Comportarsi da leader

“Viva Merkel, ma non c'è futuro per gli ebrei tedeschi”

Giulio Meotti

Lo scrittore Broder: la storia cambia, ma la valanga inizia da una palla di neve.

Roma. Impressionante vedere la cancelliera Angela Merkel denunciare l’antisemitismo sotto la porta di Brandeburgo e scandire slogan come “Nie wieder Judenhass”. Secondo Jochen Bittner della Zeit, che ieri ha scritto un articolo sul New York Times, un odio nuovo imperversa in Germania. Non proviene più dalla galassia neonazi, ma dal fondamentalismo islamico. “La verità che molti non vogliono affrontare è che il sentimento antiebraico origina in europei di tradizione musulmana”, scrive Bittner.

 

[**Video_box_2**]Henryk Broder, editorialista dello Spiegel e della Welt, corsivista fra i più noti del giornalismo berlinese, ebreo figlio di dissidenti fuggiti alle persecuzioni della Polonia comunista, lo va dicendo da anni. “Merkel è davvero scioccata da quanto sta avvenendo, è una brava persona e ha avuto tanto coraggio politico a presentarsi alla manifestazione”, dice Broder al Foglio. “Ma il problema è più profondo, è la sindrome della negazione che attanaglia la Germania. E’ vero che è un antisemitismo importato, come scrive Bittner sul New York Times, ma anche che ha una base tedesca. La colpa è della sinistra multiculturalista. Adesso tutti si dicono scandalizzati dell’antisemitismo, ma è come quella ragazza che scopre di essere incinta da otto mesi. Era stata così prudente. I politici tedeschi si rifiutano di denunciare il fondamentalismo islamico, adesso la moda, vedi Cameron e Obama, è dire che l’Isis, lo Stato islamico, non è ‘vero islam’”.

 

Nei giorni precedenti la manifestazione di Berlino contro l’antisemitismo, per giorni “pattuglie della sharia” hanno imperversato in una città della Renania, Wuppertal. “Siamo riusciti ad allontanare le care e cari sorelle e fratelli dall’alcol, da abiti peccaminosi e immorali, dall’inferno infedele di discoteche, locali notturni, case da gioco”, hanno detto alla Süddeutsche Zeitung.

 

Broder, autore del best seller “Vergesst Auschwitz!”, accusa l’establishment ebraico berlinese. “Speravano che gli attacchi fossero diretti soltanto contro obiettivi israeliani, che gli ebrei tedeschi fossero immuni. Il vice presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei, Josef Schuster, ha recentemente dichiarato che bisogna ‘distinguere tra ebraismo e lo stato di Israele’. Pensavano che il pericolo potesse venire soltanto dallo stato, mai dalla società. Che cosa? Dove? Come? Qui da noi? Alle nostre porte? E’ terribile! Come può accadere? Mi ricordano Robert Weltsch, caporedattore della Jüdische Rundschau, che in risposta al boicottaggio delle imprese ebraiche del 1933 disse: ‘Indossate con orgoglio la macchia gialla!’”.

 

E’ qualcosa di profondo, dice Broder. “Così possono continuare a coltivare la buona coscienza della Germania per superare il senso di colpa della Shoah. Sono così fieri degli israeliani che fuggono da Benjamin Netanyahu e vanno a vivere a Berlino. La catastrofe dell’Olocausto ha reso i tedeschi ciechi all’antisemitismo interno e aggressivi nei confronti dello stato di Israele. Intanto, si costruiscono memoriali. Non ne hanno mai abbastanza”.

 

“Solo case di cura e cimiteri ebraici”
L’analisi di Broder è a dir poco pessimista: “Non c’è futuro in Europa per gli ebrei. Ogni valanga inizia come una palla di neve. In venti, trent’anni ci sarà il Consiglio centrale degli ebrei in Germania e in Francia il Conseil Représentatif des Istitutions Juives de France, le strutture ufficiali saranno intatte, ma senza gli ebrei. Solo case di cura per anziani ebrei e cimiteri ebraici”. La storia non si ripete, ma progredisce. “Non ci sarà la Notte dei Cristalli, né le leggi di Norimberga o le panchine separate per ariani ed ebrei. Forse sarà possibile seguire la raccomandazione di Charlotte Knobloch, rinunciare a indossare la Stella di David in pubblico. Forse qualche genio ebraico inventerà un mantello dell’invisibilità, anche a beneficio dei yazidi in Iraq, dei Bahá’í in Iran e dei cristiani in Nigeria. Ma gli ebrei lo vogliono? Vogliono mandare i loro figli nelle scuole che hanno bisogno di essere protette?”.

 

Dove andare allora? “Ad Ashkelon, Sderot e Beer Sheva ci sono camere libere”, conclude Henryk Broder con il suo famoso sarcasmo.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.