Paolo Scaroni (foto LaPresse)

Il vizietto di Gad, lo stipendio di Paolo

Giuliano Ferrara

Si capisce che l’ex ad dell’Eni, Paolo Scaroni, appena può si trasferisce a Londra. Come ha fatto definitivamente Silvio Scaglia, ex ad di Fastweb, schifato da un paese la cui giustizia grottesca lo ha inchiodato al carcere e a un lungo processo senza che ci fosse il benché minimo indizio di una sua colpevolezza.

Si capisce che l’ex ad dell’Eni, Paolo Scaroni, appena può si trasferisce a Londra. Come ha fatto definitivamente Silvio Scaglia, ex ad di Fastweb, schifato da un paese la cui giustizia grottesca lo ha inchiodato al carcere e a un lungo processo senza che ci fosse il benché minimo indizio di una sua colpevolezza, così, per sport, per farsi notare prima di una inevitabile piena assoluzione. Ma la giustizia nulla può senza i cronisti moralisti che le reggono la coda, senza giornali che con una mano prendono le inserzioni pubblicitarie e con l’altra le danno, le botte, spesso per senso di colpa (a noi che prendiamo le briciole il senso di colpa è estraneo). Infatti i magistrati e i giornalisti sono codini, e tutti lavorano, come disse una volta Pier Camillo Davigo, “per una serena vecchiaia”.

 

Gad Lerner fa una intervista poi smentita al nuovo ad dell’Eni, quel Claudio Descalzi che per il suo merito Renzi, anche su suggerimento del predecessore, ha nominato a capo dell’ultima e unica grande conglomerata italiana che conti qualcosa nel mondo, l’agenzia degli idrocarburi e del gas rifondata da Enrico Mattei e che non finisce da decenni di ispirare la nostra politica estera, di prendere l’iniziativa ovunque possibile in un mondo di feroce concorrenza e di guerre e rapimenti e malandrini da tutte le parti, quello del petrolio. Nella prosa di Lerner c’è un Descalzi che piange per una inchiestucola che dovrebbe essere chiusa immediatamente con l’apposizione del segreto di stato o con altri spicci mezzi possibili, e con la responsabilità nazionale di chi se ne occupa. Pare ci siano dei corrotti in Nigeria, ma guarda, e che girino tangenti che falsano il mercato dell’oro nero, ma guarda, e che ci siano magistrature occhiute, dall’Inghilterra a Milano, che lavorano per il ripristino di una piena legalità, ma guarda tu. Il pm di Repubblica si mette al loro servizio e fa dire all’amministratore delegato dell’Eni che è tutta colpa di Scaroni, del solito Luigi Bisignani, di qualche frase intercettata qui e là, della ria sorte, e che lui non c’entra niente. Descalzi smentisce, ma la frittata è fatta. E la procura di Repubblica insiste, su imbeccata della procura della Repubblica: stanno curiosando nello stipendio e nel patrimonio del manager nero, di pronta ricostruzione letterata e giudiziaria, per bollare le sue ricchezze (Scaroni è sempre stato pagato piuttosto bene, anche perché il suo lavoro produceva notevole valore) con l’infame titolo di: tesoretto.

 

Il “tesoretto” è una somma in nero, di quelle che non sono state estranee alle grandi fortune italiane di tutti i tempi, da quella di Agnelli nel Camerun a quelle della famiglia De Benedetti o di Berlusconi (e vorrei vedere). Bisogna dare testimonianza in giudizio, o nell’inchiesta, che queste fortune nascano da procedure illegali, e vedere che cosa si può ragionevolmente fare in termini di giustizia amministrativa e penale. Ma non si può sputazzare sulla privacy personale di un cittadino della Repubblica italiana, di un manager che fino a prova contraria ha guidato la più grande industria del paese senza compiere reati, e farlo con la solerzia e la sfacciataggine di un guaglione che abbia la fessa finalmente tra le sue mani. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.