Il Rodomonte del lago di Como e il significato del gestaccio
Rodomonte era un cavalliero coi fiocchi, sul campo di battaglia e in amore, e un formidabile bestemmiatore tra i Mori. Lo spirito guascone, la guasconata, è cosa rara e preziosa in ogni tempo e occasione, anche in occidente. Nel sostituire all’autorevole fiera delle vanità di Cernobbio la visita a una fabbrica di rubinetti, e nel far sapere in giro che a lui le chiacchiere di establishment non garbano, il giovane Renzi, fiorentino d’elezione e screanzato di costituzione, si è tolto una soddisfazione, e qualcosa di più. A Cernobbio si va per titoli. I titoli sono certificati dallo status. La graduatoria delle apparizioni e lo standing negli eventi e nei pranzi sono stabiliti dai “creativi” quasi allo stesso modo del posto al ristorante attribuito a quelli di Hollywood nei ritrovi hip di Los Angeles. Se il tuo ultimo film ha incassato, tutto bene, front line; sennò devi accomodarti nel tavolo dove non ti vede nessuno, forse addirittura sulla via della toilette, insomma in quella che tecnicamente si chiama “siberia”. Solo che spesso l’incasso hollywoodiano sul lago di Como è una nomina, una cooptazione, uno scatto di carriera meritato, certo, e chi ne dubita?, ma automatico.
Lo studio Ambrosetti, organizzatore della festa del denaro che non si investe e della politica che non decide, è una cosa seria. Chi deve esserci c’è. Ma abbondano ex e pensionati con le loro idee, inevitabilmente; c’è addirittura la proposta di una Onu delle religioni, veramente ficcante ed attuale, e non mancano mai coloro cui fu comminato per punizione un qualche premio Nobel. Si può tranquillamente saltare l’appuntamento, che pure in molti casi ha un suo interesse e vale il viaggio, senza doversi vergognare. Se è per compiacersi d’aver salutato con un “bye bye Condy” un segretario di Stato americano, uno può farlo anche nelle acque di Marettimo, com’è successo.
Ora dicono che Renzi è populista, fino a ieri era l’ultimo argine al populismo. Certo è un maleducato, perché agli inviti ci si sottrae di regola in un composto silenzio, sbeffeggiamenti non sono previsti dal protocollo. Ma la maleducazione è un linguaggio, come le buone maniere e l’affettazione delle stesse, e tutto sta a capire se questo giovane rozzone, che d’altra parte associa le sue intemerate a illustri precedenti di Craxi, di Berlusconi e forse in qualche caso anche di Prodi, voglia dirci con lo schiaffo del lago di Como qualcosa di importante. Lì in riva al lago – potrebbe aver pensato – ci sono molti di quelli, la stragrande maggioranza, che hanno guidato il corso delle cose in questi ultimi venti, trent’anni: a voler cambiare verso, occorre decisamente stare altrove, altrove cercare una qualche forma di legittimazione. Sono pensieri rischiosi, e forse in parte anche ingiusti, ma non proprio privi di una base effettuale, mi pare.
Solo che di gran gesti, o di gestacci (ché in Italia le due cose sono assimilabili), è lastricata la via delle grandi ambizioni politiche, poche e segnalate negli ultimi decenni, e anche del loro fallimento. Il gestaccio non basta. Serve poi la combinazione politica capace di realizzare ciò che la villania denota e connota come fine assoluto, serve il sequitur del più beffardo coraggio o di un’etica della decisione che si riveli insieme realistica e intrattabile. Mi piace pensare che Renzi ora faccia senza nemmeno preoccuparsi di annunciarle quelle due o tre cose importanti – spesa tasse e lavoro – che le tecnoburocrazie coalizzate, più i tremebondi re del consumo di denaro non investito, e spesso non denaro proprio, sono intente da molti anni ad impedire. Allora sarà valsa la pena di tanta cresposa ruvidezza, e tutti saremo felici e contenti di essere finalmente pettinati, con un certo garbo ma senza indulgenza, per un verso diverso da quello in cui è disposto il pelo che abbiamo sullo stomaco. Tanto. E il prossimo seminario Ambrosetti, che non è proprio una Leopolda, o un seminario sulla o della gioventù, potrebbe essere baciato da una nuova luce.
Il Foglio sportivo - in corpore sano