Juncker mette sette buttafuori a guardia dei commissari (ed è superMoghe)
L’obiettivo dichiarato è avere una “commissione politica”, che sia in grado di “affrontare le sfide economiche e geopolitiche” che l’Europa ha di fronte.
Bruxelles. “Essendo in età avanzata, non voglio iniziare a fare il dittatore”. Il presidente designato della nuova Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ieri ha utilizzato questa frase per descrivere i principi che lo hanno guidato nel formare la sua squadra e attribuire i portafogli agli altri 27 membri dell’esecutivo comunitario che, previa approvazione dell’Europarlamento, entrerà in funzione il 1° novembre. L’obiettivo dichiarato è avere una “commissione politica”, che sia in grado di “affrontare le sfide economiche e geopolitiche” che l’Europa ha di fronte, ha spiegato Juncker. I 27 commissari “non sono civil servants, sono dei politici e dovranno comportarsi come tali”.
La struttura scelta è una piramide a tre livelli, con al vertice il presidente, che delegherà poteri a sette vicepresidenti, di cui due (Federica Mogherini come Alto rappresentante e l’olandese Frans Timmermans come “braccio destro” plenipotenziario) più importanti degli altri. I vicepresidenti – i restanti sono la bulgara Kristalina Georgieva per l’Amministrazione, la slovena Alenka Bratusek per l’Unione energetica, il finlandese Jyrki Katainen per gli Investimenti, l’estone Andrus Ansip per il Mercato unico digitale e il lettone Valdis Dombrovkis per l’Euro e il Dialogo sociale – avranno una specie di potere di veto (nel gergo brussellese lo chiamano “filtro”) sui “commissari semplici”. E’ stata la condizione posta da alcune capitali, in particolare Berlino, per affidare al socialista francese Pierre Moscovici il portafoglio degli Affari economici e monetari, che decide su multe o rinvii per chi non rispetta il Patto di stabilità. Pur andando all’Eurogruppo e firmando le decisioni sui bilanci nazionali, Moscovici sarà commissariato da Dombrovkis, lodato da Juncker perché ha fatto uscire l’Estonia dalla crisi, rilanciandone l’economia con una dura cura di austerità e riforme.
Oltre ai vicepresidenti, i commissari che contano nella Commissione Juncker sono donne. La liberale danese Margrethe Vestager ha ottenuto la Concorrenza, “uno dei portafogli più importanti”, spiega al Foglio un funzionario comunitario: non dovrà rispondere a nessun vicepresidente e potrà muoversi liberamente come nuovo zar dell’Antitrust. Un’altra liberale, la svedese Cecilia Malmström, dopo essersi occupata di Immigrazione e Affari interni per cinque anni, assumerà la responsabilità del Commercio, prendendo in mano uno dei dossier più delicati della legislatura: i negoziati per un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. La cristiano-democratica belga, Marianne Thyssen, ha ottenuto una versione molto rafforzata del portafoglio dell’Occupazione e degli Affari sociali.
[**Video_box_2**]La sorpresa più politica è la nomina del britannico Jonathan Hill ai Servizi finanziari, cui spetterà il compito di gestire l’unione bancaria della zona euro, anche se il Regno Unito ne è fuori. Il messaggio inviato da Juncker al premier britannico, David Cameron, è doppio: Londra conta ancora nonostante il referendum “fuori o dentro l’Ue” promesso entro il 2017; con la nuova Commissione, i paesi fuori dall’euro non saranno considerati di serie B rispetto ai membri dell’unione monetaria. Nel difficile gioco di equilibri – “non sono stato il solo padrone delle mie scelte”, ha ammesso Juncker – il presidente della Commissione ha accontentato diverse capitali. Parigi ha avuto Moscovici agli Affari economici, malgrado la sbandata sui conti. Atene ha ottenuto l’Immigrazione per Dimitris Avramopoulos, nonostante le accuse di abusi contro i migranti. L’Irlanda ha strappato l’Agricoltura per Phil Hogan. La Spagna è soddisfatta di avere il Clima e l’Energia per Miguel Arias Cañete. L’austriaco Johannes Hahn guiderà una Politica di vicinato, probabilmente ancora orientata a est, anziché a sud. Mogherini, che avrà Hahn come vice, trasferirà i suoi uffici dalla sede del Servizio esterno a quella della Commissione per pesare di più negli assetti interni e utilizzare pienamente il peso politico-finanziario della Commissione nella gestione della politica estera.
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