Lo squalo di Ostia

L'onore dello squalo

Stefano Di Michele

Ha fatto molto, Steven Spielberg col suo “Squalo” per l’immaginario planetario (neanche “L’orca assassina” c’è riuscita, neanche il povero “Grizzly, l’orso che uccide”). E lo squalo continua sempre a fare la sua bella (terrificante: nella testa, soprattutto) figura. L’altro giorno, è stato avvistato a Ostia.

Quasi mezzo secolo dopo (il film è del ’75), pure se uno bagna le membra presso lo stabilimento La Bicocca (Ostia Lido) piuttosto che nelle acque dell’isola di Amity, un po’ di quella colonna sonora – battito cardiaco accelerato/accelerato/accelerato, man mano sostituito dai colpi dei denti della bestia che ti portano via la coscia – sempre resta nella testa. Ha fatto molto, Steven Spielberg col suo “Squalo” per l’immaginario planetario (neanche “L’orca assassina” c’è riuscita, neanche il povero “Grizzly, l’orso che uccide”). E lo squalo – fosse tatuaggio simil-Maori, fosse rapida apparizione sul litorale – continua sempre a fare la sua bella (terrificante: nella testa, soprattutto) figura. L’altro giorno, è stato avvistato a Ostia.

 

Ovviamente uno squalo alla buona (“la verdesca, lo squalo più innocuo che ci sia”), dopolavoristico, casareccio, mica il pupazzone di Spielberg (otto spropositati metri, a nome Bruce come l’avvocato del regista, che ogni tanto andava per fatti suoi: lo squalo, non l’avvocato – “the shark is not working!”) che con un boccone si mangiava naviglio e naviganti. Ma lo stesso – mamma, lo squalo! E perciò le cronache abbondano, con gustose esagerazioni, di parole tipo “panico”, allarmi di fischietti e megafoni, “rischiando l’infarto”, nientemeno.  Immagini perigliose di geometri ancora lontani dal peso forma che fuggono qua e là sul bagnasciuga, mamme che tirano in salvo i pargoli, fanciulle in due pezzi + smartphone incorporato che dalla terraferma riprendono la bestia. “Lo squalo! Lo squalo!”. “Signora mia, lei dice?”. Non una pinna, due pinne si avvistano. Una famiglia, addirittura? Branco? Coppia di fatto? Fuggitivi?

 

Sarà che appunto, da quasi cinquant’anni, lo squalo (che quando non è squalo è pescecane: lì stiamo) è soprattutto metafora collettiva – di avvocati, di politici, di finanzieri di Wall Street: metafora, casomai, a disdoro della bestia stessa – ma da qualche estate non si fa altro che avvistarli, pure sulle pacifiche coste italiche. Manco fossero meduse. Fuori dai confini della patria si osa decisamente di più: uno squalo martello è segnalato dalle cronache in Florida (ma si sa come vanno le cose da quelle parti), in un’isola delle Filippine c’è chi ha pensato (e si è filmato, va da sé: ché se ormai non ci si filma, o si filma, pare sprecato il quarto d’ora al cesso) di fare il bagno insieme a certi squali balena. E bandiere rosse – ad allarme, non a rivoluzione – sono comparse sulle coste nei dintorni di Barcellona.

 

Quelli nostrani, poveretti, mai danni hanno fatto (gli squali, di solito, pasteggiano con gli umani dalle parti della Nuova  Zelanda o in zona Hawaii): vengono verso riva, danno un’occhiata (chissà se per spaventare, o chissà se a loro volta spaventatissimi dal carnaio davanti alle fauci) e se ne vanno per i fatti loro. Già l’anno scorso l’allarme era generalizzato: a giugno nel porto di Palermo, squalo bianco nello Stretto di Messina (sei metri, addirittura, sei metri: deve essere una comparsa sfuggita a Spielberg), tutta la Sicilia nella morsa, pure la pirandelliana Agrigento. Uno di quattro metri (che poi, come gliele pigli, le misure?) tra Capraia e Corsica. Squaletto di appena un metro, nel giugno scorso, verso Fiumicino (quello starà ancora cercando i bagagli presso il locale aeroporto). 

 

Il riflesso più immediato, davanti all’apparizione dello squalo, è per fortuna il ricorso, piuttosto che a Quint – filmico cacciatore di squali – al cellulare. Tutto un correre e un filmare, un fuggi-fuggi e un selfie (“ecco, qui siamo io e lo squalo”). Pure in Sardegna lo squalo ha creato panico in spiaggia. Via! Via! Via! Ma un turista più temerario ha deciso, invece di darsela a gambe, di mettersi a riprendere l’animale per piazzarlo su Facebook. “Fortuna ha voluto che le riprese abbiano spaventato lo squalo…”. Così, dalle cronache: a sigillo della superiorità dello squalo sull’uomo.

Di più su questi argomenti: