La soluzione per gli infidi ribelli siriani? Armi con la scadenza
Nell’avanzata estiva dalla Siria in Iraq, gli estremisti dello Stato islamico si sono impossessati di armi abbandonate nei depositi militari dai soldati iracheni in fuga.
Milano. Nell’avanzata estiva dalla Siria in Iraq, gli estremisti dello Stato islamico si sono impossessati di armi abbandonate nei depositi militari dai soldati iracheni in fuga. Così oggi, gli Stati Uniti che bombardano le postazioni jihadiste in Iraq (ieri anche il Parlamento di Londra ha approvato i bombardamenti) colpiscono anche Humvee e blindati di fabbricazione americana che Washington ha lasciato indietro nel ritiro del 2011 o più semplicemente venduto all’alleato a Baghdad. Il 18 settembre, i deputati hanno approvato il finanziamento per armare i movimenti siriani moderati. Secondo l’Associated Press, Washington invierà armi leggere, munizioni, fucili d’assalto, diverse armi anti carro, Rpg e “altri missili”.
All’interno dei vertici politici e militari la discussione sulla possibile fornitura di armi più sofisticate è però aperta e secondo un recente articolo del Wall Street Journal, funzionari della sicurezza stanno considerando l’utilizzo di tecnologie capaci di “monitorare e disinnescare” a distanza munizioni e armi. Starebbero pensando dunque ad armi con una data di scadenza, come già succede in alcuni casi per le mine. Anthony H. Cordesman, esperto di sicurezza presso il Centro di studi strategici e internazionali di Washington e in passato consigliere del Pentagono, è convinto che le forze moderate siriane non possano avere la meglio contro l’aviazione di Damasco senza armi sofisticate, un po’ come negli anni 80 i mujaheddin afghani non avrebbero potuto cambiare le sorti del conflitto contro i sovietici senza l’aiuto dei missili terra-aria americani Stinger. I ribelli siriani hanno più volte chiesto armi come queste, per colpire aerei del regime, ma l’America teme che possano finire nelle mani sbagliate, attraversare i confini del contrabbando, provocare incidenti come l’abbattimento in Ucraina del volo della Malaysia Airlines.
In un documento del 2012 – Syria, U. S. Power Projection, and the Search for an “Equalizer” – Cordesman propone una soluzione: l’introduzione di quelle che potremmo chiamare armi a orologeria, che grazie a un “kill switch”, un “interruttore” per l’autodistruzione, smettono di funzionare a comando remoto: “Come dimostrano telecamere tascabili dotate di Gps, un piccolo chip che legge di continuo la posizione una volta attivato può essere inserito in queste armi. Se questo chip fosse connesso a un dispositivo capace di disabilitare l’arma una volta che è stata spostata in una zona inadeguata, ridurrebbe di molto il rischio che questa finisca nelle mani sbagliate”. Se la Apple ha pensato a come “autodistruggere” in remoto un iPhone rubato, la stessa tecnologia può essere applicata alle armi, scrive a inizio settembre sulla rivista Scientific American Jonathan Zittrain, professore di Legge e Informatica a Harvard. Sostiene la necessità di creare limiti temporali e geografici, rinnovabili soltanto attraverso codici. Nel caso siriano, servirebbe dunque “incorporare limitazioni Gps a missili terra-aria Stringer per assistere l’Esercito libero nella sua difesa contro attacchi aerei, assicurando allo stesso tempo che i missili siano inutilizzabili al di fuori di quel teatro di guerra”, scrive.
[**Video_box_2**]Alcuni osservatori ed ex funzionari dell’Amministrazione Obama sono favorevoli a simili tecnologie: “Puoi essere molto più sicuro che l’arma da dare all’Esercito libero non finisca per abbattere un aereo civile americano”, ha detto a PSB NewsHour Anne-Marie Slaughter, fino al 2011 al dipartimento di stato – lo scetticismo arriva da alcuni dentro l’esercito. I militari diffidano di tutto ciò che rischia d’essere obiettivo di un cyber-attacco. “Per qualsiasi cosa modificabile, c’è qualcuno che può decodificare e demodificare”, ha detto sempre a PBS il colonnello in pensione Vincent Tedesco.
Il Foglio sportivo - in corpore sano