Matteo Richetti con Maria Elena Boschi (foto LaPresse)

Manette, riforme e Dna

Giachetti ci spiega perché la sinistra non è a suo agio con i giudici che sbagliano

Claudio Cerasa

L’inaspettato e prepotente ingresso del Partito democratico sul prestigioso palcoscenico dell’Isola dei perseguitati. Dal caso Emilia alla rivolta dell’Anm. La difficoltà a educare un elettorato, il garantismo e quel peccato originale. “Tempismo sospetto, diciamo”

L’inaspettato e prepotente ingresso del Partito democratico sul prestigioso palcoscenico dell’Isola dei perseguitati – prima la condanna del governatore dell’Emilia Romagna a due anni di reclusione, poi le dure lettere dell’Anm contro la riforma della giustizia, quindi l’uno-due improvviso delle indagini sui due principali candidati del Pd alle primarie per l’Emilia Romagna, e in pratica a Renzi ormai mancano solo i post-it gialli – ha messo il centrosinistra nella condizione insolita di chi, dopo aver per anni rotto gli zebedei al centrodestra sull’autonomia, l’indipendenza e l’impeccabilità quasi oracolare della magistratura, si ritrova oggi a recitare una parte anomala. I più ingenui direbbero semplicemente che la sinistra è diventata garantista, che un po’ è vero. Ma i sofisticati e i meno banalotti direbbero invece che a sinistra sta succedendo una cosa che non era mai successa prima. Sostiene Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera, renziano di ferro: “Se metti insieme il casotto emiliano, con queste indagini che non mi sembrano proprio impeccabili, e alcuni punti della riforma della giustizia, vedi per esempio il dossier sulla responsabilità civile dei giudici, il punto è che il nostro partito per la prima volta sta facendo i conti con una dura realtà: dover spiegare agli elettori che qualche volta anche i magistrati possono sbagliare”.

 

Giachetti lo dice con il sorriso amaro di chi per anni ha combattuto da posizioni solitarie battaglie in difesa del garantismo e oggi, di fronte ai lievi svenimenti di molti compagni che evidentemente non si trovano a loro agio a vestire un po’ berlusconianamente i panni di coloro che vogliono dare qualche sano buffetto alle procure, dice che lo smarrimento ha precise origini storiche. “Per molto tempo la nostra parte politica ha pensato che fosse necessario cavalcare le azioni giudiziarie per sconfiggere Berlusconi. Negli ultimi vent’anni il modo di ragionare dell’elettore di centrosinistra è stato viziato da questa genialata politica e non mi stupisce che ancora oggi sia complicato educare il nostro popolo a un concetto semplice come la presunzione di innocenza. Vi faccio un esempio. Dopo la notizia degli avvisi di garanzia a Richetti e Bonaccini ho sentito molti compagni e molti amici dire: oh, mi auguro che Stefano e Matteo possano dimostrare la loro innocenza. Capite? La presunzione di colpevolezza si trova ormai nel nostro Dna, a nessuno viene in mente, di fronte a un’indagine, che non è l’indagato a dover dimostrare la sua innocenza ma è il magistrato a dover dimostrare la colpevolezza dell’indagato, e anche per questo bisogna dare atto a Renzi di essere stato coraggioso e coerente su un punto importante: se sei indagato non sei condannato e dunque, se credi, puoi tranquillamente fare politica”.

 

[**Video_box_2**]Attivismo sospetto? “Io dico solo che gli avvisi di garanzia sono arrivati con tempestiche sospette, e dubito che i magistrati non sapessero che avrebbe avuto un forte impatto politico concludere un’indagine nel giorno in cui i candidati avrebbero dovuto presentare le firme per partecipare alle primarie. Per utilizzare lo stesso metodo adottato negli ultimi anni dal partito trasversale delle manette direi: mi auguro che i magistrati possano dimostrare la loro innocenza…”. Il cronista chiede con malizia se valga la pena seguire la pista della persecuzione giudiziaria legata all’attività del governo sulla giustizia. Giachetti, sorridendo, la mette così. “Se, vabbe’, non ci casco! Ritorsione no. Resistenza incredibile però sì”. In che senso? “Mi fa ridere che ogni volta che tu sfiori la giustizia ci sia un sindacato dei magistrati pronto a urlare: ah, questo è un attentato alla nostra indipendenza; questo è un attentato alla Costituzione. Facciamo i seri… Sento Sabelli, segretario Anm, che dice: questa riforma si occupa solo di piccole cose, di cose minute. Gli risponderei così: hai ragione Sabelli, ora rivediamo la riforma e ci mettiamo anche le cose che non abbiamo ancora messo, ahimè”. Critico con Renzi? “Questa riforma affronta alcuni punti importanti, e la responsabilità civile è una norma di civiltà che nessun governo ha mai avuto il coraggio di inserire. Però bisogna essere onesti, alcune cose importanti sono rimaste fuori. E per fare una radicale riforma della giustizia non si può prescindere da temi come la separazione delle carriere; l’obbligatorietà dell’azione penale, ormai diventata una barzelletta; la riforma delle carceri. Purtroppo, più per problemi interni ai nostri gruppi parlamentari che per problemi interni alla maggioranza, non tutto si potrà fare. E ancora una volta mi chiedo: caro Matteo, ma se tu vuoi rivoluzionare l’Italia e non hai un partito che riesce a starti appresso, sei sicuro che convenga governare così e che invece, chessò, non valga la pena tornare a votare?”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.