Luisa Ranieri, presentarice e madrina della Mostra del Cinema di Venezia (Foto Lapresse)

A Venezia sbirciando tra i tavoli e scoprendo nuove surreali pretese di impegno

Mariarosa Mancuso

Serata inaugurale: il naturale splendore di Luisa Ranieri rischiava di soccombere sotto un vestito blu assai stiff e capelli a prova di vento con quintali di gel. Una punta impacciata scandisce con cura il classico discorsetto anodino da madrina (“i film non parlano semplicemente a noi – parlano di noi!”. Ohibò!).

LA RANÇON DE LA GLOIRE di Xavier Beauvois (concorso)
Non un colpo di pala viene risparmiato. Due balordi decidono di rapire la salma di Charlie Chaplin e chiedere il riscatto. Un prestito, dicono, alla vedova di chi come loro era nato derelitto. Dove l’avevamo già visto? Certo, in “L’ultimo crodino” di Umberto Spinazzola, con Enzo Iacchetti e Ricky Tognazzi (la tomba violata era di Enrico Cuccia). Lentissimo, con pretese d’impegno, un finale insultante per il duro e onorato mestiere del clown.

 

THE PRESIDENT di Mohsen Makhmalbaf (Orizzonti)
Il dittatore gioca con il nipotino – “ora faccio spegnere le luci della città” – e al buio scoppia la rivoluzione. Poiché il popolo li vuole morti, i due si travestono da mendicanti. Fuori dal Palazzo presidenziale dorato e meringato scoprono la dura vita dei cittadini. Purtroppo spunta una chitarra: l’ex dittatore ha un animo poetico, ancora un po’ di sofferenze – il piccino rischia una fine orrenda – e la redenzione arriverà.

 

THE LOOK OF SILENCE di Joshua Oppenheimer (concorso)
Fa da seguito al premiatissimo e terribile “The Act of Killing”. Là i massacratori rimettevano in scena i crimini perpetrati in Indonesia nel ’65, facendo i disegnini per spiegarsi meglio e imitando il cinema d’azione. Qui un giovanotto, seguito dalla telecamera del documentarista texano, va a visitare gli assassini del fratello maggiore e i mandanti locali. Tutti piuttosto irritati perché le domande sul passato esulano dalla buona creanza dovuta a chi ti accoglie in casa sua e ti offre il tè.

 

GHESSEHA (Tales) di Rakshan Banie-Eemad (concorso)
Tutti i registi iraniani – anche le registe, come è il caso qui – vogliono rifare “Una separazione”: parole a raffica e litigi (il ragazzino straccione senza quaderno non se lo fila più neppure Kiarostami). Questo è un girotondo un tantino artificiale – più che personaggi sono figure di rappresentanza: la moglie sfregiata con l’acido, il tassista che tante ne vede, il burocrate, la nonna battagliera, l’operaio analfabeta, la drogata che si taglia le vene.

 

***

 

Serata inaugurale: il naturale splendore di Luisa Ranieri rischiava di soccombere sotto un vestito blu assai stiff e capelli a prova di vento con quintali di gel. Una punta impacciata scandisce con cura il classico discorsetto anodino da madrina (“i film non parlano semplicemente a noi – parlano di noi!”. Ohibò!). Baratta era gonfio d’orgoglio per la presenza del presidente della Repubblica; da tempo i politici scarseggiano al Lido (i campioni presenzialisti all’ultimo festival erano quelli di sinistra con stuoli di famigliari e portaborse, modello Padroni della Kultura). Il prezzo della Biennale esprime nostalgia per i bei tempi dell’Italia superstar del cinema con 800 milioni di biglietti staccati all’anno, secondo solo agli Usa per sale; a che pro? Boh. Barbera, con discrezione eccessiva – e pur sempre dir. artistico – lascia che sia il montaggio di film clip a parlare. Il compositore Alexandre Desplat era stizzito per le continue domande-meraviglie dei giornalisti per un musico presidente di giuria. Tira in ballo Nino Rota, Riz Ortolani e Ennio Morricone e le loro (e sue) tantissime collaborazioni con registi di rango a dimostrare l’idoneità a giudicare i film. Al cenone d’apertura sulla spiaggia, la zona vip era presidiata contro i peones ma il principesco Jas Gawronski scooped up la bassottina, che con orecchie volanti si è fatta il giro dei nomi in grassetto. Al tavolo centrale, il presidente Napolitano con il figlio Giulio, Baratta, Dario Franceschini, il giurato Carlo Verdone (raggiante per l’ovazione in Sala Grande) Luca Zingaretti, Luisa Ranieri. Gli attori Usa spesso disertano la cena ufficiale, ma da “Birdman” c’erano Andrea Riseborough, Amy Adams e Emma Stone. Tra i vip James Ivory, Amanda Eliasch (Azienda Head, attrezzatura sciistica) Frauke Greiner, capouff. stampa della Berlinale, Marina Cicogna senza Benedetta, Federica e Fulvio Lucisano, Roberto Napoletano, Adriana Chiesa in bianco etnico, Irene Bignardi avvolta in vasta palandrana rossa. Ma il tavolo più spiritoso era quello della Visibilia Editore: Piera Detassis, Marco De Benedetti, e le socie sfavillanti (Ciak, Ville e Giardini) Paola Ferrari e la divertita e divertente icona Daniela Santanchè, sempre criticata ma mai ignorata; due indomate donne di destra in mezzo al mare di sdentati lupi di sinistra.