Luigi De Magistris (al centro) durante la riunione dell'ultimo Consiglio comunale di Napoli (foto LaPresse)

Giggino Warhol

Guido Vitiello

Voglio appendermi un De Magistris in salotto. Non fate subito pensieri macabri, non si tratterebbe mica di un trofeo di caccia. Pensavo piuttosto a una serigrafia in stile Andy Warhol a tutta parete, su cui il faccione dell’ex magistrato con la bandana in testa e gli occhi da pazzo sia virato in nove colori diversi, come Marilyn.

Voglio appendermi un De Magistris in salotto. Non fate subito pensieri macabri, non si tratterebbe mica di un trofeo di caccia. Pensavo piuttosto a una serigrafia in stile Andy Warhol a tutta parete, su cui il faccione dell’ex magistrato con la bandana in testa e gli occhi da pazzo sia virato in nove colori diversi, come Marilyn. Meglio ancora, una scultura iperrealista alla maniera di Duane Hanson, quello della casalinga che fa la spesa con i bigodini o dei turisti americani obesi. Voglio un De Magistris a grandezza naturale in poliestere e resina sintetica da piazzare al centro del soggiorno, un duplicato indistinguibile a occhio nudo dal De Magistris reale, intorno al quale amici e ospiti possano gironzolare, curiosare, commentare.

 

I miei intenti sono celebrativi e non maramaldeschi, spero lo si capisca, ma devo ammettere che c’è in me anche il piccolo azzardo del collezionista dilettante che spera di fiutare dove soffia il vento dell’arte. Sospetto infatti che Luigi De Magistris sarà ricordato come il primo caso di magistrato iperrealista, il primo esponente della pop art giudiziaria, nonché il primo ad aver dimostrato che la giustizia in Italia può esistere solo come fenomeno estetico. Tutto era chiaro fin dal suo debutto televisivo la sera del 4 ottobre 2007, nella Stable Gallery del mecenate Santoro. “Stavo assistendo alla nascita di un nuovo archetipo, ma ancora non lo sapevo” scrisse Filippo Facci, che aveva già capito tutto e forse un De Magistris in salotto ce l’ha già. Perché quell’apparizione in tv fu un grande happening estetico-giudiziario? Perché De Magistris era il primo caso di un magistrato che vive il suo warholiano quarto d’ora di celebrità, protratto per diversi mesi, avendo alle spalle poco più che la sua capacità di presentarsi come simulacro di magistrato, di assumere la postura mediatica del pm combattente. Il suo curriculum era una necropoli di archiviazioni; i pochi processi arrivati al dibattimento li aveva persi più o meno tutti; l’inchiesta che gli valse l’apertura di un’ala nella galleria del giovedì sera su RaiDue era più fumosa e cervellotica di molte installazioni della Biennale. Insomma, a differenza di quella di un Di Pietro, la seconda vita mediatico-politica di De Magistris non sembrava poggiare su una prima vita giudiziaria di un qualche prestigio, ma questo non gli impediva di vantare “inchieste che sono ancora oggi una pietra miliare”.

 

[**Video_box_2**]Bisogna dire che sapeva riprodurre lo stile e l’immagine del magistrato con la stessa disinvoltura con cui gli attori in camice bianco impersonavano i medici negli spot dei farmaci. Lui nemmeno il camice aveva (cercate una sua foto in toga: è più facile trovarlo in costume da bagno), non aveva altro che la sua posa di pm iperrealista, eppure riuscì a far cadere un governo, a far infuriare la sua corporazione, infine a farsi eleggere sindaco di una grande città.

 

Si dice a volte che l’unica grande opera di Andy Warhol sia stata Andy Warhol, la creazione del suo stesso personaggio di artista. Non posso non ricordarmene davanti alla foto di De Magistris che inaugura la mostra di Warhol a Napoli, la scorsa primavera, sorridente accanto a Marilyn. “Il legame Napoli-Andy è vulcanico, vi aspetto”, twittava alla cittadinanza. Il legame Giggino-Andy lo è ancora di più, e non c’è sentenza che possa reciderlo. Fidatevi, quest’uomo è un artista. Mettetevi un De Magistris in salotto.

 

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