Ieri premiata con il Leone d'oro alla carriera Thelma Schoonmaker (foto LaPresse)

Un piccione sul ramo che vale un Leone, irriferibili sms dalle feste

Anselma Dell'Olio

Da "A Pingeon sta on a branch reflecting on existence" di Roy Andersson a "Near death experience" di Gustave de Kervern e Benoît Délépine e il tradizionale pranzo con Barbera e Baratta con i giornalisti al casinò. Cronache veneziane.

A PIGEON SAT ON A BRANCH REFLECTING ON EXISTENCE di Roy Andersson (concorso)

Non tutti gli svedesi somigliano a Bergman. Neanche Roy Andersson si fa illusioni sull’umanità. Illustra però il suo punto di vista con ironia e geometria (gli interni somigliano a quadri di Edward Hopper, virati nei beige e nei verdini meno invitanti). La vecchia moribonda tiene stretta la borsa con i gioielli, i figli gliela strappano di mano, il letto d’ospedale scivola via nella colluttazione. Due commessi viaggiatori depressi vendono scherzi carnevalieri che nessuno vuol comprare. Se il Leone d’oro deve andare a qualcosa di bello e originale, scordatevi il gobbetto Leopardi e scegliete “Il piccione che sul ramo riflette sull’esistenza” (complimenti anche al titolo).


 
OLIVE KITTERIDGE di Lisa Cholodenko (fuori concorso)

Lo diciamo un’altra volta? Diciamolo, giacché i frequentatori di festival ancora usano “televisivo” come insulto. Siamo stati salvati dalla HBO, dalla regista di “I ragazzi stanno bene”, da una fantastica Frances McDormand che si è appropriata di Olive Kitteridge (il romanzo di Elizabeth Strout esce da Fazi). Un’insegnante di matematica dai modi bruschi, adorata da un marito più mite, in una cittadina del Maine dove la tentazione del suicidio prima o poi viene a tutti.

 

NOBI (FIRES ON THE PLAIN) di Shinya Tsukamoto (concorso)

Mai visti tanti visceri esposti e tanti cervelli che schizzano fuori dalla scatola cranica. Ma non è violenza gratuita, sostengono i fan del giapponese. Qui si denuncia la follia di tutte le guerre (se siete di quelli che non fanno differenza tra i nostri e i loro). Remake di un film del 1959, ambientato su un’isola delle Filippine: il soldato Tamura ha la tisi, viene abbandonato dai suoi, mangia patate crude. Bello sarebbe avere una granata per suicidarsi.

 

NEAR DEATH EXPERIENCE di Gustave de Kervern e Benoît Délépine (Orizzonti)

Effetto Houellebecq: lo scrittore francese, qui in veste di attore quasi unico, trasforma in noia tutto quel che tocca. Rovina anche due registi che finora non avevano sbagliato un film. Vedere per credere “Louise Michel” e “Mammuth” con Gerard Dépardieu.

 

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Tradizionale pranzo con Barbera e Baratta con i giornalisti al casinò. Classici pronunciamenti e statistiche della dirigenza per dimostrare che questo è il miglior festival possibile, de ‘sti tempi. Affluenza piatta ma con questi chiari di luna non calare è già una vittoria, dice Barbera, soave e sabaudo. Ottima pappa a base di pesce e buoni vini S. Niccolò, a cura dello chef Tino Vetturello e i primi goody bag della Mostra: occhiali da sole Persol e due prodotti L’Oréal. Alla domanda sul Lido morente oggi e come rilanciarlo, Baratta, che mangia pane e volpe, racconta la battuta del conte Volpi, fondatore della Mostra. Si discuteva tra imprenditori se collocare il Festival alla Giudecca. Il conte, nel 1932: “La fasemo al Lido perché l’è un po’ straca”. Non mancano le feste, ma spesso sono punitive. “Une fête, une île”, al St. Regis all’isola San Clemente prometteva bene. Offerta dall’Unifrance con Variety e il gruppo Starwood, garantiva squisitezze firmate, champagne a fiumi, un evento di prestigio per festeggiare la Mostra e il cinema francese. Finito tardi il lavoro, visto il moto ondoso crescente e appurato che i motoscafi messi a disposizione erano a pagamento dell’invitato, si va a nanna. A mezzanotte scoppia l’uragano, i water taxi sono fermi altrove, e moltissimi ospiti in pompa magna fradici sono rimasti bloccati sull’isola fino alle 3.30. Buona la cena seduta di Sky per la nuova gustosa serie tratta dal bestseller di Elizabeth Strout, “Olive Kitteridge” starring Frances McDormand, qui per il premio Persol e la promozione. Arriva in tuta di seta nera e comode Birkenstock. Il marito Joel Coen lascia a Frances i riflettori e resta a debita distanza. Si scodinzola per la coppia di “Fargo”, ironica, artisti veri e comfortable in their skin, habitués dei mitici brunch di Jacquie e Antonio Monda a New York. La festa di Grazia per “Nimphomaniac 2” era in agenda, ma arriva un sms da colleghi che è “di uno squallore mai visto”, e saputo da altre che all’una sono state buttate fuori, si corre in cuccia. Ma che c’entra il tosto film d’essai di Lars von Trier sulla sexual addiction con una testata per ragazze cresciute tutta profumi, trucchi e “must” di stagione?

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