Manuel Valls e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Bruxelles è pronta a bocciare le finanziarie di Renzi e Valls

David Carretta

Roma e Parigi invocano “le circostanze eccezionali” e puntano al 2017, ma dalla Commissione europea arrivano segnali negativi.

Bruxelles. Le bozze di bilancio per il 2015 non sono state ancora formalmente inviate ma, di fronte a numeri che vanno ben oltre la “flessibilità” del Patto di stabilità, la Commissione europea sembra pronta alla “bomba atomica”: chiedere alla Francia, e forse all’Italia, di rifare i compiti a casa e ripresentarsi con cifre più conformi alle regole europee. La presentazione della Loi de Finances da parte del governo di Manuel Valls e la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dell’esecutivo di Matteo Renzi hanno fatto suonare l’allarme. “Francia e Italia sono due casi difficili”, spiega al Foglio una fonte della Commissione. Entrambi hanno deciso unilateralmente di spostare al 2017 gli obiettivi fissati nelle raccomandazioni di Commissione ed Ecofin: Parigi il rientro del deficit sotto il 3 per cento del pil, Roma il pareggio di bilancio in termini strutturali. Entrambi invocano le “circostanze eccezionali” per sfuggire alla rigidità delle regole europee perché, contrariamente alle previsioni di primavera, la ripresa si è arrestata e l’inflazione è quasi deflazione. Dai leader di entrambi i paesi arrivano bordate contro la governance comune dell’euro appena riformata. “La Francia decide da sola”, ha detto Valls durante il suo discorso di politica generale all’Assemblea nazionale a settembre. “Preferisco avere una Francia al 4,4 per cento oggi che una Francia con Marine Le Pen domani”, ha spiegato Renzi in un’intervista al Financial Times la scorsa settimana. La Commissione vorrebbe mantenere la promessa di “flessibilità”, sarebbe anche pronta a fare uno sconto, ma i conti non tornano. “Con i numeri che sono stati annunciati, la bocciatura della Loi de Finances è un’ipotesi sul tavolo”, dice un’altra fonte: entro due settimane dall’arrivo a Bruxelles del documento, “la Commissione potrebbe chiedere a Parigi una nuova versione”.

 

Il problema non è il tetto del 3 per cento, ma un’altra norma del Patto su cui la Commissione si è fondata nel 2013 per concedere alla Francia e ad altri più tempo per riportare il deficit nominale sotto la soglia prevista. Per l’esecutivo comunitario ciò che conta è “l’aggiustamento strutturale”, che deve essere di almeno lo 0,5 per cento per i paesi sotto procedura per deficit eccessivo o con un debito superiore al 60 per cento del pil, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Il Patto prevede un margine di tolleranza dello 0,5 per cento rispetto agli obiettivi delle raccomandazioni – 0,25 l’anno, se lo scarto avviene due anni di fila – ma non di più, altrimenti la flessibilità si trasforma in “deviazione significativa”. Secondo la Loi de Finances, anziché realizzare lo 0,8 per cento di aggiustamento strutturale richiesto da Bruxelles, la Francia si limiterà allo 0,2. Il margine dello 0,5 per cento è superato: una “deviazione significativa” equivale a quel tipo di “inosservanza particolarmente grave” che costringerebbe la Commissione a pretendere una riscrittura della Loi de Finances. L’Italia, pur essendo fuori dalla procedura per deficit eccessivo, rischia di subire la stessa sorte della Francia. Anche perché, secondo il Def aggiornato, la posizione strutturale italiana peggiora, invece di migliorare: il disavanzo al netto della recessione quest’anno aumenta dello 0,3 per cento, mentre l’aggiustamento strutturale per il prossimo anno è limitato allo 0,1 contro lo 0,9 necessario per rispettare l’Obiettivo di Medio Termine.

 

“E’ estremamente prematuro speculare”, ha risposto ieri il portavoce del commissario agli Affari economici, Jyrki Katainen. Ma nel momento in cui i leader di Francia e Italia rafforzano la loro retorica contro Bruxelles (il prossimo round è previsto domani a Milano nel Summit su crescita e occupazione), i segnali negativi verso Parigi e Roma si moltiplicano. Nei corridoi comunitari spiegano che promettere riforme non basterà per farla franca, e che le circostanze eccezionali non si possono applicare: la recessione deve esserci in tutta la zona euro, non in un solo paese.