controllo amministrativo che aveva l’obiettivo di lottare contro la corruzione ma che secondo i detrattori del regime ne copriva gli abusi finanziari. Licenziato frettolosamente nel settembre 2012, dopo l’elezione del leader dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi, è stato subito nominato capo dei servizi con l’avvento di Sisi.
Fonti diplomatiche occidentali hanno raccontato al New York Times come Tohamy non sia soltanto un guardiano dell’ordine passato, ma uno dei militari che dettò la linea dell’esclusione dei Fratelli musulmani dalla politica e un sostenitore di quella repressione che ha causato centinaia di morti nell’estate del 2013. Tohamy, descritto da David Ignatius che lo ha intervistato sul Washington Post come “un uomo scarno, con un principio di calvizie, occhi profondi e l’intenso e riservato modo di fare di chi vive nell’ombra”, è stato tra i sostenitori più robusti dell’allontanamento dal potere della Fratellanza, di cui Hamas, proprio oltre il confine, non è che una costola. Con la sua prossimità geografica alla Striscia, l’Egitto è mediatore ma anche parte della trattativa e non è dunque una sorpresa che ieri sia riemerso il suo scetticismo nei confronti della richiesta palestinese di una completa apertura del confine con Gaza.
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