Banca al centro
Draghi invoca le riforme, il G20 lo puntella, ma a Berlino ancora malumori
Schorkopf, difensore legale della Bce nel processo della Corte tedesca all’Omt, lascia. Elite anti stimolo monetario. “Rischi di peggioramento”.
Berlino. In Germania le manovre espansive di politica monetaria annunciate il 4 settembre scorso dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, stanno alimentando una nuova ondata di quella che gli anglosassoni chiamano “paura tedesca” (German Angst). Una sorta di psicosi nazionale sulle nefaste conseguenze di una politica monetaria fatta di tassi di interesse molto bassi e di acquisti di titoli pubblici e privati. E la verve riformatrice di Draghi non è detto che basti a sopire questo atteggiamento: “La politica monetaria per avere successo deve essere accompagnata dall’attuazione delle riforme strutturali, dal mantenimento della credibilità del quadro di bilancio e dal rafforzamento della governance dell’Eurozona”, ha detto ieri il banchiere centrale in un’audizione al Parlamento europeo. Poi un monito: “La ripresa nella zona euro sta perdendo impulso”.
L’irrigidimento tedesco però continua e sembra contagiare perfino quella parte dell’establishment di Berlino che fino a un anno fa era ancora disposta a prendere le difese della Bce. Prima la telefonata di fuoco con la cancelliera Angela Merkel (seppur smentita nei contenuti) all’indomani del discorso agostano di Draghi a Jackson Hole, quello in cui apriva a un ruolo delle politiche di sostegno della domanda. Poi l’intervento del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, secondo cui le cartucce a disposizione di Draghi sono finite. Adesso infine il giurista tedesco Frank Schorkopf, difensore legale della Bce di fronte al Tribunale costituzionale federale di Karlsruhe nella controversia sul programma Omt (Outright monetary transactions), dice al Foglio che non sarà più tra i legali dell’Eurotower nel contenzioso di fronte alla Corte di giustizia europea. Schorkopf lascia nel mezzo di un contenzioso di non poco conto, visto che tra gli accusatori c’è anche la Bundesbank. La prima udienza orale è prevista per il 15 ottobre, e Schorkopf ammette che sarà in aula a titolo personale: la difesa ufficiale è stata assunta dai giuristi del servizio legale della Bce.
Schorkopf non è mai stato un dipendente della Bce, ma idealmente segue la strada di chi lo aveva arruolato a Francoforte, Christian Thimann, consigliere personale (e tedesco) di Draghi che lasciò un anno fa dopo 15 anni a Francoforte. Secondo il legale della Banca centrale, con il passare del tempo le promesse di Draghi di voler mantenere gli acquisti di titoli pubblici entro certi limiti sono diventate sempre meno credibili (e difendibili) anche agli occhi dei tedeschi più dialoganti.
[**Video_box_2**]In un’intervista con il settimanale Spiegel, Jens Weidmann ha sferrato un ennesimo attacco, sottolineando che la Bce ha raggiunto il punto di non ritorno: “Ormai non si tratta più soltanto di rilanciare il credito, ma di pompare direttamente liquidità nell’economia”, ha detto riferendosi all’avvio del programma Tltro, una serie di operazioni di rifinanziamento del settore bancario a quattro anni, e agli acquisti di titoli Abs (Asset backed securities), obbligazioni garantite dagli attivi degli enti che le emettono. Anche per alcuni esponenti del governo tedesco operazioni simili vanno collocate in una zona grigia difficilmente inquadrabile nel mandato della Bce. Parlando al Foglio, l’ex deputato liberale e da sempre euroscettico, Frank Schäffler conferma le tensioni esistenti nelle élite della prima economia dell’Eurozona: “Anche a Berlino si stanno accorgendo che Draghi era in realtà una colomba travestita da falco”. Schäffler, che con l’ex capo economista di Deutsche Bank, Thomas Mayer, ha fondato un nuovo think tank di ispirazione libertaria, sta cercando di coinvolgere nella battaglia anche Axel Weber, già governatore della Bundesbank, poi passato in Ubs.
Nel resto d’Europa e del mondo, tuttavia, Draghi è tutto fuorché assediato. Al G20 australiano che si è tenuto nel fine settimana, per esempio, le misure auspicate (e in parte già approvate) dal presidente della Bce hanno trovato ampio sostegno da parte della comunità internazionale. Quando il ministro del Tesoro americano, Jack Lew, ha parlato di “differenze filosofiche con i nostri amici in Europa”, non ce l’aveva certo con il banchiere centrale. L’enfasi sul solo consolidamento dei conti e l’angoscia per una deriva “americana” della politica monetaria sono tutte made in Deutschland.
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