A una spiaggia di distanza
Mistero notturno in Libia. Di chi sono i jet che colpiscono Tripoli?
L’Algeria teme attacchi in stile 11 settembre dall’aeroporto della capitale libica ed è la prima indiziata.
Roma. Tra domenica e lunedì dopo la mezzanotte dieci aerei non ancora identificati hanno bombardato con precisione – secondo i testimoni – alcune postazioni delle milizie islamiste a Tripoli. C’è una guerra in corso tra le forze colpite dall’alto e le truppe leali a un generale in congedo, Khalifa Haftar, che da maggio ha cominciato una campagna militare per liberare la Libia dai gruppi islamisti e per questo motivo chiunque fossero quei piloti parteggiavano di sicuro per il generale. Il New York Times cita subito alla seconda riga della corrispondenza battuta da Suliman Ali Zway dalla capitale libica la possibilità che quei bombardieri appartenessero a “uno stato straniero intervenuto nella battaglia per il controllo della città”. Ieri Saqer al Jouroshi, che è il comandante della “aviazione” del generale freelance, ha tentato di chiudere la questione e ha rivendicato con Reuters il raid notturno: “Noi dell’operazione Dignità confermiamo ufficialmente di avere bombardato alcune postazioni della milizia di Misurata”. L’aviazione di Haftar è formata da alcuni aerei e piloti del regime di Gheddafi ora passati al suo servizio.
La dichiarazione non ha risolto il mistero. Rami el Obeidi, un ex agente dei servizi segreti di Tripoli, dice alla radio Rfi che i bombardieri libici non possono volare di notte per ragioni tecniche ed è impossibile che siano stati loro a colpire. “I jet nella parte est della Libia sono tredici e non hanno più il sistema di navigazione notturna, è stato tolto dopo la rivoluzione nel 2011”. Inoltre – spiega – gli aerei avrebbero dovuto fare tappa da qualche parte per fare rifornimento e non ci sono basi amiche nella zona. “Nella parte ovest del paese ci sono jet ancora equipaggiati per le missioni notturne, ma sono sotto il controllo della milizia di Hakim Belhadj e quindi non può essere”. Belhadj è quel leader islamista consegnato dagli americani a Gheddafi e torturato in carcere – non è schierato con Haftar.
Resta l’ipotesi dell’intervento discreto di uno stato straniero, per quanto possa essere discreto un bombardamento aereo su una capitale. Stati Uniti, Francia, Italia ed Egitto hanno già negato ogni responsabilità (l’ambasciatore italiano ha smentito personalmente il sospetto libico caduto persino sul governo Renzi). Il portavoce del dipartimento di stato, Marie Harf, dice che “gli Stati Uniti non sono coinvolti in nessun modo in questi eventi”, anche se Haftar con i suoi vent’anni vissuti in Virginia è considerato uomo vicino al governo americano.
Il sospetto cade anche su un altro sponsor del generale, l’Algeria, che ha jet equipaggiati per quel tipo di missione. Il governo di Algeri è nervoso per la presenza dei gruppi islamisti, sostiene il repulisti militare annunciato da Haftar e ne osserva con scetticimo la lentezza nell’ottenere progressi. Secondo il giornale algerino Al Fajr, il ministero della Difesa algerino sta installando dei sistemi missilistici S-125 di fabbricazione russa lungo il confine ovest con Tunisia e Libia. L’Algeria – scrive il giornale – prende seriamente in considerazione la possibilità di un attacco terroristico da parte dei gruppi jihadisti libici che controllano l’aeroporto di Tripoli e gli aerei sulle piste. I servizi hanno fatto filtrare un’allerta su possibili attentati con aerei passeggeri in stile 11 settembre contro obiettivi importanti in Tunisia e Algeria – e indicano il prossimo 11 settembre come una delle possibili date per il suo valore simbolico. Congetture, a questo punto, ma rendono l’idea di cosa sta passando per la testa dell’establishment militare algerino: abbastanza per ordinare raid aerei contro le milizie islamiste che resistono a Haftar e controllano parti di Tripoli.
Lunedì vertice cruciale al Cairo
Gli algerini hanno appena stretto un accordo di sicurezza con il governo della Tunisia e il primo effetto è che i soldati dell’esercito stanno anche aiutando i soldati tunisini nel tentativo di riprendere il controllo pieno della comune area di confine, dove i gruppi islamisti stanno diventando forti. E lunedì prossimo c’è un incontro ad alto livello tra i governi dei paesi dell’area per decidere cosa fare con la Libia. I poteri forti, in questo caso, saranno l’Egitto governato dal presidente Abdel Fattah al Sisi, che ha spazzato via l’opposizione islamica interna, e l’Algeria. La campagna contro gli islamisti del generale Haftar – la cosiddetta operazione Dignità – in Libia per ora procede con troppa lentezza e forse non è la soluzione sperata. Sui giornali algerini ed egiziani a luglio si è parlato di un possibile intervento militare del Cairo e di Algeri, un fatto presentato come una fuga di notizie forse soltanto per sondare le reazioni.
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