Un manifesto per la visita di papa Franceasco presso la cattedrale di Myeong-dong a Seoul (Foto Ap)

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Il Papa a Seul, tra cristiani in crescita e donne di conforto

Giulia Pompili

La prima di un Papa in Corea del Sud dopo le due missioni di Giovanni Paolo II nel 1984 e nel 1989. Diplomazia per la riconciliazione, una presidente gesuita e le croci sui tetti.

Roma. Alla messa di lunedì 18 agosto nella cattedrale di Myeongdong, a Seul, quella per “la pace e la riconciliazione”, Papa Francesco ha invitato anche sette donne di conforto sudcoreane, al servizio dei soldati giapponesi tra il 1930 e il 1945. Quello delle schiave del sesso è uno dei temi che la comunità religiosa della Corea del sud ha chiesto a Bergoglio di affrontare durante la sua visita pastorale che inizia domani, la prima di un Papa dopo le due missioni di Giovanni Paolo II nel 1984 e nel 1989. Kim Bok-dong, una delle donne di conforto che parteciperanno alla messa, ha detto ieri al Korea Times che “per il resto della gente la guerra è finita settant’anni fa, ma per me no. Io voglio le scuse e un risarcimento dal Giappone. Penso che Papa Francesco possa fare qualcosa perché il Giappone lavi via le sue colpe”. Sembra che sia stato addirittura il governo di Seul a chiedere al Papa di intervenire su una questione che da anni causa problemi diplomatici tra la Corea del sud e il Giappone, ma è altrettanto improbabile che Bergoglio farà riferimento a un tema così controverso. Tokyo non ha mai definitivamente riconosciuto di aver rapito, tra il 1930 e il 1945, almeno 200 mila donne per costringerle a prostituirsi per l’esercito imperiale.

 

L’appoggio di Bergoglio sarebbe un gran colpo diplomatico per la presidente Park Geun-hye, prima donna a essere eletta in Corea del sud nel 2013. La Park è figlia del dittatore Park Chung-hee, che prese il potere nel 1961 con un colpo di stato militare e governò fino al suo assassinio nel 1979. Ha studiato alla Sogang, una delle università più prestigiose di Corea fondata, manco a dirlo, dai gesuiti nel 1960. Suo padre aveva mostrato intolleranza per qualunque confessione religiosa, ma durante il periodo universitario Park si convertì al cattolicesimo e si fece battezzare con il nome di Giuliana. Recentemente ha detto di non avere particolare fede, e il mondo cattolico critica soprattutto le sue posizioni sulla pena di morte e sull’energia nucleare.

 

Poi c’è la questione nordcoreana. Bergoglio farà riferimento alla necessità di un “dialogo” con Pyongyang, il regime socialista aconfessionale dove si viene arrestati anche solo per il possesso di una Bibbia. Nessun rappresentante nordcoreano ha accettato l’invito del sud a partecipare alle cerimonie con il Papa. Eppure ieri il ministero dell’Unificazione di Seul ha annunciato che – in concomitanza con la visita papale – un gruppo di 19 sacerdoti cristiani visiterà Pyongyang per partecipare a un incontro di preghiera comune.

 

Il luogo dei martiri senza nome

 

Bergoglio arriverà a Seul domani e sarà subito ricevuto dalla Park alla Casa blu, il palazzo presidenziale. Il suo viaggio per la VI Giornata della gioventù asiatica culminerà sabato con la messa nella sconfinata piazza davanti alla porta di Gwanghwamun, durante la quale verranno beatificati 124 martiri, tra cui Paul Yun Ji-chung. Domenica, la messa conclusiva al santuario di Haemi, poco fuori Seul, il “luogo dei martiri senza nome”. Dopodomani – che è il giorno dell’Assunzione ma soprattutto il Gwangbokjeol, la festa dell’indipendenza sudcoreana, firmata dal controverso presidente filoamericano metodista Syngman Rhee nel 1945 – il Papa terrà una messa allo stadio dei Mondiali di Daejeon e poi visiterà il luogo simbolo del cattolicesimo in Corea, il Santuario di Solmoe che è il luogo di nascita di sant’Andrea Kim Taegon, primo prete cattolico sudcoreano. Solmoe significa letteralmente “piccola collina con una foresta di pini”, e oggi il santuario – costruito nel 2004 per i 150 anni della nascita di sant’Andrea – è un luogo che potrebbe sembrare più simile a un tempio shinto che a un santuario cattolico, perché lì gli spazi aperti e il verde dei pini prevale sulle croci e sulle immagini sacre.

 

Ma è proprio il motivo per cui Solmoe rappresenta con più efficacia la presenza dei cattolici in Asia e in Corea del sud. Oggi la comunità cattolica è di 5,4 milioni di persone, rappresenta quasi l’11 per cento della popolazione sudcoreana. Un numero paragonabile alle comunità cattoliche delle Filippine o dello Sri Lanka, più che ai paesi vicini come Cina e Giappone (nel Sol Levante solo lo 0,35 per cento della popolazione è battezzata con rito cattolico). “In Corea la chiesa entra con alcuni laici alla fine del 1700”, scriveva qualche tempo fa sulla Nuova bussola quotidiana Piero Gheddo, decano dei missionari italiani, “Seul di notte sembra una città cristiana per l’immenso numero di croci sugli edifici cristiani, chiese, scuole, ospedali. La fede cristiana è stata accolta con molte difficoltà in Giappone e oggi con le braccia aperte in Corea del sud”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.