Se il Wwf le suona ai pigmei per salvare l'habitat naturale
Il paradosso della difesa ambientale a tutti i costi. Anche a scapito dei popoli indigeni che, secondo le organizzazioni ambientaliste, minacciano l'ecosistema. A volte però chiudono un occhio. Come ha fatto Greenpeace con le balene.
Il Wwf (World Wildlife Fund) è una delle organizzazioni più famose e meritorie nel campo della difesa della vita selvatica. Survival International si occupa invece della difesa dei popoli indigeni. Ed è quasi un luogo comune che le due cose vadano assieme: i popoli indigeni, si dice, sono i più fedeli custodi della vita silvestre. Ma è davvero così? In realtà, accade piuttosto spesso che gruppi ambientalisti finiscano per includere anche popoli indigeni tra le minacce alla salvaguardia di determinate specie. O viceversa, che gruppi indigenisti accusino quelli ambientalisti di sacrificare la sopravvivenza degli uomini in nome di quella di piante o animali. L’ultimo caso è quello che vede il Survival International esprimersi in termini molto duri contro il Wwf, definito “complice degli abusi perpetrati contro i popoli tribali”.
In passato, simili polemiche avevano riguardato, tra le altre, le campagne contro la caccia alla balena o alla foca, attività tradizionali di varie etnie artiche. Oppure i vedda dello Sri Lanka e i boscimani del Kalahari, cacciati dalle loro terre ancestrali per creare riserve naturali. Ma adesso si parla addirittura di squadre armate anti-bracconaggio “sostenute e finanziate dal Wwf” che se la prendono con i pigmei Baka del Camerun sud-orientale. “Anziché occuparsi dei potenti che reggono le fila del bracconaggio organizzato, i guardaparco e i soldati perseguitano i Baka, che cacciano solamente per sfamare le loro famiglie”, è la denuncia di Survival International. I Baka e i loro vicini, accusati di bracconaggio, subiscono arresti, pestaggi e torture e molti di loro raccontano di amici e parenti morti a causa delle percosse. Inoltre, il ministro delle Foreste e della Fauna del Camerun, che recluta i funzionari forestali, è finanziato dal Wwf che fornisce alle guardie anche assistenza tecnica, logistica e materiale. Senza questo sostegno, le squadre anti-bracconaggio non potrebbero operare.
Sarebbe stato interessante ascoltare anche la risposta del Wwf ma, secondo Survival International, costoro sembrano "restii a riconoscere le proprie responsabilità”. Va ricordato che il Wwf aveva invece ritenuto “non un pericolo alla sopravvivenza della specie” la caccia tradizionale alla balena condotta dalle etnie indonesiane Lamalera e Lamakera, schierandosi in tal modo contro la linea oltranzista della Sea Sheperd Society. Greenpeace invece, a proposito della caccia alla balena condotta dagli eschimesi, se ne era lavate le mani: “Non siamo contrari, ma neanche favorevoli”, aveva fatto sapere l'organizzazione non governativa.
E' vero però che in passato alcune estinzioni di massa sono state provocate proprio da popoli cacciatori con metodi tradizionali: basti pensare alla fine che fece l’uccello gigante "moa" quando in Nuova Zelanda arrivarono i Maori. Insomma, l’alternativa tra la conservazione di animali e piante e quella degli indigeni è spesso un paradossale circolo vizioso, che richiede massicce dosi di pragmatismo per essere risolto.
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