Tutti i trucchetti dell'Europa per vendere mozzarelle ai russi
Per aggirare l’embargo imposto da Mosca, in risposta alle sanzioni occidentali, alcuni paesi colpiti vorrebbero usare i paesi vicini alla Russia come “ponte” per continuare a rifornire i consumatori russi di frutta, verdura, carne, pesce, latte e prodotti caseari.
Roma. Per aggirare l’embargo imposto da Mosca, in risposta alle sanzioni occidentali, alcuni paesi colpiti vorrebbero usare i paesi vicini alla Russia come “ponte” per continuare a rifornire i consumatori russi di frutta, verdura, carne, pesce, latte e prodotti caseari. A margine del vertice tra Unione europea, Ucraina e Unione doganale eurasiatica, tenutosi a Minsk il 26 agosto scorso, il presidente russo, Vladimir Putin, ha denunciato il diffondersi di tale prassi, auspicando che “paesi amici”, come Bielorussia e Kazakistan, approntino tutte le misure per evitare che le imprese dei paesi colpiti continuino a utilizzare simili escamotage. Putin ha mostrato alla stampa una foto con un uomo nell’atto di sostituire l’etichetta del paese di origine di un prodotto, la Polonia, prima della sua re-importazione dalla Bielorussia in Russia. “So che la Bielorussia e il suo presidente stanno facendo di tutto per prevenire questa prassi negativa – ha detto Putin alla presenza di Aleksandr Lukashenka – eppure anche all’interno dell’Unione doganale accade che merci europee vengano re-importate nella Federazione russa”. Pur non volendo adottare misure di embargo temporaneo simili a quelle approvate da Mosca il 6 agosto scorso, i governi di Bielorussia e Kazakistan, due stati che insieme con la Russia fanno parte dell’Unione doganale eurasiatica, avevano assicurato di voler impedire il passaggio dei prodotti proibiti entro i confini della Federazione russa. Apparentemente, le operazioni di controllo e monitoraggio risultano essere più complicate di quanto il Cremlino potesse immaginarsi. Secondo il governo di Varsavia, Mosca starebbe cercando di bloccare anche le merci in transito attraverso la Federazione russa, in modo da eliminare alla radice il rischio che la prassi della re-importazione prenda piede. Parlando con il Foglio, Sergio Russo, consulente in materia doganale e di certificazioni per la Camera di commercio italo-russa, sostiene, tuttavia, che “difficilmente tale prassi potrà effettivamente consolidarsi in paesi storicamente vicini a Mosca e attualmente membri dell’Unione doganale eurasiatica, come Bielorussia e Kazakistan. E’ più facile – prosegue Russo – che le aziende italiane utilizzino canali di paesi amici, come ad esempio Croazia, Serbia o Svizzera”.
Ma Berna ha già fatto sapere che non faciliterà l’aggiramento del divieto da parte dei paesi Ue. In una nota diramata a metà agosto, riportata dal Wall Street Journal, il portavoce dell’Ufficio federale elvetico dell’agricoltura, Jürg Jordi, ha fatto sapere che l’ufficio ha già rifiutato le richieste di alcuni stati europei, oltreché di alcune società, di importare in Svizzera beni di consumo da destinare poi al mercato russo. “Ovviamente – dice Russo – qualora ciò accada, il prodotto non potrà comunque essere reimportato con certificato d’origine italiano o francese e molto probabilmente cambierà nome”. Senza contare che è ormai una prassi quella di realizzare direttamente in Russia prodotti tipici come parmigiano, ricotta e mozzarella. Le sanzioni del Cremlino rischiano insomma di alimentare la contraffazione del made in Italy. A metà agosto, il Moscow Times riportava che già oggi i ristoranti e i supermercati della capitale sono riforniti di formaggi italiani prodotti in buona misura nella Federazione russa. “Tra qualche mese – commentava soddisfatto Alexei Martinenko, ad di una società che produce formaggi per il marchio Unagrande – sarà possibile aprire o modernizzare imprese in Serbia per produrre qualsiasi tipo di formaggio, dal parmigiano al gorgonzola”. Anche Russo conferma che questa prassi autarchica è comune. Spesso sono gli stessi italiani a produrre caciotte, parmigiano e formaggi vari in loco. Per la già debole economia italiana si tratta di un ulteriore scacco. Secondo Coldiretti, le nostre imprese fanno affari per circa 700 milioni di euro l’anno. Tra i paesi più colpiti dalle contro-sanzioni russe figurano Lituania, Polonia e Finlandia, ma anche Grecia e Spagna. Allo stato attuale, Bruxelles dovrebbe sbloccare compensazioni per circa 150 milioni di euro, quantomeno per i produttori ortofrutticoli e caseari. Il blocco ordinato dal Cremlino, per ora della durata di un anno, difficilmente sarà revocato a breve. Al contrario, stante l’escalation nell’est dell’Ucraina, è probabile che il Consiglio europeo di oggi adotterà nuove sanzioni contro Mosca, inasprendo la contrapposizione.
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