Spiare le scappatelle dei leader politici è un reato. In Corea del Sud
Niente spioni che guardano dal buco della serratura. La magistratura sudcoreana ha annunciato qualche giorno fa di aver aperto un fascicolo su Tatsuya Kato, quarantottenne capo della redazione di Seul del quotidiano conservatore giapponese Sankei Shimbun.
Niente spioni che guardano dal buco della serratura in Corea del sud. La magistratura sudcoreana ha annunciato qualche giorno fa di aver aperto un fascicolo su Tatsuya Kato, quarantottenne capo della redazione di Seul del quotidiano conservatore giapponese Sankei Shimbun. Kato si sarebbe lasciato andare un po’ troppo in un articolo dal titolo eloquente: “La presidente sudcoreana Park Geun-hye è scomparsa il giorno del disastro del traghetto Sewol. Chi stava vedendo?”.
Il giornalismo giapponese è generalmente molto compito, specie quando si tratta di affari istituzionali, e visti i rapporti tesi tra Seul e Tokyo il suo articolo deve aver infastidito non poco i vertici della Casa blu, il palazzo presidenziale sudcoreano. Secondo un servizio pubblicato il 3 agosto sull’edizione online del Sankei Shimbun, la Park il 16 aprile scorso – quando il traghetto Sewol che trasportava per lo più studenti è affondato mentre era in viaggio dal porto di Incheon verso l’isola di Jeju causando la morte di almeno 250 persone – è sparita per ben sette ore. Il fatto è che l’affondamento del Sewol ha provocato un terremoto nel governo sudcoreano e mentre si consumava il peggior disastro civile degli ultimi tempi in Corea del sud il capo dello stato risultava “irreperibile”, e non per motivi legati al suo ruolo. Secondo quelli che Kato ha definito “pettegolezzi degli ambienti finanziari”, Park era chiusa in un appartamento privato di Seul insieme con il suo ex capo dello staff, Chung Yoon-hoi. L’ufficio stampa della presidenza ha smentito, spiegando che la Park in quelle ore cruciali, ovvero dalle dieci del mattino quando ha ricevuto la relazione sull’incidente alle cinque del pomeriggio, non è mai uscita dal suo ufficio nella Casa blu.
Il Chosun Ilbo, quotidiano conservatore sudcoreano, era stato il primo a chiedersi dove fosse finita la presidente dopo che durante un’audizione parlamentare un membro dello staff dell’Amministrazione Park riferì che quella mattina “non sapeva dove consegnare il rapporto presidenziale”, visto che la presidente non si trovava. Il giornale giapponese, però, è andato oltre, dando un nome, un cognome e un significato alla “misteriosa sparizione” della presidente e non lesinando i particolari (raccontando per esempio che Chung Yoon-hoi, membro del partito al governo, il Saenuri, avrebbe da poco divorziato e avrebbe chiesto di mantenere il riserbo sulla relazione che, a quanto pare, andava avanti da parecchio). Ma la Park è single, e subisce di continuo i pettegolezzi su presunte tresche e scappatelle. In questo caso, il trattamento riservato alla presidente sudcoreana ricorda quello ricevuto dal presidente americano George W. Bush dopo l’uragano Katrina, anche se la macchina messa in moto contro la Park appare ridicola rispetto a quello che siamo abituati a vedere dalle nostre latitudini. La questione ora diventa diplomatica: a un giornalista giapponese, perdipiù interrogato dagli inquirenti, è stato tolto il passaporto per aver riportato un pettegolezzo, peraltro già scritto su un altro quotidiano che però ha un vantaggio: è vicino al governo. Avvertite i nostri, in Asia succedono cose divertenti.
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