Il cardinale Reinhard Marx (Foto Ap)

Il Vaticano, i martiri, l'addio alle armi

Matteo Matzuzzi

Il cardinale Reinhard Marx, capo dei vescovi di Germania, si appella alle massime autorità islamiche, chiedendo loro di condannare in modo chiaro e senza ambiguità gli sgozzamenti e le persecuzioni che i seguaci del califfo al Baghdadi stanno praticando.

Roma. Il cardinale Reinhard Marx, capo dei vescovi di Germania, si appella alle massime autorità islamiche, chiedendo loro di condannare in modo chiaro e senza ambiguità gli sgozzamenti e le persecuzioni che i seguaci del califfo al Baghdadi stanno praticando su cristiani, yazidi, musulmani considerati eretici. “So che lo Stato islamico non è l’islam, ma dai leader sciiti e sunniti ho sentito troppo poco sul fatto che non ci deve mai essere violenza in nome di Dio e che mai devono essere compiuti delitti in nome di Dio”. In serata è giunta la condanna del Gran Mufti dell’Arabia Saudita, che ha definito il Califfato “il nemico numero uno dell’islam”. Intanto, con le milizie jihadiste che non allentano la morsa sulla piana di Ninive, bisogna muoversi, dice Marx: davanti ai tagliagole, è necessario agire “con tutti i mezzi a disposizione”. Nessuno escluso, al punto che il cardinale Rainer Woelki, arcivescovo eletto di Colonia, chiede al governo di Berlino di comportarsi di conseguenza. Era stato il cardinale Philippe Barbarin, primo presule occidentale a recarsi per cinque giorni in Iraq a fine luglio, a invocare la forza per fermare l’avanzata degli uomini in nero che hanno marchiato con la “n” di nazareno le case dei cristiani e dato la caccia agli yazidi – episodi più volte deplorati dal Papa durante gli Angelus e nella lettera inviata a metà agosto al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon –.

 

Barbarin diceva qualche giorno fa al blog Stanze Vaticane che “è con la morte nel cuore che i vescovi approvano o richiedono l’uso delle armi”, ma “Giovanni Paolo II aveva ben spiegato al tempo della guerra nei Balcani che il pacifismo a volte è in contrasto con il progresso della pace”. E comunque, aggiungeva il prelato, “è l’ora di agire e far sparire l’Isis”. Posizioni in linea con quelle dei vescovi locali, che da mesi invocano un intervento internazionale che non sia solo umanitario, per assistere le migliaia di cristiani costretti all’esodo, ma anche militare per estirpare il male alla radice. “Noi chiediamo un intervento internazionale in nostra difesa, e non certo per conquistare alcunché. Noi abbiamo il diritto di difenderci e noi chiediamo di essere difesi”, ha detto durante una conferenza stampa pubblica a Erbil il patriarca dei siro-cattolici Youssef III Younan. Il precedente, ha spiegato, c’è già: “La comunità internazionale lo ha fatto in Kosovo, malgrado l’opposizione della Russia”. Cattolici e ortodossi, insieme, chiedono “un intervento militare di natura difensiva”. E d’accordo con loro è anche il patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Raï, che ha definito una “vergogna” l’eventualità che l’occidente si volti dall’altra parte.

 

Se i vescovi iracheni invocano pubblicamente e quotidianamente un aiuto militare, in Vaticano – accusato nei giorni scorsi dal Monde di essersi mosso in ritardo – si procede con molta più prudenza. Si sottolinea che la guerra è tutta una questione interna alla umma e che i miliziani jihadisti sono una minoranza rispetto alla grande realtà islamica. Padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, riconosce che “il mondo islamico ha cominciato a reagire, finalmente, ma onestamente dobbiamo dire che ci è sembrato assai timido nella denuncia. I media arabi non hanno proprio esagerato nel riportare le dichiarazioni dei vari leader religiosi musulmani”. E comunque, ha osservato, “è chiaro che questo tipo di fanatismo deve essere fermato, se necessario, anche con la forza”, ma l’intervento armato “senza una prospettiva di ricostruzione su tutti i piani non risolverà nulla”. Il segretario del Pontificio consiglio giustizia e pace, mons. Mario Toso, pensa invece che si debba rinunciare “definitivamente all’idea di ricercare la giustizia mediante il ricorso alla guerra”. Niente raid, dunque, soprattutto se effettuati “solitariamente e isolatamente”. La soluzione, dice, è un’altra: “Cercare la multilateralità come via che offre maggiori garanzie di giustizia”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.