Monsanto subito
La multinazionale degli Ogm, esecrata dalle élite verdi ben pasciute ma osannata dai Nobel che hanno reso il nostro un mondo migliore .
La Monsanto è da centotredici anni sul mercato e da quindici sinonimo del diavolo. “Mon-Satan”, l’hanno ribattezzata gli antagonisti di tutto il mondo storpiandone il nome che il capostipite, il chimico americano John Francis Queeny, scelse in onore della moglie. Nessuna multinazionale al mondo può vantare operazioni “Brucia Monsanto”. La prima fu celebrata nel 1998 con migliaia di contadini che davano fuoco alle coltivazioni sperimentali della multinazionale nell’India del sud. In Italia la più eclatante avvenne a Lodi, dove un laboratorio della Monsanto prima venne posto sotto sequestro dalla polizia, per il timore che fra le cento tonnellate di semi custoditi ve ne fossero di transgenici, e poi fu incendiato da ecoterroristi.
Una recente inchiesta di Business Week ha definito Monsanto “la terza più odiata compagnia d’America”. Peggio della madrina degli Ogm ci sono soltanto British Petroleum e Bank of America a causa dei loro guai ambientali e finanziari. Monsanto viene prima persino della Halliburton, quella della bugia del petrolio iracheno. Per screditare la compagnia, mesi fa era stata messa in giro la voce che avesse acquisito la società di contractor Blackwater, (il nome dalle “acque profonde” nelle quali si addestrano a operare le truppe speciali che hanno assicurato protezione agli americani in Iraq).
Leggende nere, libelli del sangue e cospirazioni occulte si perdono nella storia del boicottaggio dell’azienda di St. Louis, nel Missouri. “Duecentosettantamila contadini indiani si sono suicidati da quando la Monsanto è entrata nel mercato agricolo indiano”. Così parlava Vandana Shiva, la santona del biologico consulente dell’Expo milanese. Poi si scoprì che era tutto falso. Ma il danno causato alla Monsanto è stato immenso. Basta prendere il libro di Marie-Monique Robin, “Il mondo secondo la Monsanto”. Recita il sottotitolo: “Corruzione, inquinamento e controllo del cibo”.
Altri due colossi dell’ogm, come Novartis e DuPont, sono in gran parte sfuggiti a questa pena del boicottaggio. Le campagne contro le compagnie petrolifere sono niente in confronto all’odio per la Monsanto. Il colosso ha 18 mila dipendenti, un fatturato di otto miliardi di dollari e uffici in quarantasei paesi. Da quando nel 1997 lanciò lo slogan “Cibo, salute e speranza”, ha brevettato il 90 per cento dei semi ogm. Nei giorni scorsi ai vertici del gruppo è arrivato David Friedberg, un ex capo di Google, vegetariano che vuole sensibilizzare il pubblico della West Coast, dove da anni ormai si organizzano marce contro la Monsanto, e che vuole portare lo spirito di trasparenza della Silicon Valley all’interno del gruppo, celebre per le sue porte chiuse e i suoi misteri.
Nella visione di Friedberg, i semi ogm consentono agli agricoltori di coltivare appezzamenti più vasti con minori risorse. Dunque è un modo per rendere migliore il mondo. “I critici della Monsanto vogliono vivere in un mondo dove vivono tutti sugli alberi nella foresta pluviale e colgono noci di cocco. Sarebbe stato possibile se ci fossero centomila persone sulla Terra, ma non è il mondo in cui viviamo oggi”.
La Monsanto venne fondata nel 1901 e per prima commercializzò la saccarina, l’edulcorante artificiale per diabetici. Nei suoi laboratori sarebbe stato inventato anche l’aspartame, altro edulcorante artificiale. Passata negli anni Venti alla chimica generale, l’azienda diviene una delle principali fornitrici di acido solforico e poi, negli anni Quaranta, la quarta industria chimica del mondo. Finisce nell’occhio del ciclone negli anni Sessanta, per il diserbante “agente arancio” fornito alle truppe americane in Vietnam, e per le accuse di tossicità ai refrigeranti incombustibili di nuova generazione inventati dalla società di Saint Louis. L’“agente arancio” serviva all’esercito americano per defogliare le zone dove si nascondevano i vietcong. Quel prodotto avrebbe salvato tante vite umane, ma sarebbe entrato anche a far parte dei simboli malvagi di una guerra orfana.
Arriva l’èra del “Pcb”, o policlorobifenile, un derivato per clorurazione del bifenile, conosciuto anche col nome commerciale di “Aroclor 1242”. Veniva usato per il raffreddamento dei condensatori e dei trasformatori. Poi è la volta del Ddt, il più potente insetticida prima demonizzato e poi rivalutato dagli scienziati per proteggere le coltivazioni nel Terzo mondo.
Oggi dire Monsanto significa dire agricoltura americana. Secondo il dipartimento dell’Agricoltura, il 90 per cento del grano degli Stati Uniti oggi è geneticamente modificato. Il 90 per cento dei semi ogm è di proprietà della Monsanto. Fu nel 1988 che arrivò il primo grande risultato: un seme di soia resistente al Roundup, l’erbicida che è uno dei prodotti di punta della Monsanto. I maligni dissero che più delle critiche ai pericoli della sostanza per l’ambiente a muovere i ricercatori sarebbe stata l’imminente scadenza per i limiti temporali dell’esclusiva di brevetto del glifosato, il principio attivo del Roundup. Ma il successo è comunque immenso, e sull’onda dell’entusiasmo Monsanto si lancia in un’altra impresa: una coltura resistente ai parassiti grazie all’inserimento di una tossina insetticida nel codice genetico della pianta. Dalla soia si passa al mais. Poi Robert Shapiro, il presidente che ha indirizzato gli investimenti della Monsanto nelle biotecnologie, si rivolge al cotone.
Shapiro è un ebreo dell’Upper West Side di Manhattan. Quando era a capo della Monsanto, fino al 2000, sembrava quasi a disagio con il suo potere e la sua influenza. Dopo aver frequentato la Columbia University Law School si era interessato di problemi urbani per conto dell’Amministrazione Johnson. Ma aveva visto come la Great Society non era riuscita a mantenere le sue promesse, e si era convinto che il governo non aveva intenzione di curare i mali del mondo. E’ stato lui a fare della Monsanto l’azienda futuristica che è oggi.
Per poter con più comodo vaccinare le piante coltivate, la Monsanto si mette anzi a comprare le grandi produttrici di sementi del paese: la Holden’ Foundation Seed, la Asgrow, la Agracetus, la Dekalb. E nel 1997 inizia la vendita diretta. “Vogliamo educare il mercato”, dicono i suoi dirigenti. Al che concorrenti e associazioni di consumatori iniziano a parlare della sua “arroganza”. Quando nel 1998 i primi battelli carichi di soia ogm sono bloccati nei porti europei, i piccoli coltivatori si stringono alle altre multinazionali contro il comune nemico. Monsanto inventa il gene “Terminator”: sementi sterili, che obbligherebbero i contadini a ricomprarle a ogni raccolto. Terminator viene presentato come “frutta e verdura senza semi fastidiosi”, ma la solidarietà filo-ogm degli agricoltori, forse imprudentemente data per acquisita, non regge. Il 4 ottobre 1999 la Monsanto annuncia l’abbandono di Terminator. Troppo perfetto e spietato.
[**Video_box_2**]Dall’allora vicepresidente Al Gore, e da magnati dell’informatica e della filantropia come Bill Gates, arriva alla Monsanto una rinnovata fiducia: l’azienda si lancia come punta di diamante della biotecnologia. Il giornalista del New Yorker Michael Specter ha chiesto: “Alla Monsanto interessa fare più profitti o salvare il mondo?”. Entrambe le cose. Profitto e ricerca da sempre sono uniti. Se si calcolano la ricerca, lo sviluppo e i permessi, ogni nuovo seme costa alla Monsanto cento milioni di dollari. Come “EverMild”, una cipolla che non fa lacrimare. Per questo l’azienda è molto vigile su chi usa i suoi prodotti senza rinnovare le licenze. Le cause che la Monsanto ha fatto agli agricoltori, 145 nella sua storia, hanno originato parte della sua fama negativa. Ma quale azienda farebbe diversamente con chi pirata i propri prodotti?
Shapiro ha lanciato la Monsanto in “una rivoluzione nel settore agricolo e alimentare, ma in ultima analisi, della salute umana”. Questa nuova scienza, egli dice, è la ragione principale per cui “ora esiste la possibilità di creare una vera e propria scienza della nutrizione, qualcosa che non è mai esistito nella storia dell’umanità”. Il nuovo obiettivo dichiarato della Monsanto è quello di aiutare le persone a “condurre una vita più sana e più lunga, senza continuo degrado ambientale”. Se ci riesce può fare un sacco di soldi.
Tutte le piante che mangiamo (mais, frumento, patate, riso) sono state manipolate in uno sforzo per farle durare più a lungo, fiorire più tardi, avere un aspetto migliore, un gusto più dolce, o crescere più vigorosamente in un suolo testardo. L’insulina prodotta dal 1983, ad esempio, è basata su un gene sintetico che è una replica di quello trovato negli esseri umani. Esperti italiani hanno creato a Cuba in collaborazione con ricercatori locali la canna da zucchero ogm. I brevetti relativi sono di proprietà cubana: i cubani non devono più acquistare pesticidi a prezzi esosi dalle odiate multinazionali dato l’embargo Usa, e hanno aumentato anche la produttività. Eppure, ogm oggi è spesso sinonimo di veleno.
Non esistono studi sulla nocività dei semi Monsanto. La National Academy of Sciences, l’American Medical Association, la World Health Organization, la Royal Society inglese, la Commissione europea e l’American Association for the Advancement of Science nei loro studi indipendenti non hanno riscontrato problemi per la salute riconducibili agli Ogm. L’unico studio che avrebbe rinvenuto tracce tossiche sui semi biotech, pubblicato dalla rivista Food and Chemical Toxicology, è stato ritrattato con clamore nei mesi scorsi. Contrariamente a quanto si crede un laboratorio di sintesi di Ogm costa pochissimo ed è alla portata dei paesi del Terzo mondo. La crescita della popolazione e una pratica agricola di infima efficienza sono la causa principale della deforestazione su scala mondiale. E’ all’Africa e ai paesi in via di sviluppo che si rivolge soprattutto la Monsanto. Introdurre nella frutta e nella verdura geni che controllano la maturazione per rallentarli può significare poco in paesi in cui la produzione è abbondante e la refrigerazione è a buon mercato, ma in Africa e in Asia fino al quaranta per cento di tutta la produzione agricola marcisce nei campi o viene uccisa dai parassiti. Gli Ogm possono davvero sfamare il mondo e curare malattie.
Come ha detto Gordon Conway, della Fondazione Rockefeller, “la lotta può ferire la Monsanto. Ma le vittime reali stanno per essere la verità e i poveri”. Per questo la Monsanto attrae così tanti luminari delle scienze agricole. Perché investe ogni giorno 2,6 milioni di dollari in ricerca. Nessuno al mondo fa meglio e di più.
A favore del lavoro della Monsanto anche il premio Nobel per la Medicina del 1993, Richard Roberts, che ha scoperto i “geni a struttura discontinua”. Roberts ha scritto che “gli Ogm sono la chiave per sfamare il mondo”.
Monsanto a lungo ha avuto tra i propri dipendenti il famoso chimico William Knowles, che nel 2001 ha vinto il Nobel per aver scoperto il trattamento del morbo di Parkinson. Le cellule degli organismi viventi hanno dei recettori che, di solito, rispondono solo a una delle due forme. Che una molecola sia del tipo “mano destra” piuttosto che “mano sinistra” è quindi di importanza decisiva perché può fare la differenza tra un farmaco e un veleno. E’ dunque importante trovare dei metodi per sintetizzare con sicurezza molecole di destra o di sinistra a seconda delle necessità. Il Nobel Knowles ha scoperto dei catalizzatori capaci di indurre reazioni chimiche che producono le molecole desiderate. Knowles è sempre stato un orgoglioso dipendente della Monsanto, e nel laboratorio dell’azienda a Dayton, nell’Ohio, ha realizzato alcune delle sue principali scoperte. Per questo ha donato i duecentomila dollari di premio dell’Accademia reale di Svezia ai ricercatori della Monsanto che avevano lavorato con lui.
Il più importante sviluppo recente coinvolge la coltura più importante del mondo: il riso. Almeno un terzo della popolazione mondiale dipende dal riso, che però è una fonte povera di vitamine. Il professor Ingo Potrykus, docente di Ingegneria genetica delle piante per l’Istituto svizzero di tecnologia, ha creato per la Monsanto un riso in grado di produrre la provitamina A all’interno del chicco. Lo ha chiamato “Golden Rice”, poiché rispetto al normale riso ha un colore giallastro, colore che gli dà come una parvenza dorata. E’ stata una delle meraviglie della Monsanto. Il cibo che può curare il mondo.
La scienziata kenyana Florence Wambugu ha lavorato tre anni alla Monsanto per sviluppare una patata dolce ogm e resistente a un virus che nel suo paese d’origine ha devastato questa coltura vitale per le popolazioni locali, lasciando centinaia di migliaia di bambini affamati e denutriti. Alla fine è riuscita a ibridare la patata dolce con un gene del piretro, un fiore bianco i cui componenti sono fatali per quel virus. Questa nuova patata dolce può resistere al virus, “non richiede pesticidi e promette di sfamare parte degli 800 milioni di persone cronicamente sottonutrite del mondo”. Le coltivazioni tradizionali e i metodi di coltivazione “biologici” adottati nei paesi in via di sviluppo, al contrario, danno regolarmente scarsi raccolti e gente affamata, specialmente se siccità e malattie devastano le piantagioni. Quando però è ormai vicina al trionfo, gli ecoterroristi dell’Earth Liberation Front distruggono il laboratorio e i risultati dei test, rallentando significativamente il suo lavoro salva-vita.
I ricercatori della Monsanto stanno lavorando per sviluppare nuove varietà di frumento e di altre piante che generano proteine capaci di favorire la produzione di anticorpi. Un giorno tali anticorpi potranno alleviare patologie intestinali come le diarree acute, che uccidono da due a quattro milioni di persone l’anno nei paesi in via di sviluppo. Altri ricercatori stanno lavorando a piante geneticamente modificate che potrebbero aiutare a prevenire la fibrosi cistica, l’herpes e l’epatite B.
L’anno scorso la Monsanto ha vinto il World Food Prize, il Nobel dell’Agricoltura istituito nel 1986 dall’agronomo e ambientalista statunitense Norman Borlaug (a sua volta vincitore del Nobel per la Pace nel 1970 per il suo impegno contro la fame nel mondo e sostenitore della Monsanto). Il biotecnologo della compagnia, Robert Fraley, ha sviluppato il primo seme di soia geneticamente modificato nel 1996.
Monsanto oggi finanzia ricerche straordinarie con una borsa di studio intitolata a Borlaug, che aveva ottenuto il Nobel per i suoi studi che hanno portato alla creazione di nuovi tipi di grano e di granoturco che possono crescere anche in condizioni climatiche e ambientali sfavorevoli. Prima di morire, Borlaug ha scritto che “le nazioni ricche possono permettersi di adottare una posizione elitista, accettando di pagare piu cari degli alimenti prodotti con dei metodi che si pretendono naturali, ma il miliardo di poveri e di affamati di questo pianeta non possono farlo…”. E’ questa l’ipocrisia letale dei tanti nemici dell’azienda di St. Louis.
Borlaug, Fraley, Knowles, Potrykus per citarne solo alcuni… Altro che “Pharmageddon” e “Corporation”. La Monsanto appare sempre più come una benefattrice dell’umanità.
Il Foglio sportivo - in corpore sano