Il direttore operativo del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde (foto LaPresse)

Il Fmi vede nero sull'Italia, ma in queste ore fa un assist a Renzi. Ecco come

Domenico Lombardi

Per l’Eurozona si stima un tasso di espansione dello 0,8 per cento, che implica un ridimensionamento di 3 decimi di punto rispetto allo scorso aprile. In Italia, contrazione dello 0,2 per cento ovvero un peggioramento di mezzo punto percentuale rispetto all’esercizio previsionale della primavera scorsa.

Le previsioni di crescita del Fondo monetario internazionale (Fmi) per l’anno in corso rimangono sostanzialmente inalterate per l’economia mondiale che dovrebbe espandersi a un ritmo del 3,3 per cento, in linea con l’esercizio previsionale dello scorso aprile. Oltre il dato aggregato, tuttavia, dall’analisi appena rilasciata dall’istituzione di Pennsylvania Avenue, emerge una dinamica assai variegata fra le varie regioni del mondo. I paesi emergenti, che hanno trainato l’economia mondiale all’apice della crisi finanziaria, continuano a espandersi a un ritmo relativamente sostenuto, pari al 4,4 per cento per l’anno in corso. Tra le economie avanzate, quella americana riprende slancio con una revisione al rialzo di mezzo punto percentuale portandosi la crescita attesa al 2,2 per cento, mentre il Giappone e l’Eurozona registrano un ulteriore ridimensionamento nelle attese di crescita.

 

Per l’Eurozona, in particolare, il Fmi stima un tasso di espansione dello 0,8 per cento, che implica un ridimensionamento di 3 decimi di punto rispetto allo scorso aprile. La correzione riflette il peggioramento nelle attese di crescita della Germania (1,4 per cento e mezzo punto percentuale in meno rispetto ad aprile), della Francia (0,4 e un dimezzamento rispetto ad aprile) e, infine, l’Italia, per la quale il Fmi prevede una contrazione dello 0,2 per cento ovvero un peggioramento di mezzo punto percentuale rispetto all’esercizio previsionale della primavera scorsa. Per la Spagna, al contrario, vengono migliorate le stime di crescita. Per fornire maggiore impeto all’economia mondiale e correggerne le dinamiche asimmetriche, l’istituzione di Washington discuterà con le delegazioni ministeriali provenienti da 188 paesi uno schema con tre componenti o (“frecce”) che rappresenta una versione ricalibrata in chiave globale della strategia presentata a sua volta da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, al raduno dei banchieri centrali di Jackson Hole lo scorso agosto.

 

Non è una coincidenza che, rispetto al recente passato, gli incontri di questa settimana marcheranno una significativa convergenza intellettuale tra il direttore generale del Fmi e il banchiere centrale europeo, per il quale arriverà il sigillo di approvazione al pacchetto di misure straordinarie che la Bce ha recentemente annunciato (e che ieri sono state nuovamente criticate con veemenza dal capo della Bundesbank, Jens Weidmann). La strategia che Lagarde proporrà ai paesi membri si fonda su politiche fiscali non depressive che favoriscano occupazione e crescita, riforme strutturali volte ad aumentare produttività e competitività e, infine, investimenti in infrastrutture. Ma procediamo con ordine. Per quanto riguarda le politiche fiscali, si tratta di ricalibrare il ritmo del consolidamento fiscale concentrandosi su misure che favoriscano la crescita privilegiando tagli permanenti di spesa rispetto all’aumento della pressione fiscale, aumentando l’efficienza della spesa e riducendo il carico del cuneo fiscale sul lavoro. Sono evidenti le implicazioni per il dibattito centrato sulla “flessibilità” nel contesto europeo.

 

[**Video_box_2**]Il Fmi, tuttavia, non intende entrare esplicitamente nella mischia né invadere il terreno irto di insidie politiche che circonda il merito delle regole contenute nel Fiscal compact, ma lascia intendere che i margini di flessibilità contenuti nell’attuale quadro regolamentare debbano essere utilizzati al massimo possibile.  Il tempismo di questa valutazione è ancor più rilevante ora che l’Italia sta rinegoziando la traiettoria temporale per raggiungere il pareggio di bilancio e l’applicazione della clausola sul rientro dal debito eccessivo. La seconda freccia nella strategia del Fmi sono le riforme strutturali per innalzare il tasso di crescita potenziale, aumentando produttività, competitività e occupazione. Sono due gli ambiti che preoccupano maggiormente l’istituzione multilaterale: da un lato, l’elevata disoccupazione giovanile e il minor tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro, dall’altro, le (mancate) riforme del mercato dei prodotti e dei servizi. Tali ambiti sono particolarmente rilevanti nel contesto dell’economia italiana dove la disoccupazione giovanile è elevata e la partecipazione femminile inferiore alle altre economie avanzate. Analogamente per i mercati dei prodotti e dei servizi, le statistiche internazionali concordano nel collocare la nostra economia tra quelle con maggiori restrizioni e ostacoli regolamentari. Naturalmente, sottolineano a Washington, il ventaglio di riforme strutturali va tarato sulle esigenze delle singole economie. Per esempio, nonostante l’economia tedesca si trovi in condizione di pieno impiego, il settore dei servizi potrebbe beneficiare di robusti guadagni di efficienza che deriverebbero dal sottoporlo ai rigori di una concorrenza più intensa, anche a livello europeo.

 

Infine, la terza freccia è data dagli investimenti pubblici nelle infrastrutture. E’ questa la sorpresa apparente contenuta nel Fondo-pensiero che viene presentato a Washington in queste ore. La caduta degli investimenti, fa notare il Fmi, è stata pronunciata in seguito alla crisi, collocandosi oggi su valori del 20 per cento inferiori al trend. L’aumento degli investimenti pubblici in infrastrutture, anche in collaborazione con il settore privato, presenta vantaggi sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, sia per le economie avanzate che in quelle emergenti. Dal lato della domanda, tali investimenti contribuiscono a riassorbire i lavoratori disoccupati mentre, da quello dell’offerta, aumentano il tasso di crescita potenziale.

 

Pertanto, nelle economie sotto stress, come l’Italia, opererebbero soprattutto tramite il primo canale ma in altre economie, come la Germania, ne espanderebbero soprattutto l’offerta potenziale. Sempre in Germania, maggiori investimenti infrastrutturali agevolerebbero l’incremento della dinamica salariale e, con essa, il riequilibrio del conto corrente il cui surplus da tempo eccede quello della Cina. In altre parole, sotto le spoglie di un’analisi tecnica e microfondata, il Fmi riporta in agenda, in modo obliquo e politicamente neutrale, la questione degli squilibri macroeconomici che sarà riproposta al summit del G20 in Australia il prossimo novembre.