Il ritorno di Cheney per combattere il vuoto strategico di Obama
L’ex vicepresidente rientra nel dibattito sulla politica estera mentre la Casa Bianca annuncia la strategia contro lo Stato islamico.
New York. In origine i deputati repubblicani avevano invitato Dick Cheney al primo incontro a porte chiuse dopo la pausa estiva del Congresso per discutere di strategie elettorali. A novembre ci sono le elezioni di midterm, e il partito sfilacciato cerca il consiglio dei padri conservatori per ricompattarsi attorno a nuove idee e replicare la vittoria di quattro anni fa. Viste le circostanze, però, l’ex vicepresidente ha parlato soltanto dello Stato islamico, minaccia “molto pericolosa” a cui Obama ha opposto una non-strategia che “manda al mondo un messaggio di debolezza”. La politica estera e la postura dell’America nel grande pasticcio geopolitico del presente sono tornate al centro del dibattito politico, e così Cheney ritorna a essere il faro di un movimento conservatore che per una stagione si è lasciato incantare dalle sirene dell’isolazionismo. Ora che anche il libertario Rand Paul – antagonista dello stato poliziotto della società civile e, per ragioni analoghe, antagonista dell’America poliziotto del mondo – invoca un approccio muscolare all’avanzata del Califfato, il partito è pronto ad allinearsi sui consigli dell’inossidabile Cheney. Dopo l’uccisione del giornalista James Foley, l’ex vicepresidente aveva parlato di un “evento ovviamente terribile”, aggiungendo: “Proviamo a moltiplicare quello che è successo per un milione di volte, perché questo è quello che attende il mondo se non affrontiamo in modo efficace questa crisi”.
Sono giornate di incroci politici ad alto coefficiente simbolico: riaffiorano i richiami al passato dell’Amministrazione Bush che il successore aveva tentato di chiudere nello sgabuzzino della storia. Ieri pomeriggio i leader del Congresso hanno incontrato Obama alla Casa Bianca per parlare del discorso che il presidente farà oggi sull’espansione dell’offensiva contro lo Stato islamico. Dopo l’incontro con Cheney, lo speaker della Camera, John Boehner, ha detto che i repubblicani non si esprimeranno sull’iter legislativo da seguire finché Obama non avrà spiegato chiaramente qual è la sua strategia per combattere lo Stato islamico, al di là dei bombardamenti circostanziati e del reclutamento trasversale dei nemici regionali del Califfato. Si è parlato anche di sottoporre l’intervento militare al voto del Congresso, considerato da molti democratici una legittimazione necessaria per evitare iniziative à la Cheney. Bill Clinton lo accusa di avere creato lo Stato islamico con l’invasione dell’Iraq nel 2003. Lunedì Obama ha visto a cena un gruppo di analisti fra cui Richard Haass e Stephen Hadley, esponenti dell’Amministrazione Bush, i quali non avranno lesinato critiche al logorante attendismo della Casa Bianca.
[**Video_box_2**]Questa mattina, mentre gli speechwriter di Obama ancora levigano un discorso che si preannuncia denso di proposizioni avversative e distinzioni sottili (ma che sarà letto alla nazione in prime time, l’ora degli annunci più gravi), Cheney arringa il quartier generale dei neocon negli anni del suo governo, l’American Enterprise Institute. Il titolo suggerisce uno scontro frontale a distanza con Obama: “L’11 settembre e il futuro della politica estera americana”. Nel frattempo il segretario di stato, John Kerry, incontra a Jeddah, in Arabia Saudita, i rappresentanti dei paesi arabi a cui l’America chiede un coinvolgimento nella guerra contro lo Stato islamico. Per il momento i funzionari arabi sono cauti, “almeno finché non vediamo chiaramente una strategia”, come ha detto un rappresentante coinvolto nei negoziati al Wall Street Journal. E’ per cercare la chiarezza perduta che il Partito repubblicano richiama in servizio Cheney.
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