That win the best
Adesso la smettete di tirarvi secchiate d'acqua e cominciate a giocare?
Domenica, al fischio finale di Sunderland-Manchester United, opaco 1-1 mal giocato dai Red Devils di Louis Van Gaal, l’account twitter del Sun riportava il risultato accompagnandolo con una foto di un perfidamente sorridente David Moyes, manager allontanato ad aprile dello scorso anno.
Londra. Domenica, al fischio finale di Sunderland-Manchester United, opaco 1-1 mal giocato dai Red Devils di Louis Van Gaal, l’account twitter del Sun riportava il risultato accompagnandolo con una foto di un perfidamente sorridente David Moyes, manager allontanato ad aprile dello scorso anno dopo aver scritto una pagina tra le più dimenticabili dello United (nessun titolo né qualificazioni a coppe europee). Il Sun è cinico come è giusto, ma gli orfani di Sir Alex Ferguson si appendono alle statistiche (e ai propri genitali) e provano a sorridere leggendo che le squadre allenate dall’olandese geniale e presuntuoso iniziano sempre male per poi vincere molto. Che poi, a dirla tutta, se vogliamo parlare di “iniziare male” ci sarebbe da scrivere un trattato in sei volumi sulla serie A. Mentre il resto d’Europa già sgobba da giorni, in Italia prosegue quel rito così anni Ottanta del “calcio d’agosto”, buono forse quando a riempire gli stadi ci pensavano gli operai, forzatamente in ferie in questo mese. Ma poiché il rinnovamento non è cosa che riguarda il calcio italiano, proseguite così, forse leopardianamente convinti che l’attesa sia molto meglio della festa. Come darvi torto, in effetti? Fino a sabato un tifoso del Milan può ancora sognare l’arrivo di un sostituto di Balotelli che segnerà centinaia di gol, un interista convincersi che la vittoria in Europa League contro la squadra islandese che fa le esultanze buffe sia il prodromo di una stagione esaltante, gli juventini cullarsi nell’illusione che Allegri sia un grande allenatore e che Buffon farà ancora parate decisive quando non impegnato a fare il guru pallonaro. Leggere di calciomercato sui giornali italiani mette la stessa allegria che si prova nello scorrere i necrologi: i bolliti in prestito e gli anziani scartati dagli altri campionati spacciati come colpi, le dichiarazioni di circostanza dei nuovi arrivati (la frase “ho sempre sognato di giocare in serie A” dovrebbe essere seguita dalla collocazione temporale del sogno, spesso antecedente al 2005) e le promesse smentite di presidenti e amministratori delegati molto stempiati sono i tristi titoli di coda di un’estate che verrà ricordata tra le più grottesche del calcio italiano (iniziata con l’eliminazione dal Mondiale, proseguita con la pantomima Tavecchio sì-Tavecchio no, e finita con i coiti interrotti multipli del calciomercato).
Oh gelo. Il rischio di tanta mediocrità (il cui simbolo è il Milan che da un mese non riesce a comprare Cerci dal Torino, mica Cristiano Ronaldo dal Real Madrid) è che dei calciatori italiani si parli perché si tirano secchiate d’acqua gelata in testa sfidando colleghi più famosi e forti di loro in quella che da intelligente ricerca di fondi per la Sla si è trasformata in stucchevole ricerca di notorietà: l’Ice bucket challenge ormai è linea di demarcazione tra chi conta e chi no (se ti hanno nominato sei qualcuno, altrimenti sei un povero sfigato che non si caga più nessuno). Ecco perché si assiste al ritorno dei morti viventi, con ex star della tv ormai dimenticate o calciatori da dimenticare di nuovo famosi per un giorno (imbarazzante Anderson che nomina Ferguson qui da noi, per fare un esempio). Il tutto (lì da voi) condito da accuse di basso moralismo guardone: “Ma l’offerta l’ha fatta?”, “Così poco? Straccione!”, e altre piccinerie invidiose.
Non tutto è perduto. Per fortuna Fox trasmette la Premier League in Italia, e sarà uno spettacolo vedere la corsa al titolo del Chelsea di Mourinho e del Manchester City, il vecchio e nuovo Liverpool alla prova di maturità, la bella incompiutezza dell’Arsenal (serve subito una punta seria), gli spettacolari alti e bassi del Tottenham, la conferma dello Swansea. Il tutto a velocità e ritmi da voi sconosciuti. A proposito di ritmi, José Mourinho ieri ha proposto di introdurre i time out durante le partite, in modo da permettere agli allenatori di dare indicazioni più precise ai propri giocatori, cambiare modulo in corsa e migliorare lo spettacolo. Per una volta non sono d’accordo con lo Special One: la bravura di un manager si vede anche nel saper modificare la disposizione tattica (e mentale) a partita in corso. Certo, in molti casi dipende dagli stadi in cui si gioca: dare indicazioni alla squadra durante una partita della Liga (con il pubblico silenzioso come a teatro per 90 minuti, quando non assopito) è più semplice che farlo durante un match del campionato brasiliano. Niente time out, please. A meno che nelle borracce non ci sia dell’ottimo brandy, of course.
Liverpool Montessori. Sono curioso di vedere come se la caverà Mario Balotelli dopo il suo ritorno nella patria del calcio, dove per un paio d’anni ha giocato poco, segnato molto e fatto ancora più cazzate. Le redazioni dei tabloid hanno stappato le bottiglie migliori alla notizia del suo passaggio al Liverpool. Consapevole di camminare pericolante sul filo che divide banalità e retorica, vi dico che probabilmente non c’era miglior squadra dei Reds per il recupero del ragazzo da sempre in bilico tra flop e consacrazione. Non mi riferisco ai moduli, alla tattica o al modo di giocare di Brendan Rodgers: se il metodo Montessori applicato al calcio scelto dal Liverpool è riuscito a rendere quello psicopatico di Luis Suárez un campione decisivo (mordi pure e fai risse, basta che segni tanti gol), potrebbe funzionare anche con quel simpaticone di Super Mario, altrimenti destinato a fare la stessa fine di Cassano, eterno e geniale incompiuto ma continuamente caricato dalla stampa che passerà i prossimi dieci anni a spiegarci – dopo ogni cambio di maglia – che lo scorso anno ha sì fallito, ma questa è l’ultima-occasione-e-certo-non-se-la-lascerà-sfuggire.
Il Foglio sportivo - in corpore sano