Il ponte tra Obama e la Silicon Valley è Megan Smith, nerd e attivista gay
Il rapporto fra le aziende tecnologiche della Silicon Valley e la politica di Washington è il trionfo delle “porte girevoli”, quelle che conducono da una parte all’altra del processo di policy making.
New York. Il rapporto fra le aziende tecnologiche della Silicon Valley e la politica di Washington è il trionfo delle “porte girevoli”, quelle che conducono da una parte all’altra del processo di policy making. Una volta era territorio lottizzato dall’industria farmaceutica e petrolifera e dai vari rappresentanti del “complesso militare-industriale” che praticavano l’antichissima e simultanea arte del cantarsela e suonarsela. Ora è la zona grigia dove i ferri vecchi della politica incontrano i loro tecnologici rottamatori. Ci sono politici che si riciclano come lobbisti (il capo della lobby di Google a Washington, Susan Molinari, è un ex deputato repubblicano) e strateghi elettorali che finiscono per curare l’immagine di start up “disruptive”. David Plouffe, grande storyteller della prima campagna elettorale di Barack Obama, è finito a fare il manager di Uber non a caso quando si è scoperto che la compagnia che ha rivoluzionato il modo di andare in taxi usava tecniche piuttosto selvagge per tagliare le gambe ai competitor. Le porte girano però anche nella direzione opposta. Circola con insistenza una notizia messa in giro dai ben informati cronisti tech di Bloomberg sulla nomina di Megan Smith come Chief technology officer degli Stati Uniti, il capo del settore tecnologico dello stato incaricato di compiere la digitalizzazione della pratica del governo, versione aggiornata del processo di elettrificazione sovietico.
Smith non può che essere un prodotto di Google. Il suo ultimo incarico è stato quello di vicepresidente di Google X, il futurizzante laboratorio dove Sergei Brin tenta di mettere in pratica le visioni più temerarie, dalla macchina che si guida da sé all’intelligenza artificiale. Se un giorno l’uomo tecnologico raggiungerà la “singularity”, punto di fusione tra uomo e macchina e abbrivio del genere transumano, questo avverrà negli hangar semisegreti di Google X.
Obama vuole l’esperienza della 49enne plurilaureata al Mit per portare la rivoluzione digitale nel settore pubblico, il più impermeabile al cambiamento. Smith è stata scelta, pare, anche per una spiccata tendenza ideologica che certo non è rara nella Silicon Valley. La vicepresidente di Google è lesbica e si è distinta per l’attività di promozione della causa gay. Prima di arrivare a Google ha fondato Planet Out, piattaforma d’incontro per utenti omosessuali. L’unione fra competenza tech e battaglie liberal sotto l’ombrello di Google sembra disegnata sui desiderata di Obama e perfetta per rimpiazzare Todd Park, il Cto dello stato che si è dimesso per la promessa fatta alla moglie di educare i figli in California. Park ha lasciato il posto ma continuerà ad agire per conto della Casa Bianca, perché il governo non ha bisogno soltanto di portare pezzi di Silicon Valley a Washington, ma anche di avere uomini sul territorio per intercettare idee da mettere al servizio di un governo in fase di conversione digitale.
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